Società

Quel 10 maggio di trent’anni fa

di Francesco De Crescenzo

«La storia ha voluto una data»: così c’era scritto su uno dei tanti striscioni esposti alla Stadio San Paolo quel giorno. Era il 10 maggio del 1987, esattamente trent’anni fa. Quanta nostalgia e quanti bei ricordi: la S.S.C. Napoli si laureava per la prima volta, in sessant’anni di vita, Campione d’Italia.

Il Napoli entrava così meritatamente nella storia del calcio italiano, ma per noi napoletani non era solo questo, rappresentava molto di più: era una rivincita morale nei confronti dell’Italia tutta, calcistica e non. Rappresentava il rilancio di Napoli, era la dimostrazione che potevamo farcela.

Si perché quello scudetto era stato vinto non solo sul campo e non solo contro le squadre che erano state affrontate di volta in volta, ma anche e soprattutto contro lo strapotere del nord, contro gli arbitri, contro gli intrighi di palazzo.

Di quel giorno ricordo ogni momento, come se fosse stato ieri, l’attesa spasmodica del pre-partita, la sofferenza durante la gara, che ascoltai alla radio – all’epoca non c’erano le paytv  – perché non ero riuscito a procurami un biglietto per lo stadio.

Dal gol del vantaggio del Napoli, nato da uno spunto del solito Maradona e finalizzato da Andrea Carnevale dopo un assist di tacco di Bruno Giordano.
Al pari della Fiorentina, realizzato su calcio piazzato dall’allora astro nascente Roberto Baggio.

Dopo poco o nulla, l’attesa per quel triplice fischio era spasmodica …
Intanto dagli altri stadi arrivavano notizie favorevoli, come la sconfitta dell’Internazionale, diretta antagonista del Napoli.

Poi finalmente alle 17.47 l’arbitro Luigi Pairetto mise fine alla gara.

La città era tutta azzurra, vestita a festa da bandiere e striscioni, dove appunto la fantasia dei napoletani aveva avuto libero sfogo.

Non a caso all’inizio di questo breve racconto ne ho citato uno, che secondo me è tra i più significativi di quel giorno, atto a sottolineare la coincidenza con l’ingresso a Napoli, lo stesso giorno ma del 1734, di Carlo III di Borbone che fece di Napoli Capitale di un regno autonomo e indipendente.

Il 10 maggio, quindi, giorno di gioie per i napoletani, prima Capitale di un Regno poi capitale del Calcio, 10 come il numero di maglia del suo calciatore più rappresentativo, il più forte e mai dimenticato Diego Armando Maradona.

Nulla guastò quella festa, nemmeno il pareggio interno con la Fiorentina, persino i tg nazionali dovettero sottolineare che durante i festeggiamenti del post gara non si registrarono particolari incidenti, notizie di furti, rapine e quant’altro: tutti dovettero riconoscere la grandezza di una città tornata ad essere, anche se per un giorno, Capitale.

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