Cultura

Il Teatro di Corte della Reggia di Portici

Un piccolo teatro di corte che diventa Cappella Reale. Il nostro autore racconta com’era prima che venisse cambiata la destinazione d’uso

di Teodoro Reale

Il successo riscosso nei giorni 12 e tredici ottobre dalla Reggia di Portici, in occasione delle Giornate del FAI, ci suggerisce di rievocare un aspetto ormai scomparso del monumento e poco conosciuto, l’attività teatrale di Corte.

Nel progetto originario redatto dall’architetto Antonio Canevari venne previsto e realizzato a partire dal 1741 un Teatro di Corte. Lo spazio destinato era quello dell’attuale Cappella di Corte.

All’interno della Cappella Reale si nota infatti che lo spazio fu adattato ad una funzione diversa da quella originaria, infatti l’unica navata ha una pianta ottagonale, con un lato aperto ad arco in corrispondenza del presbiterio. Di larghezza pari alla navata, il presbiterio è però di forma rettangolare e doveva formare un palcoscenico a tre quinte, mentre la navata era la sala vera e propria del teatro.

Dell’attività di questo primitivo teatro, che ebbe breve vita, sappiamo che venne decorato dall’architetto e scenografo Giovanni M. Bibbiena, e venne inaugurato la sera del 15 giugno 1746, dalla  compagnia del Teatro di San Carlo, che mise in scena  il Catone in Utica del Metastasio, musica di Egidio Romualdo Duni.

Il re Carlo di Borbone ricompensò la compagnia con trecento ducati il successivo27 giugno 1746.

Fu lo stesso Carlo di Borbone, come narra il Palermo nella sua edizione della guida del Celano,Notizie del bello dell’antico e del curioso della città di Napoli, edita nel 1792, che: «… ne cangiò subito l’uso, e disfatto il Teatro, volle in questo luogo appunto edificarvi la regal Cappella, che si vede, e questo avvenne nel 1749.»

In seguito alla soppressione del teatro per disposizione del medesimo re Carlo,  il 4 novembre 1757, come attesta il seguente dispaccio: «Per ordine del Re, essendo stato convertito in Cappella il R. Teatrino di Portici, tutte le decorazioni teatrali che lo corredavano, vengono trasportate nei Magazzini del Teatro S. Carlo.»

Ferdinando di Borbone

Dismesso quindi il primitivo teatro, anni dopo al tempo di Ferdinando IV uno nuovo teatro venne sistemato in una delle sale che danno sul cortile a ridosso del corpo della cappella, precisamente tra la Sala Cinese e la Cappella, uno degli interni attualmente più sfigurato in seguito ai successivi e di difficile recupero.

A dirigere il nuovo teatro con un dispaccio del 28 dicembre 1768 venne chiamato il commediografo Giovan Battista Lorenzi, con: «… l’incarico delle invenzioni dei soggetti delle commedie all’impronto da farsi alla Sua Real Presenza a Napoli a Persano, a Caserta, a Portici ed in altri siti reali.»

Tra le opere messe in scena per la Corte dal Lorenzi vi fu, non sappiamo in quale data Il Bugiardo di Goldoni, del quale il librettista può considerasi senza esagerazione l’emulo napoletano.

Collaborarono con Lorenzi, a Portici e negli altri Siti Reali, dove la compagnia seguiva la Corte nei suoi spostamenti, furono gli artisti e scenografi Vincenzo Re e Antonio Joli, attivi tra l’altro anche nella decorazione pittorica della Reggia.

Quando nel 1769 venne a Napoli il futuro Imperatore Giuseppe II d’Austria, fratello della regina Maria Carolina, Giovan Battista Lorenzi venne incaricato di recitare un commedia all’impronto, ovvero una recita estemporanea. Il regale ospite però non gradì lo spettacolo-

Così ne narrò alla madre, l’imperatrice Maria Teresa, nella relazione del suo soggiorno napoletano: «La sera a Portici ci fu una commedia, di quelle che chiamano all’impronto. Si moriva dal caldo e mai in vita mia ho provato una tale noia, mai assistito ad una tale insulsaggine. Bisogna sapere che questa compagnia teatrale è composta di gente per lo più impiegata a corte, e che non ci sono assolutamente donne; sono uomini quelli che, camuffati, ne interpretano le parti. Il più atroce turpiloquio, le più insipide e sozze facezie, e per di più continuamente ripetute, ci furono prodigate per quasi quattro ore, facendo morire dal ridere il Re e tutto l’uditorio, per la maggior parte, composto dai suoi pretenziosi cortigiani. Ne uscii veramente infuriato contro tutti coloro che invece di offrire al Re divertimenti onesti e intelligenti, gli propinano null’altro che sciocchezze e miserie di questo genere.»

La sera del 23 ottobre nel Teatro di Corte, per ordine di re Ferdinando IV, il quale era stato colpito dagli elogi dell’opera, venne rappresentato Il Socrate immaginario, un’opera buffa di grande successo più volte replicata al Teatro Nuovo, allora dedicato a questo genere, con libretto anonimo, ma in realtà scritto dall’arguto abate Ferdinando Galiani e musicata da Giovanni Paisiello, unico firmatario.

Lo spettacolo non piacque al re, ed il giorno successivo il Primo Ministro Bernardo Tanucci, presente alla rappresentazione, inviò il seguente ordine al Consigliere Caruso Presidente della Giunta dei Teatri, datato Portici, 25 ottobre 1775: «Il Re, ascoltato l’opera del Teatro Nuovo, intitolata “Socrate immaginario”, l’ha trovata indiscreta; né da doversi rappresentare al pubblico. E mi ha imposto perciò dire alla V. S. e alla Giunta che non se ne permetta più la rappresentanza.»

Cosa aveva indispettito il sovrano? Nella trama dell’opera era chiara nel protagonista Don Tammaro Promontorio di vivere nell’antichità coinvolgendo parenti e amici, un’allusione al giurista, grecista ed erudito Saverio Mattei.

Un altro spettacolo venne dato in occasione della nascita della primogenita di Ferdinando IV e Maria Carolina nel 1777, come riportato da una gazzetta del tempo: «6 ottobre. Giovedì sera nel nuovo Teatro di Corte a Portici fu data dai Cadetti del battaglione del Re la prima recita della Commedia intitolata “Il Duca di Guastalla”. V’intervennero le Maestà Loro e tutte le cariche di Corte e Ministri Esteri, e vi furono invitate 30 Dame della Città. Lo spettacolo riuscì bellissimo e sarà replicato una o due volte la settimana.»

L’ultimo spettacolo del quale abbiamo notizia dalla Gazzetta Universale del  25 ottobre 1789: «Le Maestà dei nostri Sovrani e la Real Famiglia si trovano tutti ora in Portici, ove la Villeggiatura seguita ad essere di molto concorso. In questa sera sul Teatro del Real Palazzo di Portici si rappresenta la celebre Burletta intitolata “Una Cosa rara”.»

Il Teatro cadde gradualmente in disuso negli anni successivi, e scomparve definitivamente in seguito alla ristrutturazione del piano nobile della Reggia promossa da Gioacchino Murat e dalla moglie Carolina Bonaparte, alla quale fecero seguito ulteriori interventi quando il palazzo divenne sede dell’Istituto Superiore Agrario, precursore dell’attuale Dipartimento di Agraria.

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