Cultura

Il principe di Sansevero e la sua leggenda

di Michele Di Iorio

Il geniale settimo principe di Sansevero don Raimondo de Sangro morì il 22 marzo 1771 in Napoli e secondo la sua volontà venne seppellito 24 ore dopo nella tomba della Cappella gentilizia della Pietatella, come attesta il certificato di morte della parrocchia di Santa Maria la Rotonda in Napoli, con le pompose esequie curate dall’impresa funebre di Domenico Luciano. Purtroppo, quella sepoltura sembra non corrispondere a quella effettiva del principe.

Pare che Raimondo fosse malato dalla fine del luglio 1770: strane ulcerazioni alle mani, sangue dal naso e dalla bocca e forse anche dalle feci, e tutta una serie di sintomi che colpivano tutto il corpo, secondo quanto riferito dai domestici  e annotato dal suo medico personale don Giuseppe Salerno da Palermo. Qualcuno pensò che fosse stato intossicato dai suoi esperimenti alchemici.

Il testamento lasciato dal VII principe di Sansevero fu letto nella biblioteca privata de Sangro dal notaio Vincenzo Di Maggio di Napoli. I tre esecutori testamentari furono Baldassare Cito, presidente del real Tribunale di Santa Chiara, don Fabrizio Carafa principe di Canosa, genero del defunto, e l’ultimogenito don Giovan Francesco De Sangro, che fu anche esecutore testamentario di Vincenzo, figlio primogenito di Raimondo. Giovan Francesco e i discendenti abitarono nel loro appartamento del Palazzo avito al piano ammezzato, ove aveva abitato il padre, fino al 1940.

Nel corso di una ispezione, la salma di Raimondo De Sangro non venne però rinvenuta nella sua tomba ufficiale: nacque così la leggenda sull’immortalita fisica del principe, diffusasi con tinte fosche e sinistre, come racconta Benedetto Croce.

I de Sangro fecero ispezionare tutta la Cappella Sansevero, cercandone i resti in altre tombe, come quella vuota e simbolica di Cecco, e quella del figlio Vincenzo – pure ritrovata vuota – e della moglie Carlotta, e così della nuora Gaetana Mirelli di Teora. Le ricerche vennero estese al castello di Torremaggiore in Puglia e in più riprese – e molto discretamente – nelle chiese di San Domenico Maggiore di Napoli e nella chiesa di San Nicola di Torremaggiore: marzo e ottobre 1771,  marzo 1773, settembre 1792, ma senza risultato. Per far luce sulla misteriosa vicenda, venne interrogata la servitù di palazzo e in particolare il  Maggiordomo Lambert e il cappellano privato.

L’unico ad avere qualche idea fu il conte di Rodiano Giovan Francesco de Sangro: temeva che la salma del padre Raimondo fosse stata portata via dai servi di notte, a tre giorni dalla sepoltura, dalla sua tomba ufficiale e inumata sempre in Cappella, ma altrove. Raimondo in vita aveva infatti numerosi nemici: alti prelati, massoni e dignitari della Real corte invidiosi, e i suoi fedelissimi avevano probabilmente voluto scongiurare una eventuale profanazione.

Inutile fu anche una ricognizione effettuata nel 1975: un esame analitico evidenziò che la tomba ufficiale non aveva mai contenuto resti umani.

E allora dove si trova la salma di Raimondo de Sangro?  Lo stesso è successo con i resti dell’ultimo principe de Sangro di Sansevero fu Michele, nato nel 1824 a Napoli e morto nel 1881 in Puglia, 120 anni dopo l’avo Raimondo, cui somigliava come una goccia d’acqua sia nel fisico che nel carattere. Michele era scienziato e letterato, agronomo e botanico.

Michele venne sepolto ufficialmente nel cimitero di Torremaggiore in Puglia. Nello stesso ipogeo fu poi inumata la moglie Elisa Croghan, scomparsa nel 1912 e la cameriera personale Luisa Allianzi.

Nel 2009, una notte vi è stata una strana intrusione nel sacello funerario desangriano di Torremaggiore, ma non è stato possibile risalire agli autori.

Nel 2011, ricorrenza degli anniversari della morte sia di Raimondo che di Michele de Sangro, in una caldissima notte estiva tra il 17 e 18 agosto, rispettivamente mercoledì e giovedì, ignoti aprirono la bara del principe Michele ma non ne rinvennero il corpo. Invece nelle altre due bare trovarono le salme delle due donne. Dopo aver frugato dappertutto, bruciarono le casse con gli scheletri.

In tutte le ispezioni effettuate nel corso di due secoli, solo Giovan Francesco de Sangro si avvicinò ad una spiegazione: intuì che   nella nicchia con l’emblema della Fenice c’era il passaggio per il laboratorio segreto del principe, che si trovava nella cavea della Cappella, da dove nel 1794  avevano issato con carruccole la statua del Cristo Velato attraverso una scala di tufo con corrimani larghi di pietra. Questo passaggio segreto si biforcava nel cunicolo nascosto che arriva all’interno della tomba simbolica di Ferdinando de Sangro, posta ad angolo retto con la sepoltura ufficiale di Raimondo.

Queste notizie le ho attinte dal manoscritto del conte Giovan Francesco de Sangro, morto nel 1824, e donati dal suo ultimo pronipote a mio nonno materno Antonio Ariano, che a sua volta li lasciò alla moglie contessa Rosaria Valerio Landi di Sala di Caserta.

Quei passaggi segreti li ho anche visti personalmente nel corso dei lavori di restauro della Cappella Sansevero effettuati tra il 1996 e il 1998, quando fu scoperto il laboratorio segreto sotterraneo di Raimondo e se ne portarono in museo i reperti alchemici.

(Foto di copertina by Maurizio Iengo)

2 pensieri riguardo “Il principe di Sansevero e la sua leggenda

  • Anna Yaria

    Chi erano gli abitanti del palazzo nel 1940? Perché hanno lasciato il palazzo?
    Sono state formulate ipotesi sul motivo della profanazione della tomba di Michele Di Sangro a Torremaggiore?

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  • Anna Yaria

    Storia piuttosto affascinante dalla quale si percepisce un desiderio di scienza e conoscenza che forse ancora non era completamente recepito dall’epoca e dalla città. Questo il motivo di tanta segretezza forse.

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