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Il Racconto, Dirty

di Lucio Sandon

Partono ‘e bastimente pe terre assaje luntane… Cántano a buordo: só Napulitane!,recita una nostalgica, antica canzone napoletana.

Bastimento, era il termine generico usato per denominare tanto il peschereccio che la spugnara, il veliero o la corallina. La cognizione esatta di quanti e quali fossero e di quanti bastimenti disponessero gli armatori vesuviani e torresi in particolare, si perde nel tempo. Agli inizi dell’ottocento i corallari balzarono agli onori della cronaca per un fenomeno che fece epoca e uscendo dallo stretto ambito locale, si propagò nel mondo, fino a rendere la città polo globale della produzione di gioielli in corallo. In quegli anni i corallari erano anche armatori e costruttori dei propri bastimenti, le cosiddette coralline, e la marina di Torre del Greco era un alacre cantiere all’aperto ingombro di tronchi d’alberi e di uomini che li segavano per ridurli a fasciame.

Nella zona del porto denominata La Scarpetta, si costruiva e si rifiniva febbrilmente persino negli androni dei palazzi quando non c’era spazio sufficiente all’aperto. La nave, appena pronta veniva fatta scivolare in mare, e il varo veniva benedetto nella chiesetta omonima di Portosalvo.

Ad un certo punto, dopo aver esaurito i banchi di corallo locali, quelli siciliani e quelli sardi, e avendo avuto notizia della bontà dei banchi nord africani, un gruppetto di coraggiosi approdò sull’isolotto disabitato di Kalitè per razziare i nuovi floridi banchi scoperti. Lì gli esploratori torresi vissero per diversi anni quasi da naufraghi, esposti al sole cocente e anche agli attacchi delle popolazioni locali che non gradivano l’invasione.
Per quanto riguarda i corsari saraceni pare che per combatterli alla pari, i marinai vesuviani dovettero tirar fuori i propri denti pirateschi, ma qui non si sa dove cominci la storia e dove finisca la leggenda.

Il dottor Gardenia era pigramente appoggiato con il fondoschiena all’esterno del penultimo piano del campanile della chiesa parrocchiale che gli faceva da sedile: i piani sottostanti della costruzione sono stati inghiottiti dal fiume di lava che nel 1794 sommerse la chiesa e la città intera, lasciando fuori solo gli edifici più alti.

Lui come ogni mattina si impegnava a gustare una sfogliatella riccia osservando il traffico che cominciava ad ingrossarsi nella piazza principale, quando un furgone della polizia rallentò e si fermò davanti a lui. La porta anteriore si aprì, e una voce ironica lo apostrofò.

«Dottore… così non va bene, perdi la tua forma smagliante!»

Il commissario della locale stazione di polizia era un amico del dottor Gardenia già da diversi anni, da quando il veterinario era stato convocato al comando dal disperato comandante. Un branco di gatti aveva colonizzato gli uffici della stazione, e diverse femmine avevano cominciato a partorire sotto le scrivanie. Mettendo mano al proprio portafogli, il bravo poliziotto aveva provveduto a far sterilizzare e risistemare a distanza di sicurezza dal commissariato diversi felini, godendo di un trattamento di favore da parte del veterinario e dando così vita ad una profonda stima ed amicizia tra i due.

La collaborazione felina andò avanti per diversi anni, finché il ministero degli interni non trasferì gli uffici in una bella villa vesuviana provvista di alti muri di cinta ed il problema si risolse da sé.

Montalbano era l’esatto contrario dell’attore che impersona il commissario di Vigata, ma per il dottor Gardenia, che era un fervido ammiratore di Camilleri, il suo amico commissario era il protagonista delle investigazioni siciliane: alto, brizzolato, elegantissimo in giacca e cravatta, rayban sempre sul naso.

In quel momento però, Montalbano sembrava preoccupato.

«Dai sali che ti do un passaggio fino all’ambulatorio, sempre se non ti dà fastidio farti vedere in giro con uno come me!»

Mentre il veicolo si faceva largo a fatica nel traffico cittadino, guidato da un poliziotto in uniforme, il commissario guardava il suo amico di sottecchi, quasi imbarazzato, tanto che l’altro ad un certo punto sbottò.

«Vai, spara, qual è il problema? Hai di nuovo le gatte che ti assediano il comando e i tuoi uomini non hanno il coraggio di sbatterle per strada?»

«Veramente la questione non sono le gatte. Si tratta di una sola gatta!»

