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Il Racconto, Recidivo

di Giovanni Renella

Era montato in sella e aveva cominciato a pedalare come un forsennato, sperando di riuscire a mettere il maggior numero di chilometri possibile fra lui e il misfatto appena compiuto.

Quelle che gli colavano giù per il viso erano gocce di sudore, così copiose da sembrare lacrime di pentimento.

Ma lo sforzo fisico, per quanto fosse consistente, non riusciva a cancellargli dalla mente il ricordo di ciò che era accaduto.

La frenetica corsa in cui si era lanciato, sperando che la distanza da percorrere gli avrebbe liberato la mente, alleggerendolo del peso che si trascinava appresso e che ormai gli opprimeva il fisico e i pensieri, gli procurava, per lo sforzo compiuto, dei rigurgiti di acidità che non facevano altro che acuire il suo senso di colpa.

A ripensarci, mentre affrontava quella pendenza che gli appariva sempre più impervia, si rendeva conto di aver vissuto le ultime quarantotto ore in preda ad un delirio libidinoso.

L’aveva sognata per un anno intero, desiderandola giorno e notte e, per quanto la bramasse, non si era mai lasciato indurre in tentazione dagli ammiccamenti che gli venivano lanciati per strada dalle altre; il suo era un pensiero fisso: doveva essere proprio lei e nessun’altra!

Solo lei riusciva a sedurlo come nessuna mai, con un rituale di corteggiamento che si ripeteva sin da quando aveva avuto l’età della ragione.

Ancora ricordava il loro primo incontro, quando si era lasciato irretire da quel profumo inebriante con cui, maliarda, l’aveva attratto, per svelargli, solo in un secondo tempo, la sua intima consistenza, calda e umida.

E, dopo quella prima volta, non aveva potuto più farne a meno.

I loro incontri, caratterizzati da una voracità che alla fine lo lasciava spossato, si erano ripetuti con una cadenza precisa e lui non era mai venuto meno ai loro appuntamenti annuali.

Certo, con il passare degli anni, il fisico non era più quello di una volta e per tenerle testa, visto che per lei il tempo sembrava essersi fermato, era costretto a ricorrere all’aiuto di qualche “pillolina” debitamente prescritta dal medico.

Questa Pasqua, però, ci era andato giù pesante, senza controllo o ritegno alcuno.

Per questo da ore pedalava sulla cyclette, sperando di riuscire a smaltire la pastiera di “ mammina”.

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