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I quattro fiumi di Napoli

Alla ricerca dei fiumi perduti: questa domenica il nostro autore ci porta sulle tracce del Sebeto, del Veseri, del Dragone e del Sarno 

di Lucio Sandon

L’antica Ercolano sorgeva tra Napoli e Pompei contigua alla villa di Rectina, l’amante di Plinio il Vecchio, della quale probabilmente era un sobborgo. Si trovava tra i fiumi Sarno e Dragone, ed era collocata sopra una deliziosa collinetta coperta di melograni alle falde del Vesuvio, avendo una piccola lingua di terra sopra il mare, dalla quale veniva rassicurato forse il primo dei suoi porti. Un ramo del Dragone discendeva verso Ercolano, formando un’isola dove ora sorge la basilica di Santa Maria a Pugliano, mentre il ramo principale attraversava infine Torre del Greco: alimentava le fontane, i lavatoi e le macine dei mulini. Alle sue acque accorrevano i cittadini per dissetarsi e per curarsi, in quanto tale acqua era ritenuta ricca di penicillium, un fungo microscopico dalle capacità miracolose per le “malattie della pancia e dei bronchi”.

Applicato più felicemente alla spiegazione dei fenomeni del Vesuvio, di credere, che il fiume Dragone serpeggiasse occulto per le interne viscere di questo monte, e che nel tempo del cataclismo, smarrito, per le concussioni, l’antico corso e per la soverchia rarefazione dell’aria interna disquilibrato il suo moto, salisse in alto, e traboccasse sulle soggiacenti pianure imperciocchè sempre addiviene nelle vulcaniche eruzioni di questo monte, che per più giorni consecutivi spesso, ed istantaneamente compariscano sulla sua cima tempeste, oragani, ed alluvioni.  Da persone di motto credito tra i popoli di Ottajano, di San Giuseppe, del Terzigno, vengo io assicurato,  che alcuni ricchi proprietari di questi luoghi vi abbiano già scavati dei profondi fossi per ritrovar questo fiume, e che già vi abbiano attinte delle acque.

Nell’antichità le terre vesuviane erano ricche di corsi d’acqua provenienti direttamente dalle falde del vulcano. I fiumi correvano a valle lungo la fascia costiera, bagnando l’antica Stabia, Torre del Greco, Ercolano, Portici e San Giovanni a Teduccio. I fiumi del Vesuvio erano quattro: Sebeto, Veseri, Dragone e Sarno, ma oggi se ne ravvede solo uno, anche se ciò non corrisponde esattamente al vero, in quanto si può ancora osservare qualche traccia del Sebeto. Il Dragone scorreva un tempo a cielo aperto scavando il compatto suolo vulcanico, e solo dopo il 1794 la lava ne ricoprì il sito e il suo corso divenne ipogeo.

In una cronaca dello storico bizantino Procopio, si narra che nel 553 d.C. avvenne una sanguinosa battaglia del sulle rive di un fiume conosciuto col nome di Dragone. La battaglia coinvolse le truppe del generale Narsete e l’ultimo re dei Goti, Teja, che morì proprio sulle sponde di questo corso d’acqua, sancendo la fine della guerra greco-gotica.

A Portici il corso d’acqua, chiamato Dragone forse per la forma sinuosa del suo alveo, scorreva probabilmente lungo quello che poi sarebbe diventato il parco superiore della Reggia borbonica, passando poi per l’odierna piazza San Ciro, a fianco di Palazzo Capuano, nel quale le acque del corso d’acqua venivano captate e portate fin dentro le stanze mediante un reticolo di ingegnose tubature.

Probabilmente i canali tutt’ora esistenti nel bosco inferiore della villa reale di Portici erano collegati a tale fiume, e così dicasi per le grandi vasche di raccolta delle acque che si trovano nel sottosuolo tra via Nuova Bellavista e via della Salute, in corrispondenza dell’antica fagianeria borbonica.

Può darsi che proprio il fiume Dragone abbia ispirato il nome del Castello del Gradone (l’attuale Villa Rocca), il quale altro non è che l’anagramma di “dragone”.

