Società

Covid-19, cosa sta succedendo

Il nostro medico Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, a che punto è la diffusione del contagio da Covid-19 

L’epidemia di Covid-19 è in piena espansione nel mondo, con incremento esponenziale di nuovi casi. Tuttavia, pur registrando da 2 a 3 volte più casi rispetto al picco di aprile, si verificano 5 volte meno decessi, perché i casi vengono diagnosticati soprattutto in giovani e in fasi asintomatiche o quasi.

L’Ecdc (Centro europeo per le malattie) ha pubblicato una “mappa a colori” degli Stati Ue con i livelli di rischio, in base al tasso di notifica, da rosso a verde: l’Italia è arancione (rischio intermedio), mentre sono in rosso ad esempio Francia, Spagna, Regno Unito, Paesi dell’Est.

Tuttavia, anche in Italia, il rischio di una nuova emergenza Covid-19 esiste, e sono tanti i campanelli di allarme: crescono i focolai attivi sul territorio nazionale e l’indice di trasmissione (Rt), in tutte le Regioni aumenta progressivamente settimana dopo settimana il numero di casi, aumentano i casi sintomatici, i ricoveri in area medica e anche nelle terapie subintensive e intensive (con casi numericamente minori della prima fase della pandemia, ma con lo stesso livello di gravità) ed è costante, anche se lento, l’incremento dei decessi (soprattutto le persone anziane con comorbilità).

Esemplificativi di questo allarme i dati del bollettino del monitoraggio quotidiano a cura del Ministero della Salute del 22 ottobre 2020: cifra record di 16.079 nuovi casi e 136 decessi in un giorno, 637 ricoveri in più in regime ordinario (9.694 totali) e 66 in più in terapia intensiva (992 in tutto).

Risultano positivi il 9,4% dei tamponi effettuati. In totale, dall’inizio dell’epidemia, l’Italia annovera la cifra impensabile di 465.726 i casi totali di contagio e 36.968 morti. Rispetto alla prima ondata, in cui l’epidemia era circoscritta ad alcune Regioni, ora il virus è distribuito su tutto il territorio nazionale, anche se le Regioni che registrano il maggior numero di nuovo casi sono Lombardia, Piemonte, Campania, Veneto, Lazio, Toscana.

La stragrande maggioranza dei nuovi casi attualmente si verifica in ambito familiare, ma l’Inail comunica che, con l’aumento dei casi a settembre, sono aumentati anche i contagi sul lavoro, di cui il 70% nei comparti sanità e sociale.

La morte di due medici per Covid-19, un medico di famiglia del napoletano e un otorino a Roma, che porta a 181 il bilancio totale dei decessi tra i camici bianchi in Italia a causa della pandemia, segna drammaticamente il pieno inizio della tanto temuta seconda fase pandemica, dopo la pausa del periodo estivo.

L’Istituto Superiore di Sanità nell’ultimo report ammette che si sta assistendo a una accelerazione nella evoluzione dell’epidemia, ormai entrata in una fase acuta che rischia di diventare critica. La curva attuale è quella classica della “salita della campana”, con un tempo di raddoppio settimanale.

Il report della Fondazione Gimbe relativo alla settimana 14-20 ottobre, rispetto alla precedente, mostra un evidente peggioramento di tutti i parametri dell’epidemia, con raddoppio dei nuovi casi (a livello nazionale l’incremento percentuale dei casi totali è del 18,9%, con variazioni regionali che oscillano dal 7,8% della Provincia Autonoma di Trento al 44,9% della Campania), aumento del rapporto positivi/casi testati dal 7% al 10,9% (il che documenta un incremento reale, non dovuto solo all’aumento dei tamponi, e supera di molto il 4% prescritto dall’Oms per una situazione “sicura”); ovviamente il trend di crescita dei contagi si riflette su quello che è poi il dato più preoccupante e cioè il numero dei pazienti ricoverati con sintomi, di quelli in terapia intensiva, con progressivo aumento della letalità.

La dinamica già studiata dell’epidemia mostra infatti che il progressivo incremento dei casi, dopo un mese, determina aumento di pazienti ospedalizzati con sintomi e in terapia intensiva, e dopo 2 mesi, inizia a far aumentare anche i decessi.

Per quanto riguarda le condizioni cliniche dei casi attuali, il 75% viene diagnosticata attraverso pratiche di screening e tracing, il 25% perché sintomatica. Dei sintomatici, il 90% circa presenta quadri lievi e autolimitanti.

