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Covid-19 e l’uso delle mascherine

Covid-19 e mascherine

Il nostro medico Carlo Alfaro spiega perché bisogna indossare le mascherine e ne illustra tipologie e uso adeguato 

Il dottor Alfaro è Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, componente  della Consulta Sanità del Comune di Sorrento, Consigliere Nazionale di SIMA e Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientifico-culturale 

Le immagini di tutte le persone con le mascherine sul viso rappresentano l’istantanea inequivocabile della pandemia da Covid-19 che ha travolto il mondo nel 2020. Accettarne l’uso, lontano dalla cultura occidentale, a differenza dell’Asia, dove è abituale andare in giro o al lavoro con maschere facciali per proteggersi da germi e inquinanti presenti nell’aria, non è stato e non è facile e infatti tante sono state le resistenze. Eppure questa abitudine nei Paesi asiatici è stata utile per il contenimento dell’epidemia.

Le mascherine, oltre ad essere scomode per respirare, parlare, esprimere emozioni e per il caldo, costituiscono per la cultura occidentale un segno di chiusura agli altri: coprire il viso significa avere qualcosa da nascondere, come i banditi.

All’inizio dell’epidemia Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e istituzioni sanitarie compreso l’Istituto superiore della sanità (Iss) non ne raccomandavano l’uso universale, complice anche la difficoltà concreta a reperirle in quantità adeguate per tutta la popolazione. Ma i dati scientifici ne hanno promosso l’impiego come presidio della profilassi generale dei contagi e le linee guida si sono adeguate.

La Cochrane Library, che è una raccolta internazionale delle migliori evidenze scientifiche, ha pubblicato già nel 2011 un insieme di dati clinici che affermano che le mascherine (sia i filtranti sia le chirurgiche) costituiscono metodi efficaci per limitare la diffusione di virus respiratori in ambito sanitario. Dati confermati dagli studi nel corso della pandemia da Covid-19: le mascherine ridurrebbero addirittura il rischio di morte da nuovo Coronavirus.

All’inizio della pandemia, l’Oms segnalava anche il rischio che indossare la mascherina potesse creare un falso senso di sicurezza, che facesse trascurare le altre misure essenziali (il comportamento di “compensazione del rischio”): invece gli studi sconfessano attualmente questa possibilità. Attualmente, sia l’Oms che i Centers for Disease Control and Prevention europei e statunitensi raccomandano l’uso di mascherine facciali come mezzo aggiuntivo di controllo per ridurre la diffusione dell’infezione.

In Italia, col Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 26 aprile scorso, è fatto obbligo dell’uso, sull’intero territorio nazionale, di mascherine, nei luoghi confinati aperti al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto, e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza fisica di sicurezza di 1 metro.

Secondo un’indagine promossa da Coldiretti/Ixè, il 27% Italiani non indossa la mascherina o lo fa raramente, il 32% dichiara di usarla spesso, mentre un 44% la indossa addirittura sempre, soprattutto in vacanza.

Dai comportamenti nei confronti dell’uso della mascherina si desumono aspetti personalogici quali la prudenza, l’orientamento al rispetto delle regole, l’atteggiamento fobico-ansioso così come per contro l’avventatezza, la superficialità, la distrazione, la ribellione.

Diverse sono le tipologie di mascherine a seconda dell’uso cui sono destinate.

Destinate ai sanitari sono le maschere Facciali filtranti la polvere (Ffp): dispositivi medici speciali che proteggono bocca, naso e mento grazie a un bordo di tenuta progettato per essere perfettamente aderente sul volto; sono muniti di uno specifico sistema filtrante che trattiene sulla superficie particelle aero-disperse anche minori di 0,5 micron. Sono classificate in quattro tipologie, da 1 a 4, in base al livello crescente di protezione offerto. Nel caso del Covid-19 è raccomandato l’utilizzo del tipo 2 o 3. Le maschere Ffp2 (o K95 o N95) filtrano fino al 94-95% delle particelle, le Ffp3 fino al 99%.

Le Ffp3 e alcuni tipi di Ffp2 hanno una valvola di “esalazione” che facilita l’espirazione; la valvola lascia passare il respiro proveniente dal soggetto che le indossa e quindi può essere opportuno sovrapporvi una chirurgica per proteggere chi si ha di fronte.

Le Ffp3 sono indicate nelle situazioni in cui le particelle virali possono rimanere sospese nell’aria in forma di aerosol, cioè in goccioline molto più piccole delle droplets, esempio reparti Covid o manovre come intubazione, estubazione, broncoscopia, tracheotomia, ventilazione, rianimazione cardiopolmonare, induzione di espettorato, terapie nebulizzanti, esecuzione di tampone nasofaringeo.

