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Donami una parola

Nasce l’iniziativa artistica Donami una parola, a cura di Luigi Auriemma.

Luigi Auriemma, classe 1961, è un artista contemporaneo che vive e lavora a Napoli.  È fondatore e coordinatore della rivista d’ arte Leonarda

 

Donare una parola. Un gesto che contribuisce a tessere i fili della relazione a distanza ed a preservare la possibilità di comunicare e di creare uno spazio simbolico-relazionale. Uno spazio che segna anche il perimetro dell’opera d’arte. Una parola incarnata che sa farsi verbo e cintura di trasmissione di idee ed emozioni.

«L’opera parla – spiega Luigi Auriemma –  e per parlare ha bisogno di parole, Proprio per questo l’azione performativa “Donami una parola” aspira  a costruire un vocabolario, un serbatoio, da cui l’opera può attingere di volta in volta per potersi esprimere. Creare questo archivio dove le parole insieme concorrono alla costruzione/decostruzione dell’opera e del concetto di arte.»

Arte come concetto, dunque, come simbolo ed insieme strumento.

Secondo gli ideatori, nell’atto di donare una parola (attraverso un selfie scattato in orizzontale con una parola associata) si crea un luogo dove si incontrano il donante e il ricevente  e si da spunto e inizio per un possibile accordo interattivo di comunicazione.

La parola come scultura

La parola crea dialogo tra gli uomini e i popoli e favorisce la comunicazione; è espressione di un concetto, è libertà, è civiltà, è democrazia, è creazione: rende liberi e immortali.

Le due coordinate della relazione, dell’incontro, tra entità ed individui differenti, portatori di un mistero irriducibile sono il corpo e la parola, veicoli di contatto e di comunicazione.

«La parola – continua Auriemma –  è sia persuasiva che dissuadente, può essere sia trasparente che opaca, sa rivelare ed essere attraversata, essere riflesso e inattraversabile.»

La parola si mostra ai nostri occhi ed è visibile mediante la scrittura: in questo caso i canali principali di percezione sono la vista e l’udito.

Come evidenzia Auriemma, la parola esiste perché abbiamo un corpo che la trasmette. In un rapporto circolare di complementarietà, attraverso il logos il corpo si fa parlante ed attraverso il substrato organico la parola si incarna e trova un luogo da chiamare casa.

Dimora nel nostro corpo, nasce da un respiro, è una vibrazione modulata che vaga nell’aria: rappresenta essa stessa un respiro in più. Ogni parola è ritmo e richiama quello del battito del cuore.

«Biblicamente – sottolinea Auriemma –  la parola si fa carne feconda e guarisce, attiva l’energia vitale, genera emozioni, riecheggia in noi trasformandoci, fluisce e risolve nodi energetici.»

E giace e riposa, prima di risuonare, in un silenzio colmo di verbi in germe, messi a dimora.

Dal silenzio, infatti, si genera ogni suono, e al silenzio si ritorna per riposare, per morire. Le parole pongono domande, e, nello spazio e nel tempo del silenzio e della riflessione dove si digeriscono i pensieri, si concretizzano le risposte.

Le parole sono costituite da respiro e pensiero, nascono nella mente e si formano nell’aria. Le parole sono gesti: gesti della voce e contengono in sé una promessa di azione fattuale e di fedeltà ad un’idea.

 La parola è suono. Il suono si propaga nello spazio, assumendo le coordinate tridimensionali proprie dello spazio.

In questo modo, trovando collocazione in questo progetto, parole plurime concorrono a formare una scultura sociale,  ove esse stesse non solo servono a formare coscienze singole e collettive, plasmando e riplasmando esseri umani migliori, ma divengono esse stesse sculture, mementi, icone, poste in un luogo, una cerniera, a metà tra l’attuale e il potenziale.

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