Cultura

Il Film, Mine

di Renato Aiello

Ben due i film di guerra quest’anno al Social World Film Festival di Vico Equense. È pur vero che l’attualità politica ci impone una riflessione sul tema, per mettere a fuoco i tempi che viviamo e cercare di dare le giuste risposte alle sfide che abbiamo di fronte.

Insieme al film di Pif, In guerra per amore, figura infatti Mine,  dei registi  Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, purtroppo assenti alla kermesse per motivi di lavoro, ma che non hanno dimenticato di inviare un videomessaggio a giurati e pubblico a fine proiezione.

La pellicola, candidata come miglior film esordiente e non solo agli ultimi David di Donatello e Nastri d’argento, è una sorpresa folgorante in quest’annata cinematografica, vuoi per l’esordio di qualità dei due registi ma soprattutto per il genere cinematografico cui si iscrive, e che appartiene per di più a cinematografie anglosassoni piuttosto che alla nostra. Film di guerra di questo tipo non ne appaiono nel nostro cinema, o per lo meno storie scritte, girate e dirette così.

L’opera fa pensare alle sfide estreme cui erano sottoposti un Di Caprio in Revenant o un Ryan Reynolds in Buried, tra natura selvaggia e thrilling psicologico. In Mine il deserto è l’equivalente dei ghiacci e delle nevi del film di Inarritu con Leo Di  Caprio, ma forse anche un po’ dell’astronave in Solaris di Tarkovsky, in cui visioni, allucinazioni e proiezioni inconsce si materializzano nel corso del calvario del protagonista.

Mike, il giovane marine messo qui alla prova (un quasi irriconoscibile ma efficace Armie Hammer, attore già visto in J.Edgar di Eastwood e in The social network di Fincher), si ritrova in NordAfrica per una missione militare dall’esito negativo, cui farà seguito una fuga col compagno e amico di sempre in una tempesta di sabbia.

La tensione cresce subito e il pericolo mortale si manifesta con l’esplosione di una mina che travolge e uccide l’amico di Mike, lasciando il soldato solo e in preda al caldo asfissiante, alla mancanza di cibo e acqua e persino alle iene.

In splendidi e ben fatti montaggi alternati, vediamo il giovanotto ripensare al suo passato, dal padre violento della sua infanzia alla sua compagna in America, mentre avversità e disperazione crescente sfiancano il suo corpo, sempre più debole col passare del tempo.

Il film più recente sulla tematica delle mine anti uomo che viene in mente è il croato No Man’s Land (Terra di Nessuno), film sulla tragedia jugoslava che vinse l’Oscar come miglior film straniero a suo tempo, ma al di là dell’argomento comune Mine è un’opera completamente diversa: qui forse non importano motivazioni politiche, posizioni ideologiche come se ne potevano rintracciare nei due film della Bigelow sull’Iraq e l’Afghanistan, Zero Dark Thirty e The Hurt Locker. Conta prima di tutto lo scavo psicologico, l’introspezione del personaggio e il suo inconscio che lo tormenta e che prende corpo tra dune e miraggi berberi.

Un film non facile e sicuramente impegnativo, che si avvale di ottimi effetti speciali funzionali al racconto – e come potrebbe altrimenti? – e che lancia i due “Fabio” della regia a quattro mani verso aspettative altissime per i futuri lavori.

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