Culturaracconti

La Novella, Gabriella – Amore senza fine

Alle nostre madri: senza di esse non saremmo state così… E noi, cosa siamo diventate noi? Le prime della classe, come Gabriella e il suo amore senza fine …

di Bianca Sannino

Fu in quella stanza di ospedale che ho creduto di trovare finalmente la mia dimensione. Avevo smesso di essere invisibile, ero malata anche io, anche io avevo bisogno di cure, di essere accudita, coccolata, amata. Fu un giovane medico che con le sue attenzioni, le sue premure, il suo modo garbato di essermi vicino aprì un varco nel mio orizzonte affettivo e mi costrinse ad assumere una nuova maschera. Imparai ad essere fragile, a lamentarmi per ogni cosa, a frignare per ogni piccola sciocchezza.

Lui era sempre lì, pronto ad aiutarmi, sostenermi, guidarmi e a me non rimase altro che obbedirgli. Ero diventata la sua bambola, belloccia, intelligente tanto da essere presentata in pubblico con orgoglio, ma sufficientemente stupida per essere guidata, indirizzata, manipolata.

Dopo un fidanzamento piuttosto veloce ci siamo sposati. Mia madre fu felice quando finalmente riuscì a sbarazzarsi di me, non ce la faceva più a sopportare la mia vitalità, la mia allegria, la mia spensieratezza. Erano costantemente uno schiaffo per lei, per la sua incapacità a salvare mia sorella e a sopportare il senso di colpa che costantemente la divorava.

La osservavo quando si truccava per uscire, si vestiva con cura, sistemava i capelli e si preparava ad affrontare lo sguardo indagatore della gente, il biasimo, la pietà. Mia sorella era ormai cresciuta, non era proprio un bello spettacolo quando usciva, col suo pannolone che spesso trasudava urina, il suo sguardo strabico e quell’aria da perenne bambina. Io l’amavo e la odiavo. Ho fatto anni di analisi per ammetterlo. Perché mi ha fatto questo? Perché ha deciso di essere per sempre una bambina condannandomi alla solitudine?

Ho cercato di vivere anche per lei, di fare più di quanto mi spettasse per compensare tutto ciò che ad Alba era stato precluso. Mi sbagliavo. Lei era felice, inconsapevolmente felice. Era come un cucciolo a cui bastava essere accudito per sentirsi al settimo cielo, a cui bastava anche una semplice carezza per provare tutta la gioia del mondo. Per me invece non era così, non era mai abbastanza.

I primi anni di matrimonio sono stati un sogno. Ero una sposina perfetta. Mio marito fece carriera e fu trasferito in un’altra città. In questo nuovo posto, lontano da tutto e da tutti trovai lavoro anche io e lì partorii il mio primo figlio, poi ne partorii un secondo e poi un terzo.

Le mie giornate erano un turbinio continuo: pannolini, biberon, ufficio, asilo nido, casa e di nuovo ufficio, biberon, pannolini. Non avevo più tempo per le mie malattie, si erano assopite. Ero una mamma, ero una moglie, ero una donna in carriera, ero una “prima della classe”, over the top.

E poi c’era l’amore, un amore senza fine. Mio marito e i miei figli mi davano tutto quell’amore che da sempre avevo desiderato, lo sentivo pervadere tutta la mia persona, era un’energia enorme che emanavo e riuscivo a trasmettere.

 

Bianca Sannino, docente appassionata nella scuola statale italiana, vive e insegna a Portici da più di vent’anni.

Dopo aver attraversato perigliosi mari in vari ambiti e settori ed essersi dedicata alla redazione di libri saggistici e specifici del settore dell’insegnamento, esordisce oggi nel genere novellistico.

 Due lauree, corsi di specializzazione, master non sono bastati a spegnere la sua continua, vulcanica e poliedrica ricerca della verità. 

Da sempre, le sue parole che profumano di vita e di umanità, arricchite dalla sua esperienza e sensibilità, restituiscono delicati attimi di leggerezza frammisti a momenti di profonda riflessione.

Nel 2021 inizia la collaborazione con LoSpeakersCorner.

 

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