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Chissà cos’è lo spauracchio fritto

NAPOLI – Al Kestè Art Bar & Kestè Lab, punto di ritrovo in Largo San Giovanni Maggiore Pignatelli domenica 11 dicembre  il giovane cantautore Antonio D’Angiò presenterà dal vivo il suo primo lavoro discografico Spauracchio Fritto.

L’album, completamente autoprodotto, è stato registrato nel settembre scorsp e si avvale della collaborazione di Lorenzo Campese di Isole Minori Settime in qualità di polistrumentista e arrangiatore dei brani.

La scrittura complessa e paradossale di D’Angiò è fortemente influenzata da un’estetica low-fi e punk su cui si sviluppano filastrocche monche, giochi di parole a catena e spericolati surrealismi e nonsense.

Cos’è lo spauracchio fritto? Un concept, lo spettro della paura, che silenziosamente attraversa tutti i brani e che può manifestarsi su diversi livelli, dalla gestione delle emozioni personali o di un rapporto di coppia  al panico pre-esame al senso di smarrimento di una notte, dall’ansia per una partenza alla disillusione del ritorno ad una discussione feroce o a un viaggio onirico sospeso per aria.

La “schizofrenia” di Spauracchio Fritto però ne fa anche e soprattutto un disco sfrontato, estremamente coraggioso nello sfidare l’usuale. Nell’urtare, spiazzare e indispettire l’ascoltatore.

A comporre la ruvida formazione live, oltre ad Amtonio D’Angiò – voce, chitarra elettrica e pedali – e Campese, voce e synth, ci saranno Marco Maiolino al basso elettrico e Maurizio Piscopo alla batteria.

Questo è Sulle scale, il primo video estratto dal primo album del giovane cantautore, che ne cura anche la regia:

https://www.youtube.com/watch?v=QJTo2NBHlkA&feature=youtu.be

antoniodangio

Note di regia: Il video di Sulle scale accompagna il brano nelle sue intenzioni aspre e spoglie.

Un unico movimento di camera dalla figura intera ingessata e scomoda, al primo piano impaurito, un movimento ripetuto in posti diversi, con luci diverse, ma sempre con lo stesso soggetto.

Nessun colpo di scena, il finale è prevedibile fin dall’inizio, eppure temuto nella sua ineluttabilità.

Forse la vera azione si svolge alle spalle della telecamera, forse è la telecamera stessa, nel suo avvicinarsi, il soggetto di questa rappresentazione, ma non ci è dato conoscere più di quanto possiamo immaginare fissando gli occhi di D’Angiò che ci guarda avanzare. Chissà cosa vede.

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