Cultura

La città del Sole, l’utopia di Tommaso Campanella

di Michele Di Iorio

Tommaso Campanella, al secolo Giovan Domenico, fu una straordinaria figura di pensatore e filosofo. Nacque in una casa umile il 5 settembre 1568 sotto il segno astrologico della Bilancia in provincia di Reggio Calabria, nella cittadina di Stilo, feudo dei principi Ruffo. Suo padre Geronimo era un ciabattino analfabeta, sua madre, Caterina Martello Basile, donna di casa.

L’indigenza della sua famiglia non permise al giovane Campanella di segui studi regolari, perciò, assetato di sapere, ascoltava le lezioni del sacerdote maestro elementare del paese attraverso la finestra.

Nel 1582 il padre, vista la sete di conoscenza del figlio, pensò di mandarlo a studiare Diritto a Napoli, ma Giovan Domenico preferì entrare nell’ordine dei frati domenicani. La sua scelta non fu dettata dalla vocazione ma piuttosto fu affascinato dalla potenza dell’Ordine.

Divenne novizio nel convento della vicina cittadina di Placanica, mentre i voti li prese a quindici anni nel monastero di San Giorgio Morgeto, prendendo il nome religioso di Tommaso in onore del grande santo dei d’Aquino.

Campanella completò gli studi classici nel seminario di Nicastro, e dal 1588li contnuò a Cosenza. Di nascosto approfondì i testi di Plinio il vecchio, di Platone, Pitagora, Galeno e di Caio Blosio da Cuma e degli stoici romani. Accrebbe la sua conoscenza con gli scritti dei seguaci di Democrito, e del filosofo e naturalista Bernardino Telesio.

Tommaso Campanella era dunque insofferente agli insegnamenti della filosofia prettamente scolastica: prediligeva quella basata sui sensi e sulla ragione. Ben presto a causa dei suoi studi, giudicati pericolosi, venne trasferito nel piccolo convento di Altomonte, dove scrisse il suo primo capolavoro “Philosophia sensibus demonstrata”, una risposta al testo di un monaco domenicano che contestava la filosofia di Telesio, pubblicata a Napoli due anni più tardi, dove approdò sotto la protezione del ricchissimo marchese del Tufo.

A Napoli Campanella visse nel convento di San Domenico Maggiore dal 1592, dove divenne amico di Giordano Bruno. I suoi studi filosofici asttirrarono l’attenzione dell’inqisizione, e fu processato e condannato dal Sant’Uffizio ad un anno di carcere e quindi costretto a rientrare al convento calabrese di Altomonte.

Nel 1589, su lettera del padre provinciale domenicano in Calabria, fra’ Giovanni da Polissena, si presentò alla corte dei Medici, dal quale ottenne la cattedra di docente all’Università Normale di Pisa. Pubblicò “De sensu rerum et magia”, un trattato su magia o kabala dedicato al Granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici, nel quale erano riportate i nozioni di fisica naturale, di alchimia. Vi scrisse inoltre di reincarnazioni e di vita dopo la morte.

Non fidandosi dei suoi insegnamenti, qualche mese dopo il granduca lo mandò a Bologna, ove l’inquisizione gli sequestrò carte e libro.

Nel 1593 si trasferì nel convento di Sant’Agostino di Padova, ma appena tre giorni dopo venne arrestato con altri monaci con l’infamante accusa di aver violentato e sodomizzato il superiore de convento. Riconosciuto innocente venne rilasciato.

A Padova incontrò Galileo Galilei e il filosofo Andrea Chiocco. Arrestato nuovamente per ordine dell’inquisizione nel 1594 viene tradotto in carcere a Roma l’11 ottobre del 1584 e sottoposto con accanimento a tortura con la corda e ruota, tanto che il 16 aprile 1585 abiurò la sua filosofia riconoscendola pura eresia. Venne confinato nel convento domenicano di Santa Sabina sul colle Aventino.

Rilasciato libero di rientrare nel convento di Santa Maria sotto Minerva, venne nuovamente accusato di eresia dal delinquente comune Scipione Prestinace e rimesso in prigione. Venne riconosciuto innocente il 17 dicembre 1587 dal cardinale Cinzio Aldobrandini, capo inquisitorio.

In convento scrisse diverse opere filosofiche, e poi si trasferì a Napoli agli inizi del 1598, dove diede lezioni private di geografia, ma in luglio s’imbarcò nuovamente per la natìa Calabria, rientrando al convento di Stilo.

Qui con altri 7 monaci progettò una rivolta contro il malgoverno spagnolo: auspicava di passare con la Francia o di fondare con l’appoggio dei Turchi una repubblica teocratica indipendente, che descrisse nel suo “La città del sole”, praticamente un’utopistica città egizia.

Le truppe spagnole, scoperta la trama, occuparono Stilo e fra’ Campanella fuggì nella casa paterna di Stigliano e poi nel convento di Santa Maria di Titi a Placanica. Poi in abiti civili si nascose in casa di un amico a Roccella con l’intenzione di imbarcarsi, ma fu tradito e arrestato il 6 settembre 1598,

Si difese strenuamente per cercare di farsi assolvere anche questa volta: nel processo del 10 settembre accusò i confratelli di eresia, ma l’inquisizione fu irremovibile e lo trattenne in carcere per trasferirlo a Napoli in Castel Nuovo il 23 ottobre del 1599.

Il 19 aprile 1600 fu riconosciuto colpevole di eresia, Sperava ancora nell’assoluzione ma i giudici pontifici lo sottoposero ad atroci torture e pressanti interrogatori. Fra’ Tommaso Campanella si finse pazzo per salvarsi.

Trascorse 27 anni in carcere nella terribile segreta sotto la Torre dell’Oro, la tesoreria angioina e poi aragonese del Maschio angioino, incatenato ai ceppi. Dopo 6 mesi in cui aveva rischiato di morire per le conseguenze delle torture, si mise a studiare i graffiti della cella lasciati dai prigionieri templari tra il 1308 e il 1310. Qui scrisse altre importanti opere importanti, poesie in metrica barbara e un’apologia in difesa di Galileo.

Liberato dalla prigionia nel 1626 per l’intervento in suo favore del grande inquisitore cardinale Barberini, poi papa Urbano VIII. Portato a Roma dall’inquisizione per essere tenuto sotto osservazione, per 5 anni fu il consigliere astrologico del papa.

Una nuova congiura antispagnola in Calabria architettata da un monaco suo allievo gli fece rischiare nuovamente l’arresto e la pena capitale. Riuscì a fuggire in Francia protetto dal cardinale Richelieu. Qui compose un’opera elegiaca in favore della nascita del Delfino di Francia Luigi XIV.

Finanziato dalla casa regnate francese, iniziò a ripubblicare a Parigi tutte le sue opere.

Lo spirito inquieto del grande filosofo fra’ Tommaso Campanella sembrava aver finalmente trovato pace quando la morte lo colse il 21 maggio del 1639 …

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