La letalità dell’attuale picco epidemico è molto inferiore di quella osservata in primavera anche se sono rimasti uguali i fattori di rischio ad essa legati (età media dei deceduti intorno agli 80 anni, comorbidità nel 95% dei deceduti).

Per adesso, i servizi sanitari assistenziali non mostrano segni di sovraccarico pericoloso ai fini della garanzia dell’assistenza, ma il timore è quando, con l’arrivo dell’epidemia di influenza stagionale, la pressione aumenterà notevolmente.

Fortunatamente, nei mesi post lockdown, il numero dei posti letto in Terapia intensiva a livello nazionale è stato implementato e, secondo le stime, gli ospedali su tutto il territorio nazionale dovrebbero potenzialmente poter disporre di circa 11.000 posti letto, pari a circa il 115% in più rispetto al passato; ma questo aumento è meno sensibile nelle Regioni del Sud.

La Campania in particolare ha purtroppo il record negativo tra le Regioni italiane di appena 7,3 posti letto per 100 mila abitanti. Si considera che se si arriva alla soglia del 30% di posti letti occupati da pazienti Covid, diventa più difficile trovare un posto per ricevere le cure. Al 20 ottobre, secondo il Ministero per i Rapporti con il Parlamento, il tasso di occupazione dei posti di terapia intensiva in Italia da parte dei pazienti Covid è del 10,49% (870 pazienti su 8.288 posti letto totali).

La grande paura è che la crisi sanitaria possa degenerare al punto di rendere necessario un nuovo lockdown totale a livello nazionale, che recluda gli Italiani nelle proprie abitazioni, come accaduto a marzo e aprile scorsi, per gli effetti catastrofici che avrebbe sulle economie e anche sulla salute pubblica, a breve e lungo periodo, quali tassi di vaccinazione infantile più bassi, trascuratezza di altre patologie come le malattie cardiovascolari, il cancro, le malattie mentali, tutte le malattie croniche. Cittadinanzattiva ha denunciato, nell’ultimo Rapporto nazionale, che la crisi Covid ha significato, per persone con malattie croniche e rare, perdita di visite, esami o interventi, difficoltà a contattare gli specialisti e i centri di riferimento, senso di abbandono e di incertezza. Sono più auspicabili, semmai servissero, dei lockdown locali temporanei da parte delle Regioni e dei Comuni, il cosiddetto “scenario 3”, che prevede chiusura di attività sociali/culturali/sportive e delle scuole (lo “scenario 4” è il lockdown totale). E, notizia dell’ultima ora, la Campania pare proprio che ricorrerà a questa misura.

Un nuovo lockdown avrebbe anche un impatto terribile sul versante psicologico. La pandemia, come tutte le grandi crisi, ha messo in luce la vulnerabilità degli individui ponendo una sfida adattiva per la resilienza: quasi 1 italiano su 2 (il 46%) ha avvertito un deterioramento del proprio stato di salute psicologica a causa del Covid-19, secondo un’indagine realizzata da Axa Europe in 7 Paesi europei.

Le donne e i giovani sono le fasce maggiormente colpite e, tra i fattori di vulnerabilità, emergono soprattutto l’instabilità finanziaria e lo stress lavoro correlato o la perdita del lavoro.

A livello globale, si registra la pandemic fatigue, la stanchezza da pandemia: una condizione mentale di depressione, chiusura e fuga di fronte allo stress cronico del Covid-19 sulle proprie vite.

Contro il rischio di lockdown, la Lettera 150, che è una think tank (un gruppo di esperti impegnato nell’analisi e nella soluzione di problemi complessi), che riunisce circa 250 accademici di diverse discipline, ha lanciato un vademecum di raccomandazioni ai governi, quali tamponi di massa, potenziamento delle terapie intensive, scorta e produzione di medicinali strategici, obbligo delle mascherine con controlli severi, vaccini estesi contro influenza e pneumococco, potenziare i trasporti (es. riapertura dei centri storici alle auto, aumento delle corse dei mezzi pubblici), didattica a distanza nelle Università, incentivazione dello smart working, prevedere strutture ove domiciliare su base volontaria le persone positive.

