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La riflessione, Il secondo amore

Joseph Roth l’affabulatore: amore, ricordi e malinconia nel grande affresco del suo libro Il secondo amore

di Ettore Sannino

Una raccolta di novelle, racconti o storie che siano, segue, in linea di massima, un filo conduttore che le accomuna, permette loro di condividere un  tema comune, una sorta di appartenenza al percorso creativo di chi scrive.

Nel caso di Il secondo amore di Joseph Roth, Adelphi editore, il filo conduttore è molteplice ed eterogeneo.

Il titolo potrebbe facilmente indurre a pensare che il tema trattato sia l’amore, ma questa chiave di lettura è a dir poco riduttiva in quanto, sebbene l’amore sia un sentimento dalle molteplici facce e quindi in teoria avere capacità di inclusione di tutti i temi che accomunano questi racconti, di fatto non può ridurre ed avocare tutto a sé.

Bellissimo è lo spunto narrativo che da il titolo alla raccolta.

La volontà di tesaurizzare in un contesto a sé stante il ricordo del primo amore, per non accomunarlo ad altro e perché appartenente ad un mondo e ad un tempo di altri ricordi, coperti da una pudicizia ed una paura infantile che ne esclude la possibilità di rievocare, apre le porte al ricordo appunto del secondo amore.

Ed è qui che troviamo il primo elemento che accomuna tutti i racconti, che è il ricordo, anzi i ricordi, perché appartenenti a più persone, a più mondi, a più situazioni, diverse fra loro ed apparentemente senza analogie.

Da questa considerazione scaturisce la seconda analogia, che è la capacità affabulatoria di Roth di far nascere personaggi eterogenei, talvolta grotteschi, talaltra meschini oppure magici e perfino reali, ognuno di loro con il suo bagaglio materiale o immaginario di fantasie, di occasioni mancate o addirittura evitate, di fughe consolatorie o di assoluto bisogno di aderenza ad una realtà in qualche modo salvifica.

Al ricordo si affianca infine  il terzo elemento che accomuna la narrazione, la malinconia, perché la malinconia appartiene ad ogni individuo in quanto parte integrante dell’amore, quello perduto, oppure custodito nel cuore, oppure evaporato nel tempo e che quindi sfocia nel mondo dei ricordi ed a volte nella nostalgia.

In tutti i racconti colpisce la minuziosa descrizione dei luoghi, delle fisionomie, degli abiti, dei dettagli di ciascuno dei personaggi, ritratto di un epoca, dei suoi usi e dei suoi costumi.

 

Ma il potere affabulatorio dei racconti stempera i toni, mitiga i disagi, e rende tollerabile la coesistenza dei ricordi con il quotidiano e contemporaneamente fa sì che sia piacevole la lettura per chi si ritrova il libro tra le mani, dal momento che il tutto, ed è questo l’ultimo elemento comune, viene visto e raccontato con il giusto disincanto.

 

Ettore Sannino, nato a Napoli, vissuto a Portici, attualmente vive a Caserta. Neurochirugo, opera in ospedale. Scrittore appassionato e fecondo, ne 2022 ha pubblicato il suo libro d’esordio, “Un possiile senso della vita, Graus Edizioni. una di racconti.

Dice di sé: Cresciuto scienziato in una famiglia di umanisti, mio nonno che era scultore e pittore diceva che ero incapace persino di fare la lettera “o” col bicchiere e se ne rammaricava.

Ma anche se non condivido assieme al suo nome il suo talento con pennello e scalpello, la mia passione è altrettanto artistica: scrivere, e mi accompagna dai tempi del liceo, quando qualsiasi tema in classe per me era l’occasione per un racconto, l’incipit di una storia. Perciò eccomi a voi, come sono, venendo dal nulla, pronto a tornare nel nulla e sperando di non essere nulla più che uno a cui piace scrivere

 

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