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Figli di Portici famosi: il padre francescano Domenico Mazzarella

di Stanislao Scognamiglio

Si sente spesso parlare di personaggi di Portici per nascita o d’elezione dei quali si sta perdendo la memoria … Ritengo perciò doveroso ravvivarne memoria fornendo un breve profilo biografico tratto dal mio inedito Diario; avvenimenti, cose, fenomeni, uomini, vicende.  Portici e Vesuvio dalle origini a oggi, con il conforto di Autori di ogni tempo.

Domenico Mazzarella è nato a Frattamaggiore, in provincia di Napoli e nella diocesi di Aversa, il 5 settembre 1802, da Nicola Mazzarella e da Teresa Esposito..

È stato l’ultimo dei figli a venire al mondo in una modesta famiglia di operai: il padre, lavorava la canapa per fabbricare funi, mentre la madre, era tessitrice.

Da ragazzo, dapprima educato dalla madre, ha poi frequentato la scuola parrocchiale della basilica di San Sossio.

Dopo la Prima Comunione, ricevuta il 15 ottobre 1810, ha partecipato assiduamente alle attività parrocchiali.

Da allora, con compunta dedizione ha seguito le celebrazioni religiose e si è accostato con regolarità ai Sacramenti.

Avendo lasciato trasparire di voler essere al servizio del Signore, dal «… parroco di San Sossio, don Francesco D’Ambrosio», che ha intuito il suo disegno, è stato presentato «… al vescovo di Aversa, monsignor Agostino Tommasi».

Accettato l’invito del presule a entrare tra i chierici, è stato accolto nel Seminario diocesano.

In cambio della permanenza gratuita, è stato «… chierico inserviente della cattedrale di Aversa, col compito di “volta carte”: doveva girare le pagine dei libri liturgici durante le celebrazioni».

Dopo tre anni da seminarista, morto il vescovo, ha lasciato la via del sacerdozio diocesano.

Nel mese di novembre del 1821, rientrato in famiglia, ha trascorso «… le sue giornate tra lo studio e la lavorazione della canapa, ma il desiderio di consacrarsi a Dio non venne meno».

Intanto, attratto dalla vita austera dei Frati Minori Alcantarini del convento di Santa Caterina d’Alessandria a Grumo Nevano (Napoli), ha cominciato a frequentare il convento.

Frequentando costantemente il convento, resasi evidente la sua vocazione alla vita religiosa, ha chiesto di essere ammesso tra i frati.

Accolto nell’Ordine dei Frati Minori della Provincia napoletana del Sacro Cuore di Gesù, il 3 novembre 1822, ha vestito l’abito francescano nel convento di Santa Maria Occorrevole a Piedimonte d’Alife (oggi Piedimonte Matese (Caserta).

Completato il noviziato nel convento di Santa Lucia al Monte in Napoli, il 27 novembre 1824, ha emesso la professione religiosa e ha preso il nome di Modestino di Gesù e Maria.

Proseguendo la sua formazione in vista del sacerdozio, ha studiato: Filosofia a Santa Lucia al Monte; Teologia Dogmatica a Grumo Nevano; Teologia Morale a Portici (convento di San Pietro d’Alcántara al Granatello).

Nell’anno 1827, a Grumo Nevano, è stato ordinato diacono.

Nello steso anno, al «… Ministro generale, padre Giovanni da Capestrano», venuto a Napoli per presiedere il capitolo provinciale, ha espresso il desiderio di essere ordinato subito sacerdote.

Così, come comandato dal ministro generale «… al neo-eletto Ministro provinciale, padre Leone di Maria Immacolata», terminati gli studi filosofici e teologici, il 22 dicembre 1827, è stato ordinato presbitero nella cattedrale di Aversa.

Sacerdote, celebrata la sua prima Messa nella chiesa degli Alcantarini a Grumo Nevano, ha raggiunto il convento di Marcianise, dove è stato destinato come sacrista.

Di lì, è stato poi di comunità in diverse località della Provincia, con svariati incarichi: maestro dei frati studenti al convento di Portici, dal 1831 al 1835; guardiano a Pignataro Maggiore, nel 1837; sacrista a Santa Lucia al Monte, nel 1838; suddito a Santa Maria della Sanità a Napoli, nel 1839.

Nel suo infaticabile esercizio del ministero pastorale, si è dedicato alla predicazione, al sacramento della riconciliazione e, «… soprattutto, con esemplare zelo, all’apostolato sacerdo­tale a favore dei poveri e dei sofferenti.»

Nelle sue visite agli ammaliati, portava «… sempre con sé l’immagine della Madonna del Buon Consiglio, a cui era devoto dalla giovinezza.»

Grazie alla sacra icona, chiusa in una piccola teca d’argento, «… otteneva guarigioni e conversioni. La sua giaculatoria ricorrente era: “Lodiamo sempre insieme col Figlio la dolce Madre del Buon Consiglio”.»
In virtù delle sue capacità, «… predicatore semplice, popolare ed evangelico», avendo sempre una parola giusta per tutti, è stato «… consigliere spirituale di persone appartenenti a ogni ceto sociale e stato di vita.»

Inoltre, ha prestato una particolare attenzione ai carcerati del Granatello di Portici e di Castel Capuano di Napoli e ha rivolto alle partorienti l’accorato invito «… ad accogliere il dono della maternità e di una nuova vita.»

Ha sempre provveduto a sostenere i poveri con cibo e denaro avuto in elemosina dai ricchi.

«… La gente del popolo lo ammirava per la sua vita evangelica e, per il potere di ottenere guarigioni da Dio, lo chiamava “Gesùcristiello” (piccolo Gesù Cristo).

Il Papa Pio IX, che gli era amico, lo chiamava “il pazzo della Beata Vergi­ne”. La sua giaculatoria che proponeva a tutti era: «Lodiamo sempre, insieme col Figlio, la dolce Madre del Buon Consiglio ». In questa ultima forma di apostolato popolare fu incoraggiato anche dallo stesso Pio IX, venuto pelle­grino alla Sanità a venerare la «Madre del Buon Consiglio». Per la sua sincerità e saggezza veniva consultato perfino dall’arcivescovo di Napoli e dal re Ferdi­nando II di Borbone.»

Nel 1854, allo scoppio a Napoli di una nuova epidemia di colera, non interrompendo il suo assiduo servizio di carità, è accorso continuamente nelle case degli ammalati, per portare loro aiuto e conforto.

Già provato nel fisico dalle penitenze e indebolito dai digiuni a cui si è continuamente sottoposto, ha dovuto cedere alla pestilenza, ammalandosi.

Il padre francescano, fra Modestino di Gesù e Maria, al secolo Domenico Mazzarella, nella sua camera, il 24 luglio 1854, «…  fra il cordoglio dei suoi confratelli e di tutto il rione Sanità», ha reso l’anima a Dio.

Il 29 gennaio 1995, da Papa Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyla: Wadowice, in Polonia, 18 maggio 1920 – Città del Vaticano, 2 aprile 2005) è stato proclamato beato.

La sua memoria liturgica, cade il 24 aprile.

Dal 18 ottobre 2015, i suoi resti mortali, deposti nella cappella della Madonna del Buon Consiglio, sono venerati nella chiesa di Santa Caterina d’Alessandria a Grumo Nevano.

 

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