È in questa direzione che vanno le misure predisposte dal governo italiano. Già il Decreto del presidente del consiglio (Dcpm) della settimana scorsa aveva previsto, coerentemente con l’aggravarsi della situazione epidemiologica:

  • obbligo di indossare le mascherine in luoghi chiusi (preferibilmente anche all’interno delle abitazioni private, in presenza di persone non conviventi) e all’aperto (tranne che in caso di attività sportiva, età inferiore ai sei anni, patologie o disabilità incompatibili con il loro uso);
  • più controlli da parte delle forze dell’Ordine;
  • ampliamento dello smart working;
  • sospensione degli sport da contatto, delle gite scolastiche e delle feste private e raccomandazione a non ricevere in casa più di 6 persone;
  • limite di massimo 30 presenze in cerimonie come matrimoni e battesimi;
  • limite degli spettatori per eventi sportivi, spettacoli, fiere, corsi e congressi (percentuale massima di riempimento del luogo del 15% rispetto alla capienza totale e comunque non oltre il numero massimo di 1000 spettatori per manifestazioni all’aperto e 200 spettatori in luoghi chiusi);
  • chiusure anticipate dei servizi di ristorazione come bar, pub e ristoranti alle ore 24 con servizio al tavolo e alle ore 21 in assenza di servizio al tavolo, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze dopo le 21;
  • consentita invece la frequenza di parchi, palestre, piscine, centri benessere, nel rispetto delle norme di distanziamento fisico.

Il nuovo Dcpm del 18 ottobre 2020, all’inasprirsi dell’epidemia, ha integrato le precedenti con nuove misure:

  • chiusura dopo le 21 delle strade e delle piazze nei centri urbani, sede della movida, a discrezione dei Sindaci, nell’ottica di ridurre gli assembramenti (dunque la possibilità per i Sindaci di imporre il “coprifuoco”);
  • proibizione di eventi e competizioni sportive e sport di contatto esclusi quelli di interesse nazionale o regionale (quindi stop agli sport di contatto a livello amatoriale, come calcetto e basket, e alle relative associazioni e scuole per bambini e ragazzi);
  • chiusura di sale giochi, sale scommesse e sale bingo entro le 21;
  • proibizione di sagre, fiere, convegni e congressi; apertura degli esercizi di ristorazione (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) dalle 5 alle 24 con consumazione al tavolo, e dalle 5 alle 18 (e non più alle ore 21) in assenza di consumo al tavolo, con un massimo di 6 commensali per tavolo e asporto consentito fino alle 24, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze (resta sempre consentita la ristorazione con consegna a domicilio);
  • concessione di restare aperte a palestre, piscine, centri e circoli sportivi solo se garantiscono le misure di controllo dei contagi;
  • indicazione per le scuole superiori di alternare didattica a distanza e in presenza e scaglionare ingressi e uscite degli studenti, anche attraverso utilizzo di turni pomeridiani e orario di ingresso non prima delle 9.00; aumento della quota di persone in smartworking dal 50 al 75%; maggiori controlli sulle banchine dei mezzi di trasporto per i flussi di salita e discesa.

Alle Regioni è consentito di introdurre misure più restrittive in considerazione dell’andamento epidemiologico locale. Per esempio, con una prima ordinanza della Regione Campania, le regole del precedente Dcpm sono state ulteriormente inasprite:

  • divieto di feste, anche conseguenti a cerimonie, civili o religiose, in luoghi pubblici, aperti pubblico e privati, al chiuso o all’aperto, con invitati estranei al nucleo familiare convivente;
  • chiusura delle attività di circoli ludici e ricreativi;
  • alternanza del personale negli uffici;
  • divieto ai servizi di ristorazione di vendita con asporto dalle 21, oltre alla decisione, che ha suscitato molto scalpore, di chiusura delle scuole.

Con ulteriori ordinanze, la Campania ha previsto:

  • limitazione degli spostamenti interprovinciali, se non giustificati – previa autocertificazione – da motivi di lavoro, sanitari, scolastici, socio-assistenziali, approvvigionamento di beni essenziali;
  • “coprifuoco” dalle 23 alle 5 del mattino, con chiusura di tutte le attività commerciali, sociali e ricreative.

L’aspetto più discusso è stato la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado dal 16 ottobre fino al 30, con riapertura il giorno successivo di scuole dell’infanzia. Una decisione che ha diviso l’opinione pubblica e scatenato il disappunto del ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, secondo la quale si configurerebbe un conflitto di competenze Stato/Regioni.

Rigettato il ricorso al Tar contro la chiusura, De Luca ha consentito però con un’ulteriore ordinanza l’avvio immediato di progetti finalizzati alla didattica in presenza per i bambini autistici e/o con disabilità e la possibilità di riapertura delle attività in presenza delle scuole elementari da lunedì 26 ottobre, subordinata a un’ulteriore verifica sull’andamento dei contagi nel personale scolastico e negli alunni.

