Culturaracconti

Il Racconto, La maschera

La Poesia in una prosa che nel finale getta via la maschera. Un epilogo sempre sorprendente, come l’autore, che puntualmente regala ai lettori i suoi racconti flash

di Giovanni Renella

Era ancora un bambino quando l’aveva intravista per la prima volta.

Di quell’incontro aveva un ricordo sbiadito dal tempo ormai trascorso.

Rammentava il passaggio improvviso dalla certezza della luce all’incognita del buio, dove l’unica sicurezza era rappresentata dal solido ancoraggio alla mano del padre.

Aveva atteso a lungo quel momento e non poteva consentire a niente e a nessuno di sciupare l’atmosfera di quegli attimi così unici che, sapeva, sarebbero trascorsi troppo in fretta; quindi la paura del buio doveva essere superata senza altri indugi, per non sprecare quei momenti per lui rari e preziosi.

Quel cono di luce, che come d’incanto illuminò all’improvviso i suoi passi rendendoli meno incerti e più spediti, gli schiuse un mondo che ancora non conosceva ma già lo affascinava.

Gli avevano raccontato di quel luogo incantato in cui le storie prendevano forma e non desiderava altro che essere rapito da quella magia che l’avrebbe trasportato al centro dell’azione.

Prima, però, doveva raggiungere il punto d’osservazione che gli avrebbe consentito di avere una visione d’insieme dell’intera vicenda, proiettandolo in una dimensione a metà strada fra il sogno e la realtà.

Un obiettivo, quello del posto giusto, per il quale suo padre si era attrezzato per tempo.

All’apparire improvviso di quel fascio di luce ai loro piedi, il genitore, con un rapido gesto della mano, aveva raggiunto la fonte luminosa, trasferendole il necessario per ottenere un’adeguata sistemazione: un’azione furtiva, come aveva avuto occasione di notare in seguito, che si ripeteva a ogni ingresso in sala e immancabilmente raggiungeva lo scopo.

L’abilità nel fare luce discretamente, per completare in quel buio un complicato puzzle di persone e poltrone, faceva di quella sobria presenza il custode silenzioso di emozioni che non dovevano essere interrotte o disturbate.

Così, sera dopo sera, la maschera accompagnava gli spettatori ai posti liberi, se questi entravano in sala quando la proiezione del film era già iniziata.

 

Giovanni Renella, nato a Napoli nel ‘63, vive a Portici. Agli inizi degli anni ’90 ha lavorato come giornalista per i servizi radiofonici esteri della RAI. Ha pubblicato una prima raccolta di short stories, intitolata  “Don Terzino e altri racconti” (Graus ed. 2017), con cui ha vinto il premio internazionale di letteratura “Enrico Bonino” (2017), ha ricevuto una menzione speciale al premio “Scriviamo insieme” (2017) ed è stato fra i finalisti del premio “Giovane Holden” (2017). Nel 2017 con il racconto “Bellezza d’antan” ha vinto il premio “A… Bi… Ci… Zeta” e nel 2018 è stato fra i finalisti della prima edizione del Premio Letterario Cavea con il racconto “Sovrapposizioni”. Altri suoi racconti sono stati inseriti nelle antologie “Sette son le note” (Alcheringa ed. 2018) e “Ti racconto una favola” (Kimerik ed. 2018). Nel 2019 ha pubblicato la raccolta di racconti “Punti di vista”, Giovane Holden Edizioni.

Articolo correlato:

https://wp.me/p60RNT-3Zh

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *