Culturateatro

Ultimo week end per Parenti Serpenti al Teatro Augusteo con Lello Arena

di Renato Aiello

NAPOLI.  La commedia di Carmine Amoroso, già conosciuta per la famosa versione cinematografica di Mario Monicelli, è al Teatro Augusteo fino al 21 gennaio, dopo essere stata messa in scena l’anno scorso a gennaio 2017, proprio di questi tempi, già al Cilea.

Ancora pochi giorni quindi, in questo penultimo weekend del mese, per vedere “Parenti Serpenti”, diretto da Luciano Melchionna, il creatore di Dignità Autonome di Prostituzione, che dopo aver registrato grande successo di applausi in tutta Italia, ha avuto anche vari riconoscimenti, vincendo il premio come miglior spettacolo al Festival di Borgio Verezzi 2016.

Arena è voce narrante, testimone involontario dello scempio finale e quasi voce della coscienza familiare, se ancora ne fosse rimasta ancora una nella famiglia italiana, mito sempre più scardinato e picconato dall’ironia, luogo principe di ipocrisie e falsità.

La storia è abbastanza nota, e racconta l’arrivo alla casa paterna dei figli sparsi per l’Italia in occasione delle feste del Natale. Un Natale in famiglia, nel paesino d’origine, come ogni anno da tanti anni. Un Natale pieno di ricordi e di regali da scambiare, in questo rito stanco che resta l’unico appiglio possibile per tentare di ravviare i legami famigliari, come il fuoco del braciere che i genitori anziani usano, ancora oggi, per scaldare la casa: un braciere pericoloso ma rassicurante come tutte le abitudini e le tradizioni.

Assenti stavolta i nipoti, adolescenti in fuga dal nido degli affetti come segno dei tempi che cambiano nel nostro paese -, e in particolare il bambino che narrava gli eventi, il punto di vista qui grava tutto sulle spalle forti di Lello Arena.

Capace di passare in un attimo dalla malinconia nostalgica e un po’ naif alla comicità classica, dall’ingenuità un po’ infantile della terza età agli scatti irascibili, si placa solo di fronte agli ordini della mitica Nonna Trieste nella scena della divisa da carabiniere (una straordinaria Giorgia Trasselli è la moglie di Saverio, dall’accento ciociaro abruzzese irresistibile), perché da sempre lui è “uso a obbedir tacendo”.

Seduti a tavola per il pranzo di Natale, agli ingrati figli tocca sentire le prediche e la proposta indecente dell’anziana matriarca: trasferirsi da uno di loro a sorte per trascorrere gli ultimi anni di vecchiaia in compagnia, con in palio metà della pensione e la casa d’infanzia intestata.

Tra litigi, osservazioni politiche sintonizzate sui nostri gIorni (migranti e Berlusconi, Forza Italia e la nuova televisione dei talent show e del trash), coming out esilaranti, ripicche e rinfacciamenti, si consuma l’epilogo tragicomico: una fuga di gas che arriva fino in platea tra luci accecanti e il ballo funesto di capodanno, mentre i due vecchietti “riposano in pace” nella casetta rotante che ricorda vagamente un presepe natività senza vetro, bella intuizione scenografica.

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