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Il Racconto, Arena Italia

di Giovanni Renella

Sdraiato sul divano, in quella torrida sera d’agosto, si ritrovava a passare da un canale all’altro, quasi come se cercasse refrigerio nel turbinio delle immagini prodotto da quel frenetico zapping.

L’unico vento che si sollevava, però, era quello dei suoi ricordi, stimolati dalle immagini vintage di un programma televisivo, fatto di ritagli dell’archivio RAI, che scorrevano sullo schermo e lo riportavano all’estate di quell’ormai lontano 1977.

Il caos in cui l’Italia era piombata, proprio nel passaggio fra l’inverno e la primavera di quell’anno,  affondava le sue radici nella inevitabile contaminazione, ormai avvenuta, fra la lotta armata e alcune frange estreme dei movimenti di contestazione.

Era in atto un aspro confronto ideologico sul dovere della rappresentanza di quelle fasce della popolazione prive di ogni forma di garanzia; e lo scontro, da dialettico e politico, tendeva a trasformarsi sempre più spesso in fisico e violento.

Lui, studente liceale, osservava come il suo Paese fosse attraversato da una strana atmosfera, che riusciva a percepire, ma non ancora a decifrare nella sua nebulosa effervescenza.

Sta di fatto che, osservando i ragazzi più grandi, quelli che andavano in piazza, sentiva montare dentro di sé una voglia di libertà, fatta di affermazioni di diritti e di rivendicazioni identitarie, amplificate dalle prime trasmissioni delle emittenti radiofoniche private.

In questo clima di indecifrabile euforia aveva deciso: quella sarebbe stata l’estate del grande passo!

A maggio, appena compiuti quattordici anni, aveva convinto i genitori a richiedere la carta d’identità al Comune: un gesto che i suoi avevano letto come segnale di grande maturità, consono ad un ragazzino già ritenuto molto responsabile.

A lui quel documento avrebbe dato un’opportunità unica, anelata da tempo.

La preparazione richiese un paio di mesi e portò via con sé giugno e luglio.

I sopralluoghi, prima immaginati e fantasticati e poi realizzati una volta giunto sul posto, avevano contribuito ad infondergli quella sicurezza che tanto sarebbe stata necessaria per il salto di qualità che intendeva compiere.

L’obiettivo era stato scelto sulla base di canoni, anche estetici, ben precisi e il piano d’azione era stato studiato con cura maniacale, sin nei dettagli.

La magra figura rimediata l’anno prima, quando era stato bloccato da un insensibile energumeno in divisa, ancora gli bruciava e il desiderio di prendersi la rivincita era rimasto acceso come una fiammella votiva per un intero ciclo di stagioni.

Cosa avrebbe dato per ritrovarsi faccia a faccia con quel tipo in uniforme!

Il destino, divertito da quello smanioso adolescente, volle assecondarlo e non gli negò il tanto agognato faccia a faccia.

Fu così che in una sera d’agosto di quarantuno anni fa, ostentando la sua carta d’identità, alla cassiera prima e alla maschera poi che volevano impedirgli l’ingresso, finalmente poté aver accesso all’Arena Italia, cinema all’aperto di Sperlonga, per assistere alla visione di quella pellicola un tantino scollacciata, e per questo, vivaddio, rigorosamente “vietata ai minori di quattordici anni”.

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