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Il presepe favoloso

Il presepe napoletano tra tradizione e innovazione: alla Sanità i fratelli Scuotto ne espongono uno veramente favoloso https://wp.me/p60RNT-9XZ

di Tonia Ferraro

Il presepe napoletano nella sua complessa composizione, nel verismo delle sue rappresentazioni, non è solo un simbolo religioso. Piuttosto, rimane il luogo dove si realizza la partecipazione viscerale dei napoletani, divenendo così scenario teatrale, dove gli elementi sacri si intrecciano con i desideri, le aspirazioni, i bisogni materiali.

Un paesaggio favoloso, nel senso di favolistico, popolato da tanti “pastori”, il paesaggio notturno è affollato da personaggi tradizionali, come il monaco con la lanterna, che rappresenta la luce di Dio, la taverna “addobbata” con festoni di salsicce e meloni, pezzi di carne, pagnotte gigantesche, frutta, pesci, botti di vino. E poi l’acqua del fiume, elemento primordiale e fonte di vita, che dà lavoro al pescatore, dove la lavandaia strufina i suoi panni sulla tavola e l’acquaiola, tra i pastori affaccendati, ma tutti in vigile attesa. Solo uno, Benino, dorme invece nella sua capanna.

Soffermarsi sulla costruzione del presepe, la cura delle prospettive, la ricchezza delle vesti dei personaggi, come quelle regali dei Magi, che contrastano con la semplice povertà della Grotta, sarebbe troppo lungo.

Parliamo invece della realizzazione delle statuine: si prepara uno scheletro flessibile con fil di ferro rivestito di canapa su cui vengono montati mani, testine e piedi, tutti modellati a mano. Ogni testina ha la sua espressione particolare, la sua propria caratteristica. In ultimo vengono vestiti con stoffe ricche e possibilmente usate o invecchiate opportunamente. Fino a non molti anni fa, i pastorai ottenevano il colore roseo delle gote delle teste inumidendo di saliva i pollice e sfregavano con movimenti circolari, come ci ricorda Eduardo De Filippo.

Un contesto curato nei minimi particolari, davanti al quale anche Goethe rimase affascinato. Un’arte che stava scomparendo, ma tentuta viva nelle botteghe di via San Gregorio Armeno, che però spesso indulge a eccessive modernizzazioni.

Tanti però, continuano al meno la tradizione classica trovando il giusto equilibrio tra tardizione e innovazione, come i fratelli Salvatore, Emanuele e Raffaele Scuotto | Scu8,  che con la loro Bottega d’arte La Scarabattola in via dei Tribunali insieme ai loro fratelli e sorelle portano avanti arte e artigianato: … dove finisce l’uno comincia l’altro.

La Scarabattola, nata nella seconda metà degli anni ’90, è un hub dove artigiani, artisti, promotori culturali, si muovono tra gli aspetti folcloristici della cultura partenopea e l’esigenza di scardinarne i luoghi comuni, aggiornando, per esempio, l’arte presepiale, trovando ispirazione tra le piazze e i vicoli dove si trova la loro bottega; oppure riflettendo sulla natura delle cose, sul valore emotivo e la funzione narrativa degli oggetti; guardando, ancora, all’arte come possibilità di comunicazione e resistenza a certe forme di conformismo culturale.

I fratelli Scuotto hanno avuto l’onore di operare nel Palazzo Reale di Madrid: il re Juan Carlos volle restaurare il presepe portato da Napoli dal suo avo Carlo di Borbone, dove i 143 pastori alti dai 50 ai 60 centimetri firmati Scuotto sono stati aggiunti ai quelli autentici del ‘700. Questi ultimi – 42, per l’esattezza – sono stati “rivestiti” dai fratelli Scuotto.

Ma non finisce qui: una copia firmata Scuotto del Cristo velato di Giuseppe Sammartino che si trova nella Cappella Sansevero si trova in  un museo in Francia.

LoSpeakersCorner ha raccolto una dichiarazione di Lello Scuotto: Quello realizzato in bronzo con gli argenti è un omaggio al Corradini – autore del bozzetto poi realizzato dal Sammartino, ndr – Fu realizzato da Salvatore e Emanuele Scuotto su commissione di un caro amico di Frontignan, un farmacista innamorato di Napoli e che finanziò e donò anche il busto di bronzo di Antonio De Curtis, Totò, al Rione Sanità. Il suo nome è Robert Leon, deceduto purtroppo di recente.

E ancora una chicca: Il Presepe favoloso in esposizione permanente nella chiesa di Santa Maria alla Sanità, sempre firmato Scuotto. 100 pastori che si intrecciano nel tradizionale complesso monumentale presepiale affidato al parroco don Antonio Loffredo.

Nata da anni di ricerche e dalla preziosa collaborazione con il Maestro Roberto De Simone, l’ultima creazione dei fratelli Scuotto porta in scena mostri, simboli apotropaici e le paure ataviche dei napoletani, senza tralasciare argomenti sociali di attualità, quali inclusione e integrazione.

Inutile ripeterlo, si può innovare senza trasfigurare, senza trasformare un’arte antica in una barzelletta. Obiettivo pienamente raggiunto da La Scarabattola.

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