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La Novella, Gabriella

Alle nostre madri: senza di esse non saremmo state così… E noi, cosa siamo diventate noi? Le prime della classe, come Gabriella …

di Bianca Sannino

Mia madre avrebbe voluto buttarla via quella bambina, se avesse potuto farlo l’avrebbe fatto.

L’avrebbe fatto come si fa con una bambola a cui si è spezzato un braccio o saltata via la testa. L’avesse fatto! Mi sarei risparmiata tanto dolore, tanta sofferenza.

L’avesse gettata via quella bambina che di umano aveva così poco. Invece la tenne e si consacrò totalmente a lei, sacrificando me la figlia sana. Sacrificò me sull’altare, come ad Abramo fu chiesto di immolare Isacco, sacrificò quello che rappresentava il suo orgoglio, il suo riscatto, la sua speranza di eternità.

Sono cresciuta dovendo sempre affrancarmi dal fatto che ero sana e forte. Gli anni della mia infanzia non li ricordo neppure più, li ho cancellati dalla mia memoria, li ho strappati via con le unghie, ho grattato via tutto perché non ne rimanesse neppure più una traccia, ma per quanti sforzi faccia ogni tanto riemergono, basta una voce, un’immagine, una cosa qualsiasi perché mi ritornino vivide. Rivedo una bambina che piange in silenzio, che fa di tutto per essere notata, ma che aveva la netta sensazione di essere invisibile.

A scuola non ho faticato molto per emergere, ero la prima della classe. Studiare mi riusciva facile, ero brava e lodata da insegnanti e compagni.

Lo studio era il mio rifugio, il mio angolo di paradiso, il mio riscatto. Sempre all’altezza della situazione, sempre pronta, sempre brillante. Ricordo ancora, uno dei pochi ricordi rimasti vividi, quando in prima elementare portai a casa la mia prima pagella. C’erano tutti DIECI, una pagella da lode, da regalo, da superpremio.

Mia madre con fare distratto la ripose sulla credenza senza neppure guardarla. Rimasi di stucco, un dolore profondo mi prese allo stomaco. Non ero riuscita neppure quella volta a carpire la sua attenzione, ad attrarla verso di me.

Mio padre mi accarezzò il capo e mi disse: Bambina, la mamma deve pensare alla sorellina, non può badare a te, tu sei brava, fai tutto da sola, vai a giocare adesso.

Ho capito da quel momento che fare tutto da sola sarebbe stato il filo conduttore di tutta la mia esistenza. Ho fatto tutto da sola, mi sono diplomata, laureata, ho cominciato a lavorare, ho fatto mille esperienze, tutto da sola, tutto con un maledetto senso di solitudine.

La malattia però cominciò a serpeggiare presto dentro me stessa. Una malattia subdola, silente, rapace. La malattia dell’anima, quella che si insinua e non ti lascia mai, anche se fai mille sforzi per liberarti di essa. Si manifestava ogni volta attraverso una forma diversa, uno sfogo della pelle, forti dolori articolari, blocco alla schiena. E ogni volta avevo paura di morire, di avere un male incurabile, di non riuscire a guarire.

Ero diventata ipocondriaca, ovviamente non ne avevo consapevolezza fino a quando un attacco di panico non mi fece finire in ospedale.

 

 

Bianca Sannino, docente appassionata nella scuola statale italiana, vive e insegna a Portici da più di vent’anni. Dopo aver attraversato perigliosi mari in vari ambiti e settori ed essersi dedicata alla redazione di libri saggistici e specifici del settore dell’insegnamento, esordisce oggi nel genere novellistico.

Due lauree, corsi di specializzazione, master non sono bastati a spegnere la sua continua, vulcanica e poliedrica ricerca della verità. 

Da sempre, le sue parole che profumano di vita e di umanità, arricchite dalla sua esperienza e sensibilità, restituiscono delicati attimi di leggerezza frammisti a momenti di profonda riflessione.

 

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8 pensieri riguardo “La Novella, Gabriella

  • Cio che colpisce nei suoi racconti é la capacita di cogliere il senso di un esistenza sintetizzandolo in poche righe.
    Complimenti e grazie per quest altro regalo.

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    • Questa bella galleria di ritratti si arricchisce di un’altra figura, plasmata dalla storia di una famiglia sconvolta dalla presenza di un componente fragile che catalizza le attenzioni della madre. Quanti dolori sotto un unico tetto! BRAVISSIMA E CORAGGIOSA, Bianca, ad affrontare un tema tanto forte!

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  • Anche questo racconto mi ha profondamente emozionata… bravissima!

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    • Cristina Baratta

      Mi vien da chiedere:
      “Ma è forse un’autobiografia?”
      Tanto è perfetta la descrizione che ho l’impressione di viverli io quegli attimi di solitudine, quasi emarginazione.
      Complimenti per queste pillole di vita che la scrittrice porticese ci propone!

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  • Grazie a tutte per i commenti, sono davvero molto gentili

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  • Gabriella, divenuta “prima della classe” per implorare amore, per farsi notare, per dire ” ci sono anch’ io” ad una mamma e ad un papà troppo presi a curare l’ altra figlia disabile. Quante tematiche, la solitudine, il vuoto, il dolore, la malattia dell’ anima, il panico, ma Gabriella è forte, corre veloce sui binari della vita e costruisce e si realizza. Ipotizzando un seguito Gabriella conoscerà le doti dell’ accettazione e del perdono e ringrazierà quella sorella malata, i suoi genitori e il panico per averle permesso di essere la donna che è, una donna che ha trasformato il dolore in forza e l’ oblio in sogno.
    Bravissima Bianca riesci ad appassionare e coinvolgere il lettore con un feedback emotivo molto forte complimenti davvero!

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    • Hai già letto il seguito? Adesso fai ingelosire gli altri lettori

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