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Alberto Moravia tra Napoli e Capri

Il nostro autore racconta il legame con la nostra terra di Alberto Moravia e di sua moglie Elsa Morante

di Teodoro Reale

Un aspetto poco noto della biografia di Alberto Moravia è probabilmente quello dei suoi rapporti con Napoli e con Capri, la cui rievocazione meriterebbe forse più di un articolo.

Lo scrittore iniziò a soggiornare nell’Isola Azzurra a più riprese a partire dall’inizio degli anni Trenta, e in particolar modo alla fine di quel decennio, con la moglie Elsa Morante, quando l’isola fu lo sfondo del loro rapporto, come sappiamo da una delle lettere di quel periodo: «Ad Anacapri ho avuto un momento di vera felicità quando dalla finestra della mia stanza ho visto la luna sorgere dietro il pendio del monte Solaro, sul mare. E paragonando questo sentimento di felicità con quello di tristezza che mi ha ispirato il ritorno a via dell’Oca dalla Svizzera, ho capito che era in parte almeno una cosa lega ai nostri rapporti: a via del’Oca sei sempre stata con me quasi unicamente ostile e invece a Villa Ceselle sei sempre stata quasi unicamente affettuosa.»

A Capri la coppia soggiornò ancora negli anni della II Guerra Mondiale, un riferimento a quel periodo è nella prefazione all’edizione speciale di Siren Land di Norman Douglas edita dal Banco di Napoli nel 1985: «Quello fu il primo anno di guerra a Capri. Per me i mesi d’estate di quell’anno fatale sono associati ad un libro che comprai alla libreria che usava esporre le sue mercanzie piuttosto invano di fronte all’Hotel Palma. Questo libro era “Siren Land” di Norman Douglas, edito nell’ormai mitico 1911. Ogni pomeriggio mi distendevo nudo sui ciottoli brucianti di Marina Piccola e leggevo quel libro scritto in un tempo d’assoluta pace, ed almeno per un paio d’ore, mi dimenticavo della guerra.»

A Capri Moravia scrisse Agostino e ambientò Il Disprezzo e 1934, ai quali rinviamo per alcune descrizioni dell’isola.

Sempre negli anni Trenta, e precisamente nel 1933 in procinto di partire per l’America trascorse un giorno a Napoli, non più semplice tappa di passaggio verso Capri, e colse l’occasione per far visita a Benedetto Croce, forse per la prima volta, come ricorda nel libro intervista di Alain Elkann Vita di Moravia: «Andai in un palazzo pieno di libri, con tenebrosi corridoi e corridoietti. In mezzo a un catafascio di libri trovai il senatore Croce, il quale mi disse: ”Anche Oriani aveva scritto il romanzo dell’uomo che vuole, non vuole e disvuole, come Gli Indifferenti. Oriani era un grande scrittore”. Ma non parlò affatto di me. Io Oriani non lo considero niente, assolutamente. I fascisti lo avevano resuscitato.»

Com’era Benedetto Croce? «Molto simpatico, molto napoletano nel senso migliore della parola, cioè insieme umano e filosofico. Insomma un grande borghese del sud, con una grande cultura europea. Dicevano di lui che fosse una bomba carica di buon senso e forse lo era. Comunque, c’era allora il culto di Benedetto Croce, soprattutto nell’ambiente di Pannunzio e del “Mondo”. Secondo me i suoi migliori libri sono quelli su Napoli. E poi c’è un bel libro che s’intitola !L’età barocca in Italia”. Molto bello, molto divertente. I libri sull’Italia e sull’Europa di prima del fascismo sono semplicemente contraddittori: se tutto andava così bene, perché allora erano venuti i fascismo e il comunismo? Tutto andava magnificamente bene, l’Europa e l’Italia erano un paradiso di libertà e di cultura, e ad un tratto come mai tante catastrofi.»

A condurre nuovamente a Napoli Moravia, dove soggiornò circa una mese con la Morante, fu la fuga da Roma sotto l’occupazione nazista, dopo un’anno trascorso a Sant’Agata di Fondi, che gli ispirarono La Ciociara.

La Napoli di quel periodo come raccontato nella già citata intervista ad Elkann ebbe un’effetto: «Incredibile, perché era piena di soldati, piena di puttane, piena di negri. Malaparte ha descritto quella Napoli nella “Pelle”, ma in modo sensazionalistico e alla fine giornalistico. Ma la realtà non è mai giornalistica: Napoli era per me la libertà ritrovata, qualche cosa di simile alla caduta delle bende da una ferita.

Ricordo che,  scendendo a Napoli, vidi tutta la città sotto un’enorme quantità di palloni d’argento: erano contro gli aerei tedeschi ma a me fecero l’effetto di un addobbo fantastico e festoso come quello di un albero di Natale. Come ho detto,  la città era piena di mendicanti, di puttane, le cosiddette “segnorine” e insomma di gente che viveva di espedienti. All’ingresso della città c’era scritto Beware of pickpockets. Attenti ai ladri. Ma tutto questo con una gioia sfrenata. O forse la gioia era mia dopo un anno a Sant’Agata.»

Sempre nella stessa intervista Moravia ricordò le sue frequentazioni con: «… ufficiali inglesi e anche intellettuali italiani. Soprattutto dei politici, degli antifascisti. Andai a trovare Croce, stava in albergo (sic) a Sorrento. Gli dissi:”Guardi che qui le cose vanno malissimo siamo poveri disgraziati ecc.” Ero pessimista, vedevo l’Italia rovinata, totalmente distrutta.»

Della visita dello scrittore al filosofo resta un’annotazione nel diario di Croce, datata 29 maggio 1944 annota: «È venuto a Sorrento lo scrittore di romanzi Moravia, che per più mesi è dovuto rimanere celato, insieme con la sua signora, sopra una montagna del territorio romano ed ora è stato liberato dall’avanzata degli Alleati. Mi ha versato l’animo suo disperato del presente e dell’avvenire, né ha saputo dirmi altro di più confortante.»

A Napoli, non sappiamo se nel 1944 o poco dopo, quando Moravia fu anche attore, interpretando sé stesso intento a raccogliere gli avvenimenti per poterli poi raccontare, nel film Monastero di Santa Chiara, ispirato alla canzone omonima, diretto Mario Sequi con la sceneggiatura di Michele Galdieri, interpretato tra gli altri da Massimo Serato e Nino Manfredi,

Nel film Monastero di Santa Chiara si narra la tormenta relazione tra un ufficiale nazista ed una cantante ebrea sullo sfondo della Liberazione di Napoli,  uscito nelle sale cinematografiche nel 1949.

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