«E che sarà mai? Il tuo amico veterinario è qui per questo. Non hai che da parlare e i tuoi desideri saranno esauditi!»

Visibilmente sollevato, il viso del poliziotto si aprì in un sorriso.

«Lo sapevo che avrei potuto contare su di te! Mi hai letteralmente salvato: da ieri, quando abbiamo arrestato il proprietario della gatta per spaccio di droga, stiamo avendo un sacco di grattacapi. Nessuno se vuole assumere la responsabilità, nessuno ci dice cosa farne, e certo al comando non possiamo tenerla!»

Un dubbio satanico cominciò a farsi strada nella mente del veterinario.

«Scusa ma, è molto grande, è aggressiva?»

«Macché, è buonissima! È appena un cucciolo. Guarda ce l’ho proprio qui dietro… Nel furgone.»

Nel frattempo il furgone della Polizia era giunto di fronte alla clinica del dottor Gardenia, e mentre l’autista parcheggiava il mezzo, i due si diressero all’entrata. L’ambulatorio era già aperto, e nel momento in cui i due amici entravano, incrociarono un cliente che stava uscendo proprio in quel momento. L’uomo sembrava un agitato e un po’ alterato, ma non appena vide il commissario, il quale si fermò di colpo ad osservarlo, calò la testa ed allungò il passo allontanandosi in fretta.

«Complimenti – disse il commissario rivolto allo stupito veterinario –

vedo che la tua clientela si fa di giorno in giorno più raffinata, lo sai chi è quella perla d’uomo che è appena uscito?»

«Dovrei saperlo? No, perché non l’ho nemmeno visto entrare, se ne sarà occupata Alessandra.»

Malignamente aveva nominato la sua bella collaboratrice bionda e statuaria, di cui conosceva l’infatuazione da parte del poliziotto, il quale solo a sentirne il nome arrossì e abbassò la testa.

«È Pasquale ‘o Roccherrol, peraltro ottimo ballerino, il socio di Santino ‘o criminale, quello che abbiamo arrestato ieri: i due avevano impiantato una bella attività in centro: commercio e lavorazione di coralli, però nel deposito non abbiamo trovato né preziosi, né macchinari, ma solo cocaina e hashish… Il signore qui, non l’abbiamo arrestato perché non era presente, ma è stato denunciato a piede libero.»

In quel momento, aprendo la porta della sala visite si udì la voce agitata di Alessandra che si rivolgeva alla collega Marisa.

«Ma che diamine succede stamattina? Appena mi sono svegliata è arrivato il postino con due cartelle dell’Equitalia, una per una multa che non ricordo di aver preso e una per la tarsu del 2010 che ho regolarmente pagato a suo tempo…Totale 588.85. Poi come prima visita in ambulatorio, è arrivata una vecchietta con la sua cagnolina di undici anni.

«La mia Bessie vuole sempre fare la zoccola con i cani!»

«Veda signora – dico io – è un problema di cisti ovariche: andrebbe sterilizzata al più presto anche per evitare complicazioni più serie.» «Signorì dite proprio bene: le cisti ovariche le ho viste!»

La cagnetta aveva una serie di tumori mammari in via di sviluppo, ma il suo veterinario le aveva ha detto di lasciare tutto così e che non ci sarebbe stato bisogno di operare.

«Lei mi vuole fare spendere solo soldi, e io faccio come ha detto quello!» La vecchietta piglia e se ne va. Subito dopo viene dentro una tipa che comincia a girare per lo studio e senza guadarmi in faccia fa: «adggoijmnX’?»

«Scusi non ho capito.»

«….dott hmaklcxssdkane?»

E intanto cerca di sbirciare nel retro, verso le gabbie di ricovero. Le dico: «abbia pazienza signora, si sieda e mi spieghi cosa vuole.»

«Perso un cane…»

«Ha perso un cane? Qui non c’è nessun cane smarrito!»

«Cos’ha capito? Ho trovato un cane, per caso lo avete perso?»

«No, non abbiamo perso cani, ma bisogna controllare se quello che lei ha trovato ha il microchip, così si può renderlo al suo padrone.»

«Eh, non sono mica scema, l’ho già portato dal mio veterinario, l’ha controllato e non ha nessun microcoso!». Piglia e se ne va pure questa.

«E adesso proprio, è venuto un tipo strano, pieno di tatuaggi, con questo cucciolo di pincher in mano, in preda a sintomi nervosi, convulsioni, tremori, bava e vomito».