Al di là delle indicazioni dei governi, la grande battaglia contro il Covid-19 si fonda su diagnosi, tracciamento, prevenzione.

Per accelerare la diagnostica, grandi speranze si pongono sui tamponi rapidi (test antigenici di natura quantitativa), che danno risposta in 30-60 min e sembrano essere attendibili quanto il tampone molecolare (attualmente obbligatorio per la convalida), se il cut-off (soglia analitica) è superiore a 10, per cui si sta pensando di utilizzarli come test di screening negli studi dei medici e dei pediatri di famiglia che daranno la disponibilità. Ciò consentirebbe di accorciare i tempi di diagnosi (attualmente, nella maggior parte delle Regioni, come la nostra, il medico non può prescrivere direttamente il tampone, ma deve fare la richiesta al Dipartimento prevenzione della Asl che prenderà in carico il cittadino) e decongestionare i drive-in delle asl dove vengono effettuati attualmente i tamponi, sovraccaricate da lunghissime file, ma potrebbe creare rischi per la sicurezza, dato che non c’è negli ambulatori di base la possibilità di mantenere separati il percorso sporco (casi sospetti Covid-19), con il percorso pulito (altri pazienti) e dato che più del 90% degli studi dei medici di famiglia si trova in stabili comuni, essendo appartamenti in privati condomini.

Per quanto concerne il tracciamento, questo è efficace quando il numero di casi è relativamente contenuto, ma attualmente, con migliaia di nuovi infetti al giorno, le strutture sanitarie vanno in difficoltà, accumulando ritardi e lacune che aumentano il bacino di asintomatici non isolati e potenzialmente contagiosi. Ben il 33% dei casi segnalati nell’ultimo monitoraggio del Ministero della Salute non era riferibile a una catena di trasmissione già nota, dunque sfuggiti al contact tracing. Sarebbe importante l’ausilio dell’app Immuni: attualmente risulta scaricata da 8,6 milioni di persone; finora sono state 10.060 le notifiche di esposizione sono stati individuati e contenuti 16 focolai.

Poiché uno studio dell’Università di Oxford e Stanford ha individuato nel 15% la soglia di downloads dell’applicazione in grado di ridurre le infezioni e i decessi (ove il sistema di notifica di esposizione sia abbinato ad altre misure tradizionali di contenimento), il raggiungimento attuale della soglia del 16% dell’intera popolazione italiana maggiore di 14 anni dovrebbe fare da supporto al controllo dell’epidemia.

Infine, la prevenzione dei contagi: avviene attraverso lo sforzo individuale di rispettare con coscienza e precisione comportamenti di contenimento del rischio di diffusione resta. L’uso rigoroso delle mascherine e il rispetto del distanziamento fisico abbassano di 1000 volte la carica virale del SARS- CoV2, diminuendo così la probabilità di contagio e di comparsa di una malattia grave, secondo uno studio dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Vr) pubblicato su Clinical Microbiology and Infection. Si stima che far indossare la mascherina al 90% della popolazione (ora 60%) e rispettare il distanziamento sociale potrebbe salvare 280mila vite in Europa nella seconda ondata. In aggiunta alle mascherine, utilizzare visiere trasparenti sul viso, protegge efficacemente da infezioni da SARS-CoV-2 gli operatori sanitari in base a uno studio pubblicato su Jama, condotto in India.

Inoltre, le misure di igiene personale: il SARS-CoV-2 può persistere sulla pelle umana, secondo uno studio condotto in Giappone e pubblicato su Clinical Infectious Diseases, per circa 9 ore, molto più di quello dell’influenza A, che resiste meno di 2 ore. Quando il Coronavirus viene mescolato con il muco, come in caso di tosse o starnuti, può durare circa 11 ore. Ancora: evitare quanto più possibile le occasioni di contagio per attività non essenziali, dunque limitare spostamenti non necessari e comportamenti riconducibili alla sfera delle relazioni sociali e ricreative che creino situazioni di aggregazioni spontanee o programmate in luoghi pubblici e privati, attualmente veicolo di maggiore rischio di diffusione del virus.

Si tratta di una sorta di “auto-lockdown”, lasciato al buon senso e alla responsabilità individuale di ciascun cittadino. Bisogna comprendere che il comportamento del singolo influenza il destino dell’intera collettività. Vanno preservate le attività lavorative, che sono luoghi sicuri se vengono rispettate le misure di sicurezza previste (distanziamento, mascherine, lavaggio delle mani), mentre va evitato e sacrificato tutto ciò che è rimandabile in questo momento, in nome della salute pubblica.

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