Società

Figli di Portici famosi: Raffaello Morghen

di Stanislao Scognamiglio

Si sente spesso parlare di personaggi porticesi per nascita o d’elezione dei quali si sta perdendo la memoria … Ritengo perciò doveroso ravvivarne memoria fornendo un breve profilo biografico tratto dal mio inedito Diario; avvenimenti, cose, fenomeni, uomini, vicende.  Portici e Vesuvio dalle origini a oggi, con il conforto di Autori di ogni tempo.

Raffaello Giovanni Antonio Guglielmo Morghen è nato a Portici, il 14 giugno 1761, dal nobile fiorentino Filippo Morghen e da Rosa Liani Magna.

Il neonato è stato battezzato, «… nello stesso giorno nella Chiesa Parrocchiale di Santa Maria della Natività della R. Villa di Portici, essendo Parroco D. Giuseppe Moscatelli». Il bambino per aspersione con l’acqua lustrale è stato «… accompagnato al fonte battesimale, dalla madrina, la levatrice Giovanna Esposito».

Sin da ragazzo, ha mostrato subito una predisposizione per il disegno artistico. Quindi, per seguire la sua inclinazione artistica, è stato allievo del padre Filippo Morghen e dello zio Giovanni Elia Morghen. Sotto la loro direzione, si è dedicato soprattutto a riprodurre paesaggi e si è applicato nell’arte dell’intaglio.

Nel 1779, per approfondire le sue conoscenze, sviluppare le sue doti e affinare le tecniche, si è recato poi a Roma. Nella città dei papi, protetto dall’ambasciatore veneto Girolamo Zulian (1730 – 1795), appassionato d’arte, frequenta la casa e lo studio di Giovanni Volpato, uno dei più famosi incisori del tempo, il quale subito ha intuito le eccezionali doti del giovane discepolo.

Nel 1779, ha conosciuto lo scultore Antonio Canova, con il quale ha conteso in amore per Domenica Volpato, la giovane e bella figlia del suo maestro.

Nel 1790, è tornato temporaneamente a Napoli per visitare i congiunti. Nella capitale borbonica, di fatti, si trattiene per un breve periodo.

Nel 1792, dalla corte borbonica ha ricevuto la proposta «… di incidere i capolavori farnesiani conservati nel palazzo di Capodimonte a Napoli, lavoro per il quale avrebbe beneficiato di una pensione di 600 ducati annui, ai quali si sarebbe aggiunta un’ulteriore somma di denaro per ogni quadro riprodotto, una sorta di premio da stabilirsi di volta in volta dai direttori della stessa galleria che avrebbero dato all’artista anche indicazioni precise sui soggetti e addirittura sul metodo da utilizzare nell’eseguire le incisioni». Ritenendo troppo restrittive tali condizioni, ha optato di trasferirsi a Firenze, per lavorare «… alla corte del granduca Ferdinando III di Toscana , il quale con un rescritto del 9 gennaio 1793 gli accordò una pensione di 400 scudi annui più la possibilità di scegliersi un’abitazione nel centro cittadino, con il solo obbligo di stabilire una scuola d’incisione».

Così, dal 1° maggio successivo, è a Firenze, dove è stato anche nominato «… profess. de gravure à l’acadèmie des beaux-arts». Nella città gigliata, vive «… perfezionando intanto la sua arte, e pervenendo a notevoli successi e riconoscimenti».

