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La Riflessione, Figlie di una nuova era

Le donne, sempre un passo avanti: Figlie di una nuova era, il libro di Carmen Korn

di Ettore Sannino

Figlie di una nuova era di Carmen Korn, Fazi editore, è un romanzo dalle molte facce.

La storia è uno spaccato della Germania tra le due guerre a cavallo tra il 1920 ed il 1945, verosimilmente raccontata da cinque donne. È la storia di una nazione alle prese con le conseguenze della grande guerra, dell’avvento del nazismo, della disfatta dell’ideologia hitleriana fino ad arrivare all’alba della ripresa economica, con l’ottimismo patriottico di guardare avanti consapevoli di potercela fare.

È la storia di cinque personaggi femminili ben calati nell’epoca, contraddittori, deboli, vinti, ma allo stesso tempo determinati, forti ed indomiti, anche se la loro forza è percepita maggiormente se confrontata con la debolezza di tutte le figure maschili del libro.

Se nelle donne si riscontrano alcune contraddizioni, rassegnazione, capacità di compromesso, raziocinio portato all’estremo, capacità di piegarsi senza mai spezzarsi, rassegnazione, fuga, fragilità, sentimenti intensi, anche se non sfociano mai in vere passioni, gli uomini sono poco convinti dei propri mezzi, capaci di grandi gesti , ma la cui forza, la cui capacità di sopravvivenza, la cui vita, è sempre dipendente dalla presenza di una donna appena più forte: come se fossero in balia di un destino capriccioso che decide per loro, capaci di ubriacarsi nel momento di svelare i loro sentimenti, e quando non c’è una moglie/compagna, una mamma torna sempre utile.

Nel momento in cui inizia la lettura, si ha la sensazione di essere incappati in qualcosa di già visto e sentito, uno stile narrativo senza grandi elementi innovativi, una trama consolidata e di facile effetto.

I tantissimi personaggi, con i quali capita poi di fare confusione quando ci si imbatte in loro nel corso della corposa storia, sono ben tratteggiati ma mai approfonditi, e si percepisce la mano leggera di chi scrive, la stessa mano leggera usata per descrivere una società dove invece e palese il contrasto di classe.

Mano leggera per descrivere il nazismo e le persecuzioni razziali, con la notte dei cristalli raccontata da dietro una finestra e le depravazioni della più atroce dittatura del mondo occidentale stemperate nelle vicende quotidiane dei protagonisti, che sebbene subiscano la loro neutralità al nazismo – ad eccezione di qualcuno che, per necessità narrative, deve soccombere – non trasmettono mai a pieno la sofferenza ed il dramma vissuto dal popolo tedesco, mentre il modo dilaniato dalla barbarie, non fa neanche da sfondo alla vicenda.

Ma la mano leggera è funzionale al racconto, l’attenzione alla trama, alle vicende dei personaggi consente di sviluppare il tessuto narrativo lungo le quasi cinquecento pagine.

La sensazione che ho provato nel corso della lettura è stata quella di entrare nella calda ed accogliente cucina di una nonna che da sempre prepara il pranzo della domenica alla stessa maniera, la pasta fresca stesa ad asciugare, pronta a ricevere il ragù che cuoce ormai da una decina di ore, gli odori ed i sapori di sempre, quelli di una volta, che potrai ritrovare sempre e solo là, ma non per questo insoddisfacenti. Anzi.

Il mondo della nonna è quello dei ricordi, delle cose un po’ trascurate della nostra infanzia, quando il nostro tempo era scandito da altre necessità ed altri ritmi di vita, quando non si era mai di fretta, quando dopo mangiato ci si sedeva accanto al fuoco e si ascoltavano i racconti dei nonni, a metà tra la nostalgia e l’immaginario. Dai nonni si va quando si è stanchi di correre, quando non si ha voglia dei piatti gourmet, del fast food, della pizza con la pasta lievitata  solo per poche ore, della paura di fare tardi, di mancare l’appuntamento, di non avere il bonus di produttività.

E questo è bello ed è bene. E questo romanzo è così, si legge praticamente d’un fiato, senza dover tornare indietro per capire meglio il senso nascosto di una frase, rileggere il pensiero, prendere appunti o annotare frasi che ci colpiscono.

Quella che colpisce è tutta la storia, una storia che ti prende, ti incuriosisce solo per vedere come va a finire, ruffiana oltre modo, ma innegabilmente ben architettata ed altrettanto ben scritta.

Una saga non familiare nel senso stretto della parola, bensì multifamiliare, con i gruppi che si intrecciano, che si incontrano, che straordinariamente si ritrovano uniti nonostante le individualità degli avvenimenti, affetti e legami che miracolosamente si ricompongono ma che con grande semplicità si scompongono e si separano.

E poi, il non plus ultra della ruffianeria, della furbizia, arrivi alla fine del libro e scopri che non c’è, il libro non finisce, c’è un continuo e ti rendi conto che non puoi rimanere a casa dei nonni a mangiare fettuccine al ragù, perché hai una vita da vivere, fuori c’è un mondo altro, ci sono altri bisogni letterari da soddisfare e che la vita continua anche senza questa gente che ha affollato la tua mente ed addormentato i tuoi pensieri.

Un racconto a metà tra il romanzo storico ed il poema epico, sebbene sia l’una che l’altra etichetta non si adattino. Un libro scoperto per caso, sicuramente, letto con piacere e finito con altrettanto piacere, ma con il disappunto di rischiare di essere incappato in una soap opera dalle troppe puntate.

E la cosa più sorprendente è che il libro, in fondo, mi è proprio piaciuto. In fondo ti cattura e, ancora più in fondo, parecchio più in fondo, si può leggere.

 

 

Ettore Sannino, nato a Napoli, vissuto a Portici, attualmente vive a Caserta. Neurochirugo, opera in ospedale. Lettore appassionato e scrittore fecondo, nel 2022 ha pubblicato il suo libro d’esordio, “Un possiile senso della vita, Graus Edizioni. una di racconti.

Dice di sé: Cresciuto scienziato in una famiglia di umanisti, mio nonno che era scultore e pittore diceva che ero incapace persino di fare la lettera “o” col bicchiere e se ne rammaricava.

Ma anche se non condivido assieme al suo nome il suo talento con pennello e scalpello, la mia passione è altrettanto artistica: scrivere, e mi accompagna dai tempi del liceo, quando qualsiasi tema in classe per me era l’occasione per un racconto, l’incipit di una storia. Perciò eccomi a voi, come sono, venendo dal nulla, pronto a tornare nel nulla e sperando di non essere nulla più che uno a cui piace scrivere

 

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