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Il Racconto, Domande

di Giovanni Renella

Una curiosità innata lo portava a porsi continuamente domande, a volte retoriche e in quanto tali destinate a restare senza risposte.

A furia di interrogarsi su tutto e su tutti, ormai era in preda ad una vera e propria sindrome dell’incertezza.

Una sorta di patologia compulsiva che lo spingeva a chiedere con insistenza, privo com’era di punti fermi di riferimento.

Eppure il suo nobile lignaggio avrebbe dovuto garantirgli quella sicurezza tipica di chi ha sempre ben vissuto.

Vantava, infatti, origini antiche, risalenti addirittura alla corte di Carlomagno, dove era stato chiamato a segnare il termine di una sententia contenente una domanda e col tempo, poi, aveva avuto fortuna, acquisendo dignità e diritto di parola anche al di fuori dei testi liturgici, lì dove la sua avventura aveva avuto inizio.

Lui, curvato più dai dubbi che dagli anni, invidiava il portamento impettito e la sicumera di chi aveva sempre la risposta pronta e non si curava dei giudizi suscitati dall’enfasi delle proprie esclamazioni.

E quando si trovava insieme con un soggetto del genere, soffriva anche per la gibbosità del suo aspetto, invidiando le phisique du role che l’altro ostentava così sfacciatamente.

Per questo non amava le uscite in coppia con quell’impettito e pieno di sé che, a furia di stare sempre dritto come un fuso, lo mortificava sotto il profilo del confronto formale e finiva con il mettere ancora di più in risalto i suoi dubbi esistenziali, che così profondamente incidevano sul suo aspetto esteriore.

E oggi, che erano in tanti a ricorrere ad un uso congiunto di entrambi per esprimere una forte sorpresa, dei due era lui quello che si trovava sempre più spesso a disagio in certi periodi.

Si riprendeva solo quando tornava a essere il protagonista assoluto delle proposizioni interrogative, dove riacquistava il ruolo principe di punto di domanda, finalmente libero dall’ingombrante presenza dell’interpunzione esclamativa.

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