arteCulturaracconti

Il Racconto, Ingabbiato

di Giovanni Renella

A vederlo così, dimenticato in un angolo, nessuno lo avrebbe valutato poco più di qualche centesimo; eppure vantava antiche e nobili origini mediterranee.

La cittadina di Calangianus, nel nord della Sardegna, si era rivelata, nel tempo, il luogo ideale dove mettere le radici.

Nel caldo clima di quel luogo, in cui viveva godendo del sole e del refrigerio del vento che lo accarezzava, mai avrebbe immaginato le trasformazioni che un fato avverso gli riservava: un destino tanto spietato da farlo finire rinchiuso in un’angusta gabbia di metallo.

Da piccolo gli era giunta l’eco della storia di un suo avo ridotto in cattività nell’antica Atene del V secolo avanti Cristo, ma non aveva mai voluto dare credito a quella che si ostinava a credere fosse una fandonia raccontata dagli adulti ai più piccini, solo per il sottile e sadico gusto di farli spaventare.

Purtroppo, si era dovuto ricredere.

Appena divenuto maturo, era stato strappato dal suo habitat e trasformato nell’aspetto.

Messo insieme ad altri suoi simili, era stato trasportato in continente e da lì era cominciato il suo viaggio che, attraverso le Alpi, si era concluso in Francia.

In quella terra straniera, uomini di cui non conosceva la lingua lo avevano marchiato a fuoco, compresso e ingabbiato per non farlo muovere.

Tenuto prigioniero da una capsula metallica, era stato costretto ad un’immobilita forzata per un lungo periodo.

Poi, quando ormai disperava di poter tornare a essere libero, una mano all’apparenza pietosa, lo aveva svincolato dalla gabbia di metallo che lo teneva prigioniero.

La gioia, però, era durata solo pochi istanti perché, quella stessa mano, che poco prima gli era sembrata così caritatevole, ora gli stava stringendo il collo e sentiva di essere sul punto di affogare da un momento all’altro.

Al tentativo di strangolamento seguì una pressione intensa e altrettanto dolorosa, esercitata da un pollice che gli premeva sotto la gola: quello strazio, per fortuna, durò solo pochi istanti.

Alla fine il povero turacciolo di sughero, stappato dalla bottiglia di champagne e volato lì per terra, riuscì, dimenticato da tutti, a riacquistare la libertà perduta.

Altri racconti di Giovanni Renella:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *