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Il Racconto, Miseno

di Lucio Sandon

Eolo è il dio dei venti e Miseno era suo figlio. Miseno, imbarcato come marinaio semplice sulla nave di Enea, era stato anche il trombettiere dell’esercito troiano. Per questo lavoro ci volevano una forza e un’abilità del tutto particolari, perché si trattava di soffiare dentro una grossa conchiglia armonica.

Un giorno, la sua nave era alla fonda in un luogo sicuro e riparato dalle tempeste, e lui si sentiva forse un po’ annoiato, così si mise a vantarsi con gli dei di saper suonare la tòfa meglio di chiunque di loro. Il dio Tritone che, proprio come Miseno si dilettava a suonare la conchiglia, giusto per fargli capire come la pensava al riguardo, lo precipitò subito in mare, nel punto in cui si trovava.

Il corpo del povero disgraziato dopo un po’ finì sulla spiaggia, e venne ritrovato da Enea il quale, angosciato per la morte dell’amico, organizzò un solenne funerale e seppellì il corpo sul posto, in quello che oggi è Capo Miseno. Il sacrificio di Miseno era in ogni caso già stato annunciato dalla Sibilla come indispensabile perché ad Enea fosse concesso di trovare il “ramo d’oro”, necessario per discendere agli Inferi attraverso il lago d’Averno, poco distante da quel promontorio.

All’epoca di Augusto imperatore, la Classis Praetoria Misenensis Pia Vindex era la flotta navale più potente del Mediterraneo, ed era di stanza nel porto naturale formato da un bacino esterno, protetto dal capo Miseno e dall’isola Pennata, e da un bacino più interno: il lago Miseno.

L’enorme base navale aveva a sua volta la necessità di una serie di infrastrutture: ecco nascere allora le mense e le caserme per ospitare gli equipaggi di oltre 150 navi da guerra, poi gli alloggi per gli ufficiali, i cantieri per la costruzione e la riparazione delle imbarcazioni, gli uffici amministrativi, i magazzini e le armerie. C’era anche una scuola per l’addestramento delle reclute, un teatro, un foro, due anfiteatri, dei quali uno di poco più piccolo del Colosseo, un tempio per il culto di Augusto con il monastero per i relativi sacerdoti, e naturalmente non potava mancare un tempio per il culto di Iside.

La forza militare della flotta si aggirava all’epoca intorno alle diecimila persone e altrettante ne erano probabilmente necessarie per la conduzione delle strutture dell’apparato militare. Divenne così assolutamente necessario costruire un acquedotto che portasse l’acqua dai monti dell’Irpinia, per circa 140 chilometri fino a Miseno e naturalmente anche i serbatoi per contenerla. La Piscina Mirabilis e La Dragonara sono due enormi serbatoi scavati nella tenera roccia di tufo del Capo Miseno. Si tratta di veri e propri palazzi sotterranei, con tanto di corridoi, camminamenti, volte, colonne, scale e finestre. Ma mentre la Piscina Mirabilis nacque come servizio pubblico ad uso militare, la Dragonara era stata costruita sulla spiaggia, per l’uso esclusivo della villa di Lucullo, il comandante in capo della base militare.

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