Le Ffp2 con valvola di esalazione è indicata per i sanitari costretti a utilizzare la maschera per lungo tempo in contatto col malato Covid o sospetto tale. Le Ffp2 senza valvola sono indicate per i sanitari che visitano o assistono per breve tempo pazienti potenzialmente contagiati, in ospedale o sul territorio, i soccorritori, le Forze dell’ordine impegnate in interventi di soccorso di emergenza.

Da numerose prove sperimentali di confronto le mascherine Ffp2 hanno garantito agli adulti circa 50 volte la protezione delle mascherine fatte in casa e 25 volte quella conferita dalle mascherine chirurgiche. I respiratori Ffp2-Ffp3, se integri e non rimossi, possono essere utilizzati per un massimo di 4 ore.

Le mascherine chirurgiche sono dispositivi medici monouso che creano una barriera fisica tra bocca e naso di chi lo indossa e l’ambiente circostante, grazie alla presenza di tre strati: uno esterno occlusivo di protezione e due di filtrazione. Offrono una protezione dell’80-90% a chi le indossa ma sono principalmente volte a proteggere gli altri dal proprio respiro.

L’Iss precisa che alla luce delle conoscenze scientifiche attualmente disponibili le mascherine chirurgiche rappresentano una protezione sufficiente nella maggior parte delle condizioni, in ambito sanitario e non. Infine, le mascherine di comunità, fatte in casa o a livello industriale, non hanno degli standard specifici di produzione, non sono soggette a certificazioni, non sono considerate né dei dispositivi medici, né dispositivi di protezione individuale, ma una misura igienica utile a ridurre l’emissione di particelle virali nell’ambiente. Vengono realizzate con tessuti pesanti, a trama spessa e maglie strette, come cotone e stoffa. Devono essere multifiltro e multistrato (almeno doppio o meglio triplo strato): per esempio uno strato di cotone a trama fitta e due di seta o chiffon, oppure inserire un tovagliolo di carta, o un film di carta da forno, o un assorbente, come filtro usa e getta, tra due strati di un tessuto. Fare attenzione che siano il più possibile aderenti al viso e andare 2,5 centimetri sopra il naso e un 2,5 centimetri sotto il mento. Non è utile indossare più mascherine sovrapposte. Quelle riutilizzabili vanno lavate dopo ogni volta che vengono indossate, in lavatrice a 60°C. Secondo gli studi, una mascherina a tre strati, correttamente indossata, offre protezione pari ai dispositivi medici.

Perché è così importante usare le mascherine? Dato che il SARS-CoV-2 viene espulso dalle vie respiratorie superiori di chi è infetto, e fa ingresso negli individui suscettibili attraverso la mucosa nasale e faringea che sono ricche di recettori ACE 2 (che usa per entrare nelle cellule), indossare mascherine facciali esercita una funzione barriera che blocca o perlomeno riduce sia in uscita che in ingresso le goccioline che veicolano il virus. Se tutti usano la mascherina, si realizza pertanto il cosiddetto “controllo della sorgente” sulle goccioline quando escono dalla bocca e dal naso, prima che si disperdano nell’aria.

Gli effetti benefici dell’uso delle mascherine nella popolazione generale dipendono da quante persone le utilizzano: se le usassero tutti, le mascherine diventerebbero una sorta di completa e generale protezione “di gregge”. Naturalmente, l’uso di mascherine non sostituisce gli effetti di altre misure di controllo della diffusione virale come distanziamento sociale e igiene delle mani.

Uno dei motivi per cui l’epidemia da Covid-19 in Italia ha avuto inizialmente un decorso così imponente si attribuisce al fatto che le infezioni si siano diffuse principalmente nell’ambito sanitario, dove per carenza di adeguate protezioni, in primis le mascherine, il personale sia sul territorio che in ospedale si è contagiato e ha diffuso l’infezione. D’altra parte, è una cosa che viene insegnata sempre ai bambini: “Metti la mano davanti alla bocca quando starnutisci o tossisci”.

E le foto della “spagnola” del 1920 mostrano che la mascherina veniva messa persino ai gatti!

Le mascherine hanno un altro ruolo, non trascurabile: evitare di toccarsi bocca e naso, importante meccanismo di contagio. Perché siano efficaci, è fondamentale che le mascherine siano utilizzate correttamente.