«Cos’ha mangiato?», gli faccio.

«Niente…»

« È vaccinato per il cimurro?»

«Non so, ce l’ho da poco.»

«… Mah, lo lasci perché devo fare delle analisi, sembra un’intossicazione, intanto comincio un po’ di terapia sintomatica».

Il commissario, che aveva seguito il discorso in silenzio adorante, e ammaliato dalla voce roca e dalla erre arrotata di Alessandra, si tolse per un attimo gli occhiali da sole e osservò da vicino per qualche secondo il cucciolo che si dibatteva tra le mani della bionda, poi timidamente sussurrò.

«Scusi dottoressa, se posso permettermi, questi sintomi li ho già visti diverse volte, nelle persone che portano al comando per uso di stupefacenti. Dato che il padrone che è appena uscito la usa, forse potrebbe essere che il cucciolo ne abbia ingerito un pezzetto caduto a terra…»

Lo sguardo delle due colleghe diventò immediatamente carico di divertita ammirazione, e un dolce sorriso scoprì i loro candidi denti.

«Commissario, lei è un genio, si merita un bacio!»

Guardandosi bene dal mettere in pratica la promessa, la bionda Alessandra andò subito ad occuparsi del cucciolo sofferente.

Il titolare intanto diede di gomito al commissario che si era distratto ad osservare il movimento delle morbide masse nascoste sotto i camici delle giovani dottoresse, disse: «Insomma questo gatto?»

Il commissario fece un cenno vago verso l’esterno. Riaprirono la porta della sala d’attesa, e seduto tranquillamente su una delle sedie c’era l’appuntato autista con in braccio un cucciolo di leone.

«Ecco la gatta. Si chiama Dirty perché era completamente coperta di fango. La abbiamo ripulita nel bagno della stazione di polizia. Quel disgraziato la teneva nel cortiletto nel retro del negozio, e pensava di utilizzarla come guardia della sua merce. Te la lascio?»

Era una leonessa di circa tre mesi, che faceva le fusa come un “vero” gatto quando la si accarezzava, e diventò ben presto la mascotte dell’ambulatorio, dei bambini del vicinato, e dopo qualche iniziale rimostranza anche di Filofteia la domestica del veterinario. Senza parlare di sua figlia di quattro anni che ne divenne l’amica più affezionata, e la sua migliore compagna di giochi.

Dirty era sempre insieme al dottor Gardenia, e amava in modo particolare i trasferimenti in auto da e per la clinica, durante i quali si accomodava sul sedile posteriore e si addormentava subito. Ruggiva soltanto, arrabbiata come una leonessa, quando veniva disturbata dai clacson delle auto, e reagiva ai suoni molesti alzandosi sulle zampe posteriori e ruggendo verso gli allibiti automobilisti. In giardino invece dimostrava la sua indole di cacciatrice attentando di continuo alle caviglie del suo paziente custode.

Dopo altri quattro mesi Dirty era cresciuta abbastanza da incutere paura in chi la vedeva per la prima volta, specialmente quando la si osservava negli occhi: due pietre di onice lucente che sembravano valutare con serena tranquillità la morbidezza delle carni degli astanti. Però la sua indole era rimasta quella di un grosso micione tranquillo.

La telefonata che il dottor Gardenia temeva arrivò di mattina presto. «Abbiamo trovato dove collocare il micio! C’è una struttura attrezzata in Puglia che è in grado di tenerla, la porti tu o dobbiamo provvedere noi?»

Più che un viaggio fu un pellegrinaggio, cui presero parte i famigliari, le collaboratrici, e anche alcuni vicini di casa.

Il distacco da Dirty fu penoso per tutti: la leonessa tentò più volte di risalire in auto, e il suo amico fu più volte tentato di contrabbandarla di nuovo a casa, ma alla fine riuscì a mettere in moto e ripartire.

I bambini piangevano a dirotto, mentre uscivano dal parco, ma anche qualche adulto aveva gli occhi pieni di lacrime.

 

Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprenso poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio. Appassionato di botanica, dipinge,  produce olio d’oliva e vino, per uso famigliare. Il suo ultimo romanzo è La Macchina Anatomica, un thriller ambientato a Portici. Ha già pubblicato il romanzo Il Trentottesimo Elefante; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: Animal Garden e Vesuvio Felix, e una raccolta di racconti comici: Il Libro del Bestiario.

 

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