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Giallo Napoli, il colore di Goethe nelle fotografie di Mina Grasso a Sorrento

di Renato Aiello

SORRENTO (NA). Dieci foto per provare a raccontare due quartieri di Napoli, Chiaia e San Ferdinando, attraverso il colore che riempie Napoli dallo stemma municipale ai palazzi, dalla farcia delle sfogliatelle al tufo, senza dimenticare il babà poroso proprio come la pietra vulcanica cui sembra ispirarsi l’impasto, a detta di Jean-Noel Schifano.

Giallo Napoli è il titolo, non di un romanzo poliziesco o di genere, bensì della prima personale di Mina Grasso, fotografa napoletana per passione, innamorata del mezzo fotografico fin da piccola e appassionata d’arte e cultura per lavoro.

A Sorrento espone fino al 25 marzo negli spazi del Bar Veneruso, storico caffè della città di Torquato Tasso, su Corso Italia.

Così come in altre città, a Napoli, il Giallo impiegato nella colorazione degli esterni dei palazzi arricchisce il tessuto urbano e dona luce alla città.

Gli intonaci gialli si alternano con il giallo del tufo, che ha stessa gradazione ma diversa intensità, e con il giallo della luce del sole.

Lo studio prende spunto in parte dal Viaggio a Napoli di Johann Wolfgang Goethe, che nel corso della sua visita nella capitale del Regn – anno Domini 1787 – osserva estasiato «la solita architettura napoletana, piena di gaiezze come i suoi colori», ma anche piena di contraddizioni e sovrapposizioni, anche di natura stilistica, a tratti stravaganti, ma perfettamente armonici.

Scrive così il poeta tedesco: «Se io non provassi tale simpatia per tutto ciò che è conforme a natura e se non vedessi che, nel disordine apparente, si possono confrontare e riordinare mille osservazioni, a quel modo con cui il geometra controlla mediante una sola linea trasversale molte singole misure, io stesso mi crederei uno stravagante [da Viaggio a Napoli 1787 di Johann Wolfgang Goethe]».

Sempre Goethe, nel saggio La teoria dei colori (in tedesco Zur Farbenlehre) del 1810, definisce il Giallo come il colore più prossimo alla luce, che allo stato di massima purezza contiene qualità di serenità e gaiezza.

Erano pur sempre gli anni del Winckelmann e della calma olimpica e della serena grandezza del Neoclassicismo.

Lo scrittore avverte queste sensazioni passeggiando per le strade di Napoli: «quanto non vi sarebbe a dire, se si volesse tutto narrare! Se non chè, non è fatta nè per narrare nè per descrivere, …, passeggiando per le strade, per le piazze, a Chiaia».

Nel saggio Goethe spiega che «i colori non sono primari, ma consistono in un offuscamento della luce, o nell’interazione di questa con l’oscurità.

Così, il giallo è una luce che è stata attenuata dalle tenebre; mentre il blu è un’oscurità indebolita dalla luce».

Il colore Giallo puro è piacevole come elemento ambientale, e Napoli ne viene invasa a ogni alba. Così, «l’occhio viene allietato, il cuore si allarga, l’animo si rasserena dandoci un immediato effetto di calore».

Tecnicamente Il Giallo Napoli, detto anche Giallo Antimonio o Eegiziano, è un pigmento di origine inorganica, minerale e sintetica che si ottiene dall’ossidazione dell’antimonio fuso in corrente d’aria aggiungendo 12 parti di antimonio, 8 di minio e 4 di ossido di zinco.

La composizione che ne deriva è un antimoniato basico di piombo. Questo pigmento era conosciuto fin dall’epoca degli Egizi e degli Assiri in Medio Oriente, presenta varie tonalità che variano dal limone, aranciato, verdastro e rosato.

Si altera con colori a base di zolfo e ferro e in acidi e ha un eccellente potere coprente e viene impiegato puro con le tecniche dell’affresco, tempera, con l’encausto, i colori ad olio e ad acquerello.

Galleria di vari esempi di palazzi ed edifici Giallo Napoli, dal Castel dell’Ovo alle gallerie dell’Ottocento

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