Prima di indossare la mascherina:

  • lavare le mani con acqua e sapone per almeno 40-60 secondi o igienizzarle con soluzione alcolica per almeno 20-30 secondi;
  • accertarsi di indossarla nel verso giusto (ad esempio nelle mascherine chirurgiche la parta colorata è quella esterna);
  • indossarla toccando solo gli elastici o i legacci e avendo cura di non toccare la superficie;
  • posizionarla correttamente la mascherina facendo aderire il ferretto superiore al naso e portandola sotto il mento, assicurandosi che riesca a coprire bene il naso, la bocca e il mento e sia a tenuta;
  • durante l’uso: assicurarsi che calzi bene perché se si sposta dal viso si perde la protezione; se si deve spostarla, manipolarla sempre utilizzando gli elastici o i legacci, non la superficie anteriore;
  • se si tocca la mascherina, ripetere subito l’igiene delle mani;
  • non riporre la mascherina in tasca e non poggiarla su mobili o ripiani, per conservarla è conveniente tenerla all’interno di una bustina;
  • quando appare umida, sgualcita, rovinata, sostituirla immediatamente. Quando infine si rimuove: manipolarla utilizzando sempre gli elastici o i legacci, facendo attenzione a non toccare la superficie;
  • gettarla immediatamente in un sacchetto chiuso per i rifiuti indifferenziati e lavarsi le mani. Per precauzione, porle prima dentro un altro sacchetto chiuso, per evitare contatti da parte degli operatori ecologici. Mai abbandonarle per strada, nei giardini, nei boschi, in campagna e in mare.

Secondo il rapporto dell’Iss, la presenza di particelle virali infettanti sul lato interno della mascherina usata può essere rilevata fino a 4 giorni dalla contaminazione (soprattutto a temperature basse e in ambienti umidi). In caso di mascherine lavabili, procedere alle operazioni di lavaggio a 60°C con comune detersivo.

Una mascherina garantisce la propria efficacia per un tempo massimo di 4 ore. Non è necessario indossare una maschera in questi casi: in macchina, in luoghi aperti senza contatti ravvicinati, in bambini sotto i 6 anni, in soggetti con patologie neurologiche o respiratorie o comunque che non riuscirebbero a togliersela da soli.

Per i bambini vanno bene le mascherine di comunità, tranne i soggetti a particolare rischio (malattie croniche) in cui possono essere indicate in particolari condizioni le Ffp2. Nei bambini le mascherine devono avere una lunghezza di circa 12 cm e una larghezza di 5 cm dai 2 ai 6 anni e dai 6 ai 12 anni di 15 cm per 7,5 cm.

Il grande timore, agitato soprattutto dai movimenti “no mask”, è che le mascherine possano essere, nell’uso prolungato, nocive. Anche gli ambientalisti sono sfavorevoli alle mascherine usa e getta per l’aumento del carico di rifiuti. In realtà, solo in due casi la mascherina può creare ipo-ossigenazione: durante l’attività fisica e in caso di difficoltà respiratoria.

Anche la Società italiana di pediatria è scesa in campo per smentire le fake news: non è vero che nei bambini l’uso prolungato della mascherina porti ad alcalosi, per inalazione della propria anidride carbonica (che in realtà è in quantità pressoché impercettibile) o ipossia, né che possa indebolirne il sistema immunitario o causare un’alterazione della flora intestinale.

Il reale disagio esiste per gli operatori sanitari dei reparti Covid, che devono indossare tutto il giorno le mascherine Ffp2-Ffp3: generalmente non riescono a sopportarle continuativamente per più di tre ore in quanto riducono la percentuale di ossigeno inalato, fanno inalare una frazione di CO2 espirata in precedenza a ogni ciclo respiratorio, fanno aumentare la profondità della respirazione con affaticamento dei muscoli respiratori. I sanitari dopo diverse ore con filtranti facciali – soprattutto se senza valvola e con sopra la chirurgica- descrivono transitori fenomeni di nausea, vertigini, emicrania, sonnolenza, stordimento, irritabilità, dispnea, tachicardia, dolore sternale, lipotimia, astenia e spossatezza, dolore e secchezza alla gola, malessere, sudorazione, da accumulo di anidride carbonica (ipercapnia) per la cattiva dinamica respiratoria e ipertermia per gli indumenti da cui si è coperti. Alcuni riferiscono cefalea e altri di questi disturbi anche dopo uso continuativo della mascherina chirurgica. Indossare per molto tempo una maschera facciale inoltre fa entrare l’aria espirata negli occhi, ciò può generare una sensazione spiacevole di bruciore, fenomeni di lacrimazione e arrossamento, disturbi visivi, cefalea e impulso a toccare gli occhi, oltre a far appannare occhiali e visiere.

I filtranti facciali lasciano anche solchi e cicatrici sul viso e forti dolori alle orecchie dove poggia l’elastico o al collo da posizione viziata. Segnalate anche dermatiti e pruriti a naso e viso.

Tutte informazioni che destano preoccupazioni nell’ottica della possibilità che il Governo introduca l’obbligo dell’uso delle mascherine chirurgiche a scuola per bambini e corpo docente per tutta la durata delle lezioni.

 

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