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Il Racconto, Est modus in rebus?

di Giovanni Renella

Ne avevano parlato i media locali, ma era stato grazie ai social network che la notizia si era diffusa in un batter d’occhio, giungendo a Roma, fin su all’Esquilino, dove il buon Orazio riposava, indisturbato, da tempo immemorabile.

Informato dell’accaduto, non l’aveva presa tanto bene, anche perché l’avevano svegliato di soprassalto; ma visto che ormai s’era alzato, tanto valeva farsi una passeggiata sino alle pendici del Vesuvio.

Durante il viaggio sul Frecciarossa, che lo conduceva dall’Urbe a Napoli, ebbe modo di consultare lo smartphone e di ricostruire l’accaduto.

La prima reazione istintiva fu quella di telefonare a Cicerone, l’unico esperto di diritto che aveva conosciuto in illo tempore, per valutare la possibilità di promuovere un’azione giudiziaria a tutela della sua onorabilità: il suo buon nome, Quinto Orazio Flacco, era stato indebitamente chiamato in causa!

Il saggio Cicerone, più che esprimere un parere legale, gli ricordò che proprio lui aveva sostenuto che «… esiste una misura nelle cose», per cui era il caso di riflettere con calma su tutta la vicenda.

Il consiglio ricevuto non cadde nel vuoto e così, giunto alla stazione di piazza Garibaldi, mentre si recava a prendere il treno della Circumvesuviana che lo avrebbe condotto a Portici, complice l’atmosfera natalizia che si respirava in città, il suo umore era già migliorato: non avrebbe fatto causa a nessuno.

La situazione, comunque, non gli era ancora chiara.

La folla di ragazzi festanti, e un po’ incazzati, che lo accolse nel cortile della scuola, lo rinfrancò definitivamente: lì era considerato ancora una star, non solo dagli studenti, ma anche dai professori.

Trascorse l’intera giornata ascoltando, con una olimpica pazienza, i docenti e i discenti, e alla fine ebbe chiaro il quadro dell’intera vicenda.

Si poteva essere d’accordo o meno con le critiche mosse; potevano essere giuste o ingenerose; potevano rappresentare la spia di un malessere diffuso sotto traccia o la manifestazione di quell’insofferenza tipica degli adolescenti per ogni forma di autorità costituita, quando questa tende ad autocelebrarsi: tutto ci poteva stare, ma non una sospensione di sette giorni per quelle critiche mosse alla scuola su Facebook, scritte, peraltro, in un ottimo italiano.

Raccolta la tunica sul braccio, mentre faceva ritorno alla quiete del suo sepolcro sull’Esquilino, Orazio pensò che, ancora una volta, il suo antico aforisma Est modus in rebus, esiste una misura nelle cose, era rimasto lettera morta, perché qualcuno, quel senso della misura, lo aveva temporaneamente smarrito.

La protesta degli studenti

(Le fotografie sono opera di Francesco Grillo)

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