Food - cibo

Pompeo Magno, la recensione culinaria

 di Renato Aiello

POMPEI (NA). Se in un luogo d’arte e bellezza come Pompei riesci a coniugare l’amore per l’antico e quello per la buona tavola, il viaggio e la visita per chi è di passaggio o per un semplice turista diventa un’esperienza unica e irripetibile.

Tutti conoscono gli Scavi e i tesori archeologici che tutto il mondo ci invidia, meno noto invece è un ristorante in città dall’offerta molto ricca, che nell’intenzione del suo chef, Vincenzo Del Sorbo, cerca di unire delicatamente i sapori, esaltando le eccellenze del territorio.

Si tratta di Pompeo Magno, situato in via Sant’Abbondio, un locale molto accogliente e di grande eleganza, non solo nei piatti del suo artista ai fornelli, ma già nei colori caldi delle sale, che richiamano alle pareti anche il classico rosso pompeiano.

Il locale, che è a conduzione familiare, parteciperà a breve con il suo giovane chef alla serata di solidarietà Cenando sotto un cielo diverso, cena benefica per i bambini dell’ospedale Santobono – Pausilipon prevista per il 3 dicembre al Tiberius, sempre nella città di Pompei.

Potrebbe essere già quella l’occasione per degustare alcune preparazioni di Del Sorbo, ma una sosta al Pompeo Magno è vivamente consigliata, anche perché facilmente raggiungibile in auto, con ampio parcheggio antistante, e a non molta distanza dalle stazioni ferroviarie Trenitalia e della Circumvesuviana.

L’antipasto è una piccola gioia per gli occhi nel menù di mare: arancino di pesce su vellutata di broccoli, un bacio di pane con ragù napoletano al suo interno e uno sgombro affumicato accompagnato da peperoncino verde di fiume che contrasta, con la sua croccantezza, il filetto morbido del pesce.

All’entrée segue il primo gioiello del menu: gamberoni leggermente scottati e adagiati in un brodetto di mare su un fondo cremoso di carciofi, funghi porcini, topinambur e pepe nero. Alla mineralità marina del crostaceo fa da contraltare la sapidità di terra dei funghi – accompagnati anche da sentori di tartufo , che si sposano alla perfezione con la polpa di carciofo e il sapore intenso del topinambur, tubero oggi sempre più adoperato in cucina e anche più presente al mercato.

I piatti di Vincenzo Del Sorbo, innaffiati da un’ottima Falanghina del Beneventano nel corso del pranzo, giocano fin subito sui contrasti tra elementi croccanti e morbidi, sui sapori di mare e monti che si mescolano e si “abbracciano” con un giro di cucchiaio. I prodotti sono lavorati, scomposti e assemblati, celando la notevole preparazione che c’è dietro e puntando direttamente al gusto genuino del nostro patrimonio culinario.

E non potrebbe essere altrimenti se ad un polpo, cotto alla brace e poi caramellato con aceto, miele e pepe – ingredienti che agli antichi romani non dispiacevano affatto, e sulla cucina pompeiana Del Sorbo dedicò una serata a suo tempo –, si affiancano gocce di crema di tarallo: la tradizione napoletana dei taralli che incontra il mare, valorizzato da carote, arance, rape rosse, una crema bianca d’aglio e una alle olive nere e acciughe.

Anche i primi non fanno eccezione ai binomi terra/mare, tradizione/innovazione, uniti in un matrimonio di sapori: la pasta mista con le cozze è posata su una vellutata di zucchine e bottarga – accostamento vincente e convincente -, mentre il risotto ai gamberi mantecato con salsa di arance su crema di origano, mandorle tostate, acciughe e una punta di salsa di soia, avvicina Oriente e Occidente, e alla vista ricorda quasi un quadro di Pollock.

La cottura della ricciola poi, brasata e distesa su una vellutata di melanzane e salsa di miele e olio, conferma le aspettative sulla portata, con la piacevole sorpresa del ravanello cucinato a vapore con farina e del broccoletto croccante.

L’offerta dei dessert è notevole, e denota un talento spiccato anche per i dolci: il trittico composto da babà al rum con lampone, biscotto wafer con onde di cioccolato bianco e la cupoletta di fondente e nocciole con crema di pistacchio all’interno, sormontata a sua volta da una granella di melograno simile al caviale, pulisce il palato in una coccola finale.

Stupiscono la creme brulèe al caffè e la mousse spumata alla liquirizia, e le meraviglie col Natale alle porte si avvicinano, attraverso la riproposizione della pastiera cotta nel forno a legna per le feste. Vincenzo Del Sorbo è uno chef da tenere d’occhio, e il suo ristorante rappresenta una meta imperdibile nella città delle rovine archeologiche più famose al mondo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *