Cultura

Giambattista Basile, grande ingegno napolitano

di Michele Di Iorio

Napoli è famosa per gli immensi ingegni in tutti i campi dello scibile umano. Uno dei suoi più grandi letterati, attuale ancora oggi, è certamente il poeta e scrittore Giovan Battista Basile, la cui vita artistica si dipanò tra fiabe, leggende e misteri rosacruciani.

Basile nacque a Giugliano, Napoli, il 15 febbraio dell’anno Domini 1575 da nobilissima famiglia di artisti e cortigiani di feudatari e di viceré spagnoli. I suoi antenati erano i Basile patrizi di Bologna, lignaggio risalente al 1081.

Il giovane Giambattista studiò con precettori privati. Crebbe alla corte vicereale:  a 7 anni era valletto, a 14  paggio del viceré a 14 anni e  a 20 alfiere di cavalleria. Fu poi promosso capitano dei lancieri napolitani di linea del viceré dopo 5 anni di guarnigione a Napoli, al Maschio angioino.

Divenuto amico dell’ambasciatore di Venezia, sentì il desiderio di visitare altri Paesi e s’imbarcò per la città lagunare con il ruolo di ufficiale di mare della Serenissima. Ebbe parte attiva nelle battaglie contro  turchi e pirati, e quindi venne destinato alla squadra navale dell’Egeo. In seguito fu di guarnigione all’isola di Candia.

Non trascurava però la sua vocazione letteraria: dal 1604 fece parte dell’Accademia degli Stravaganti fondata da Andrea Cornaro. Dei suoi scritti pubblicò sotto forma di libro le sue lettere al poeta amico e maestro don Giulio Cesare Cortese, padre della poesia in napolitano. Nel 1605 fu musicata la sua villanella “Smorza crudel amore”.

Fu nel 1608 che Basile, smessa la divisa, fece ritorno a Napoli, dove grazie a sua sorella Andreana prese a frequentare i migliori salotti, stringendo amicizia con molti intellettuali come Giandomenico Manso, fondatore del Monte Manso, un’istituzione a favore dei giovani nobili indigenti, e don Giulio Capaccio, segretario del Comune di Napoli. I tre amici fondarono nel 1611 l’Accademia degli Oziosi sulla collina di Sant’Aniello a Caponapoli.

Tre anni dopo Basile partì per Mantova per raggiungere la sorella che si era stabilita li dal 1610 come cantante di corte del duca Gonzaga. Ben presto venne nominato cavaliere e patrizio di Mantova, e come conte palatino e poeta di corte ebbe l’incarico di segretario e bibliotecario.

Giambattista però soffriva il clima freddo del mantovano e nel 1613 ritornò a Napoli, dove su presentazione dell’amico Cortese venne nominato segretario comunale, subentrando al Capaccio. In quello stesso anno sposò donna  Flora Santora, una bella bruna.

Fu poi amministratore dei beni dei Caetani conti di Laurenzana e nel 1615 Regio governatore e giudice regio di Montemarano con giurisdizione su Marano e Arzano fino al 1617. Il Basile si dimostrò estremamente abile in questi incarichi, tanto che amministrò diversi patrimoni nobiliari.

Fu quindi Regio governatore di Lagonegro, in Basilicata. Tra le montagne lucane prese a tradurre le opere di Bembo e fece pubblicare quelle del poeta e amico Giambattista Marino.

Il genio letterario di Giovan Battista Basile spaziava dalla poesia alle odi, dalle novelle in italiano e in napolitano ad opere teatrali. La sua enorme produzione letteraria non poteva passare inosservata e il vicerè di Pedro Alvarez di Toledo lo richiamò a Napoli nel 1625, ove venne colmato di onori: Cavaliere del Toson d’Oro e di Santiago di Compostella, gentiluomo e poeta di corte, conte di Torone, patrizio di Aversa, nobile di Giugliano, Regio governatore di Aversa.

Nel suo soggiorno napoletano Basile abitava nella casa in fitto in via SS. Annunziata vicino la rua Catalana, e frequentava la taverna del Cerriglio ove erano assidui i suoi amici dell’Accademia degli Oziosi e dell’Accademia del Mandracchio.

La sua opera fondamentale fu certamente “Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille”, 50 novelle scritte in napolitano tra il 1634 e il 1636, una vera e propria rivoluzione narrativa che ha ispirato e ancora oggi ispira artisti in tutto il mondo. I personaggi fiabeschi di Cenerentola, La bella addormentata nel bosco, Il gatto sapiente sono frutto della sua ingegnosa fantasia, anche se nel corso dei secoli sono stati riadattati e rielaborati da grandi autori, dai Grimm e Perraut a Roberto de Simone, fino al recente adattamento di “Il racconto dei racconti – Tale of Tales”, il film ad episodi del regista di Matteo Garrone in lizza a Cannes 2015.

Una curiosità: tra i suoi componimenti poetici ne aveva ambientato uno nelle campagne napoletane delle paludi di Ponticelli, esattamente nella frazione Porchiano, definendola Arcadia, dal quadro del pittore francese Nicolas Poussin che riportava il motto Et in arcadia ego, che si riferiva alla pura tradizione elegiaca.

Negli ultimi anni Basile si dedicò anche a studiare la filosofia dei Rosacroce di Germania e di Francia e si appassionò al tema merovingio, convincendosi che Gesù avesse avuto un figlio che fu capostipite la dinastia dei re francesi. Un ramo merovingio, staccatosi dalla dinastia, fu all’origine della nobile famiglia de Sangro, fuggita dalla Provenza in Italia, in Abruzzo, dove furono conti di Marsi, diffondendosi in seguito in  Molise. Nel corso degli anni i de Sangro divennero duchi e poi principi di Sansevero in Puglia e patrizi di Napoli.

Dal 1630 Giambattista Basile copriva l’incarico di amministratore di beni feudali a Giugliano, suo paese natale. Qui il 23 febbraio 1632 si concluse la sua parabola terrena. Venne seppellito nella tomba di famiglia della chiesa dove era stato battezzato, Santa Sofia.

La sorella Andreana prese in custodia i suoi libri, salvando così gli scritti originali di tutte le sue opere, molti dei quali sono conservati alla Biblioteca Nazionale di Napoli e la Biblioteca Angelica di piazza Sant’Agostino in Roma.

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