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Tutti a scuola! O no?

Il nostro medico Carlo Alfaro  affronta il tema caldo di questi giorni: la riapertura della scuola.

Il dottor Alfaro è Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, componente  della Consulta Sanità del Comune di Sorrento, Consigliere Nazionale di SIMA e Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientifico-culturale 

Si avvicina inesorabilmente il 14 settembre, data al tempo stesso agognata e temuta  della riapertura delle scuole italiane, ma le incertezze non accennano a schiarirsi, con l’incombenza dell’aumento costante dei contagi da nuovo Coronavirus.

Le scelte finali dipenderanno dalla curva dell’epidemia, per cui sono da considerarsi, fino al 31 agosto, ancora “in corso” i lavori del governo e del Comitato tecnico scientifico. Il più grande timore è quello di aprire le scuole e poi doverle richiudere, come è accaduto in North Carolina, dove l’Università ha registrato 130 contagiati appena sette giorni dopo la riapertura ed è stata costretta di nuovo a chiudere tutto.

Walter Ricciardi, consigliere del Ministro della Salute Roberto Speranza, ha sottolineato che se nei prossimi giorni il numero dei contagi dovesse continuare a crescere, è ipotizzabile che le scuole non riaprano a settembre.

Tale possibilità appare angosciante per le famiglie, duramente provata dalle difficoltà di gestione della didattica a distanza. Non solo i genitori che lavorano, ma tutti trovano non adeguato continuare a sostituirsi agli insegnanti – nel caso soprattutto dei bambini della scuola primaria – non avendone competenze e autorità. Taluni avvertono la necessità di ricorrere a figure alternative (educatori o insegnanti privati) se dovesse continuare l’esperienza della didattica on line, per non sottoporre i ragazzi, oltre alla alienazione per l’isolamento sociale, anche a un irrecuperabile vuoto culturale e gap degli apprendimenti.

Oltretutto, è la perplessità più ricorrente, sarebbe molto più opportuno usufruire di un impianto didattico on line preventivamente pianificato piuttosto che ricorrere a una didattica a distanza fatta con emergenza e approssimazione dopo avere dovuto richiudere la scuola in caso di necessità.

Purtroppo, l’apertura in sicurezza delle classi è inficiata dalle carenze di banchi, spazi, distanze, personale: tutte lacune che non potranno essere colmate nei pochi giorni che mancano al fatidico 14 settembre. Certamente non ci saranno banchi monoposto disponibili per tutti gli alunni sin dall’inizio: i primi arriveranno a partire dall’8 settembre. Inoltre la distanza di 1 metro tra gli alunni non potrà essere sempre garantita nelle aule: le aule stesse non basteranno per il numero ridotto di alunni previsto per classe, per cui i dirigenti scolastici dovranno reperire spazi alternativi per la didattica (palestre, oratori, teatri, cinema): laddove la ricerca fosse infruttuosa si utilizzeranno tensostrutture.

In mancanza di distanziamento sufficiente e di banchi monoposto, il Comitato tecnico-scientifico consente di derogare al metro di distanza, se si tiene la mascherina tutto il tempo. Dunque, al di sopra dei 6 anni gli studenti dovranno usare sempre la mascherina in classe: sarà abbassata solo durante una interrogazione, a mensa o mentre si fa ginnastica. A disposizione di studenti e personale verranno distribuiti ogni giorno 11 milioni di mascherine e 170mila litri di gel igienizzante la settimana.

Un’altra preoccupazione riguarda cosa accade se in classe c’è un caso sospetto. La fake new secondo cui il protocollo di sicurezza per la riapertura delle scuole avrebbe previsto l’isolamento e la sottrazione alle famiglie degli studenti con sintomatologia sospetta insorta a scuola, per cui il bambino sarebbe stato affidato all’autorità sanitaria impedendo ai genitori di vederlo, rimbalzando tra chat Whatsapp e condivisioni Facebook, ha scatenato un panico generalizzato nei genitori. Ne è derivata una inutile catena di post su Facebook in cui i genitori copiano e incollano la dichiarazione: “Il 14 settembre non autorizzo a isolare o prelevare mio figlio da scuola in mia assenza se dovesse presentare improvvisamente febbre”.

In realtà, le linee guida non prevedono affatto quello che si è paventato, e in ogni caso un post sui social non ha alcuna validità per concedere o negare alcun tipo di autorizzazione. Il protocollo di sicurezza prevede che se un bambino sta male in classe vada immediatamente isolato e si debba provvedere quanto prima possibile al ritorno al proprio domicilio e ad attivare i necessari protocolli sanitari per la sicurezza di tutti. All’uopo, in ogni istituto scolastico deve esserci un referente formato per la gestione dei casi e un locale interno adibito esclusivamente all’accoglienza degli eventuali sospetti di Covid-19.

ll Ministero della Salute intanto starebbe studiando insieme alle Regioni e alle Asl la possibilità di rendere disponibili nelle scuole test molecolari immediati come quelli utilizzati negli aeroporti per chi torna da Paesi considerati a rischio. Se il sospetto viene confermato, la classe si chiude per 14 giorni passando alla didattica a distanza, e tutti i contatti stretti vengono tamponati. Saranno comunque le famiglie a doversi impegnare a sorvegliare i figli a casa e a non mandarli a scuola in caso di sintomatologia respiratoria o di temperatura corporea superiore ai 37.5 gradi.

L’importante sarà non vedere anche in Italia scene come quelle fotografate nelle scuole cinesi, bambini isolati in gabbie di plexiglas o con cappelli con un metro infilato dentro per conteggiare esattamente la distanza da mantenere dagli altri.

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Come ultima considerazione sulla questione del rientro a scuola, va considerato che non è nemmeno certo che la chiusura delle scuole sia davvero utile al controllo dell’epidemia da SARS-CoV-2: uno studio del Lancet Child & Adolescent Health journal ricorda che le chiusure scolastiche non hanno contribuito al controllo dell’epidemia di SARS in Cina, Hong Kong e Singapore nel 2003 e conclude che avrebbero un impatto marginale per arginare i contagi anche nel caso del Covid-19, a fronte di un impatto devastante sui bambini e ragazzi, soprattutto per quelli più svantaggiati.

 

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