Cultura

Real Sito di Portici: l’Orto Botanico della Reggia

La consueta passeggiata domenicale nel Real Sito di Portici: accompagnati dal nostro autore visitiamo l’Orto Botanico della Reggia 

di Lucio Sandon

Il cuore del Real Sito di Portici è costituito dalla Reggia. Il cuore del Palazzo Reale ha forma di un piazzale quadrato attraversato dalla Regia Strada delle Calabrie: verso il mare vi è l’entrata agli appartamenti reali, mentre dal lato del Vesuvio ci si inoltra nel Bosco Superiore passando per l’Orto Botanico, ora noto come Orto botanico del Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II.

All’ingresso del Parco si passa per il cosiddetto Giardino all’inglese o della Regina, di forma regolare e attraversato da quattro vialetti decorati con antichi vasi in terracotta, al cui centro spicca la fontana delle Sirene, con una statua proveniente dagli scavi di Ercolano e popolata di pesci, ninfee e altre piante acquatiche. Da qui attraverso una gradevole scalinata e un bel portale sorvegliato da due sfingi, si accede alla parte posteriore del giardino botanico.

Istituito nel 1872 insieme alla Reale Scuola Superiore di Agricoltura, l’Orto Botanico si sviluppa sui preesistenti giardini del parco della Reggia di Portici fatta costruire da re Carlo di Borbone nella prima metà del XVIII secolo, che prevedeva due giardini ornamentali di diversa ampiezza con l’impianto di agrumi. .

Nel 1871, entrato nella disponibilità patrimoniale dei Savoia, l’intero complesso fu venduto alla Provincia di Napoli che lo destinò all’alta formazione agraria.

La trasformazione dei giardini della Reggia in Orto Botanico si deve a Nicola Antonio Pedicino, primo professore di Botanica della scuola, che intervenne su un’area di circa  novemila metri quadrati adattandola ai nuovi scopi scientifici e didattici. Nella sua parte più grande, nota come Giardino Superiore, vennero collocate piante perenni mentre in una più piccola, il Giardino Segreto o Soprano, piante annuali e da studio.

La successiva direzione di Orazio Comes impresse all’Orto un carattere di maggiore sperimentazione agraria con la coltivazione di diverse varietà di tabacco.

Nel 1920 nasceva anche l’Orto Patologico, recuperando un’area precedentemente attribuita alla Stazione sperimentale per le malattie del bestiame.

Negli anni trenta del secolo scorso un rinnovato interesse per il complesso botanico si concretizzava nell’ampliamento delle collezioni esistenti specialmente con l’acquisizione di varietà esotiche provenienti dall’Orto botanico di Palermo.

L’opera di sistemazione e arricchimento fu però interrotta nel 1943 a causa degli eventi bellici. L’occupazione della Reggia e del parco da parte delle truppe alleate ebbe conseguenze devastanti, con la distruzione di molte piante ed impianti in seguito al passaggio e allo stazionamento di mezzi pesanti.

Nel 1948 venne avviata la ricostruzione e con l’ampliamento della superficie a ventimila metri quadrati, la realizzazione di tre aree distinte, un felceto, un palmeto e una serra per le piante succulente. Le serre sono praticamente addossate alla parte posteriore del grande muraglione rivolto verso il mare che completa l’anfiteatro a tre ordini di scale fatto costruire da Ferdinando IV per il gioco del pallone.

I giardini attualmente contengono oltre quattromila esemplari di specie botaniche: palme, felci, conifere, piante carnivore e piante commestibili e medicinali, così come una serra di circa mille metri quadri riscaldata per le piante grasse.

La più importante collezione dell’Orto è però rappresentata da piante del deserto, che comprendono oltre seicento specie di agavaceae, aizoaceae, cactaceae, didiereaceae ed euphorbiaceae. Di particolare interesse sono Gymnocalycium, Mammillaria e Rhipsalis, Alluaudia, Aloe e Kalanchoe dal Sudafrica e Madagascar ed esemplari notevoli di Welwitschia mirabilis dal deserto del Sudafrica.

La Welwitschia mirabilis viene definita come la pianta più straordinaria del mondo: le sue caratteristiche morfologiche e anatomiche non trovano riscontro in nessuna altra specie vegetale, destando lo stupore in naturalisti e gente comune. Si tratta in effetti di un vero e proprio fossile vivente: un relitto dell’era giurassica quando le gimnosperme dominavano la flora della terra, mentre attualmente la Welwitschia vive solo nel deserto della Namibia, uno dei più aridi del mondo.

Viene chiamata anche Il Polpo del deserto, ma è un albero vero e proprio anche se sembra un cespuglio e tra le sue foglie trovano riparo i pochi esseri viventi che sopravvivono a quelle condizioni limite: insetti, rettili e piccoli roditori, mentre le sue larghe foglie servono per nutrire e dissetare gazzelle, antilopi e rinoceronti.

La pianta ha un aspetto mostruoso e caotico, ma perfettamente adatto ai luoghi in cui vive, e può arrivare all’età di due millenni. infatti nella lingua locale viene detta “le foglie che non possono morire”. In Italia il primo esemplare è stato fatto ambientare proprio nell’Orto Botanico di Portici.

 

Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio.

Notevole è il suo penultimo romanzo, “La Macchina Anatomica”, Graus Editore, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario veterinario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal suo ultimo romanzo “Cuore di ragno”, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto Cuori sui generis” 2019.

Sempre nel 2019,  il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritatola Segnalazione Speciale della Giuria  nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci – Città di Roma. Inoltre, il racconto “Interrogazione di Storia”  è risultato vincitore per la Sezione Narrativa/Autori al Premio Letizia Isaia 2109. Nel 2020 il libro “Cuore di Ragno” è stato premiato come Miglior romanzo storico al prestigioso XI Concorso Letterario Grottammare.

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