Ormai celebre incisore in rame, con una tecnica «straordinaria ed elegante», accoppiando «… all’esimio valore nel disegno, all’espressione grandissima e convenientemente variata secondo i soggetti che prendeva a rappresentare e gli originali dai quali li traeva, ed alla perfetta cognizione e ragionata applicazione di tutti i mezzi pratici della propria arte», una singolare operosità, con il bulino ha realizzato circa 300 fogli. Sono tutti perfette copie dei capolavori dipinti su tela dai grandi maestri della pittura italiana, specie del Rinascimento, tra i quali si ricordano: «fra le sue stampe di maggiore dimensione, la cena, di Leonardo: il Cavallo, di Vandik, copiato da uno di quelli della razza Colonna, appartenente al principe Rospigliosi; la Trasfigurazione, di Raffaello: l’Aurora, di Guido: il Riposo in Egitto, ed il Tempo, di Poussin: La madonna del Sacco, di Andrea del Sarto, la caccia di Diana, del Domenichino: il Parnaso ed il Presepio, di Mengs. Fra quelli poi di grandezza minore, la Madonna della Seggiola e la Giurisprudenza, di Raffaello: la Madonna e il bambino, di Tiziano: i ritratti dei quattro padri della letteratura italiana, e quelli della Fornarina, di Bindo Altoviti, di Leonardo, di Volpato, e del Turchi».

Nel 1807, ha ottenuto la vera e propria consacrazione dell’eccellenza della sua arte, allorquando ha eseguito il ritratto di Napoleone Bonaparte, su disegno del pittore lucchese Stefano Toffanelli (1750 – 1812). L’incisione, destinata a corredare le edizioni in francese del Codice napoleonico di Firenze, Pisa e Venezia, è riuscita particolarmente gradita all’imperatore dei Francesi.

Oltre alle cospicue ricompense in denaro, dall’imperatore gli è stato conferito «il cavalierato dell’Ordine della Riunione, e le nomine a membro dell’Accademia Italiana di scienze, lettere ed arti e dell’Istituto nazionale di Francia».

Raffaello Giovanni Antonio Guglielmo Morghen «… il principe de’ calcografi», all’età di settantasei anni, pone fine alla sua vita terrena in Firenze, l’8 aprile 1833.

Il suo cadavere viene sepolto nella chiesa di San Martino a Montughi.

Portici, lo ricorda alle future generazioni:

  • con una piccola lapide.

La lastra di marmo bianco, fatta murare alla parete accosta al portone orientale, nell’angolo della piazza di palazzo reale dal lato di Resina, reca la seguente iscrizione:

IL 14 GIUGNO 1761 QUI NACQUE RAFFAELE MORGHEN PRINCIPE FRA I CAPISCUOLA DELLA ITALIANA CALCOGRAFIA

  • con l’intitolazione al suo nome della «Scuola Tecnica Inferiore».

A Firenze, invece, dove ha trascorso la maggior parte della sua vita, nel 1854, gli amici e gli allievi fiorentini gli erigono un più degno monumento funerario. Eseguita dallo scultore romano Odoardo Fantacchiotti (1811 – 1877), l’opera adorna l’altare posto nella navata sinistra della basilica di Santa Croce. Annoverandolo «… uno dei simboli dell’eccellenza dell’arte italiana», sulla pietra hanno fatto incidere la seguente epigrafe:

A RAFFAELLO MORGHEN PRINCIPE DEGL’INCISORI DELL’ETA’ SUA NAPOLI II XIX GIU. MDCCLVIII IN FIRENZE GLI VIII APR. MDCCCXXXIII. I DISCEPOLI E ALCUNI AMMIRATORI COMPIENDO UN VOTO INTERROTTO DAI TEMPI INFELICI PER LE ARTI BELLEPOSERO NEL MDCCCLIV Q. M. A TESTIMONIANZA D’AFFETTO NON A COMMENDAZIONE DEL NOME SCRITTO GIA’ DALLA STORIA FRA I PIU’ GRANDI DEL SECOLO

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2 pensieri riguardo “Figli di Portici famosi: Raffaello Morghen

  • Federico

    La moglie di Filippo Morghen si chiamava Rosa LIANI (non Siani) ed era figlia del pittore di corte, Ferdinando Liani. Occhio alle trascrizioni scorrette.

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    • stanislao

      Preg.mo Sig. Federico
      la ringraziamo per l’attenzione prestataci e per l’incisiva correttissima precisazione; ma, soprattutto, per il suo poco indulgente suggerimento.
      Stanislao Scognamiglio

      Rispondi

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