Il fiume Dragone è oggi ridotto ad un misero corso d’acqua che si disperde tra i meandri del sottosuolo di Torre del Greco, tra la via Fontana e la piazza dei Comizi. L’accesso alla grotta del Dragone da via Fontana, è situato nei pressi del sito detto delle Cento Fontane.

È certo che nella più remota antichità, un fiume chiamato Veseri scorresse sotto le falde del Vesuvio, bagnando un castello o un borgo che portava lo stesso nome.

Cicerone, Valerio Massimo, e Tito Livio, parlando della battaglia dei Romani con i Latini, nella quale il console Publio Decio consegnando se stesso come sacrificio per la vittoria, dissero che ciò avvenne: Apud Veserim, et ad Veserim. Stando a quanto si asserisce nel testo, quindi Veseri è nome proprio di città e nel contempo è anche nome proprio di fiume. Attualmente via Veseri è una serpeggiante strada che partendo dai conetti vulcanici del Carcavone, sul monte Somma, raggiunge la zona di Volla, il luogo da dove partiva l’acquedotto greco-romano della “Bolla” da cui il nome di tale cittadina.

Dopo essere nato sul monte Somma in una grotta detta le Fontanelle del Cancellaro, il fiume Sebeto veniva condotto nella cosiddetta Casa dell’Acqua, edificio cinquecentesco ancora esistente tra Casalnuovo e Volla, e si alimentava anche dalle sorgenti di Lufrano. Le acque sorgive erano incanalate in parte nell’acquedotto della Bolla, mentre le restanti scorrevano attraverso i comuni di Casalnuovo, Casoria e Volla per poi sboccare, dopo un corso tortuoso, nel mare di Napoli.

Prima della sua foce, il Sebeto si divideva in due rami: uno di essi fluiva tra le attuali piazza Borsa e piazza Municipio, mentre l’altro sfociava in mare in una zona più a oriente, verso l’attuale Ponte della Maddalena, anticamente detto Pons Padulis.

Le molte vicende telluriche dei secoli scorsi hanno portato il Sebeto a formare prima delle paludi nella zona a sud di Napoli, per scomparire poi definitivamente nelle viscere della terra, fuoriuscendo a volte all’aria aperta nella zona del Centro Direzionale, in corrispondenza del vecchio mattatoio comunale.

A ricordarne storia e leggenda per volere del viceré Manuel Zuñiga y Fonseca, venne commissionata a Cosimo Fanzago la costruzione di una fontana, detta appunto del Sebeto, portata in riva al mare, a largo Sermoneta.

Il monumento si compone di uno zoccolo di piperno sul quale poggia la base di marmo con tre vasche, due obelischi e due tritoni, mentre sull’arco vi sono gli stemmi del viceré, della città e del re. Al centro dell’arcata c’e la scultura che raffigura il fiume Sebeto.

Del fiume Sarno è meglio tacere, perché la cattiveria degli uomini è riuscita ormai a farlo identificare come “Il fiume più inquinato d’Europa”.

 

Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio. Notevole è il suo penultimo romanzo, “La Macchina Anatomica”, Graus Editore, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario veterinario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal suo ultimo romanzo “Cuore di ragno”, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto Cuori sui generis” 2019. Sempre nel 2019,  il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritatola Segnalazione Speciale della Giuria  nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci – Città di Roma. Inoltre, il racconto “Interrogazione di Storia”  è risultato vincitore per la Sezione Narrativa/Autori al Premio Letizia Isaia 2109. Nel 2020 il libro “Cuore di Ragno” è stato premiato come:

  • Vincitore per la sezione Narrativo al “Premio Talenti Vesuviani”;
  • Miglior romanzo storico al prestigioso XI “Concorso Letterario Grottammare”;
  • Best Seller al “Premio Approdi d’Autore” della Graus Edizioni;
  • Vincitore alla sezione Romanzo Storico al “Premio Nazionale Alberoandronico”;
  • Vincitore per la sezione Romanzo Storico all‘IX “Premio Letterario “Cologna Spiaggia”.

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