Culturalibri

Il libro del Bestiario Veterinario

di Lucio Sandon 

Da dove se no?

Telefonata notturna di uomo con voce estremamente allarmata: «Il cane perde sangueeee!!!»

«Da dove?»

«Dal Vomero!» (Quartiere di Napoli)

Topa da compagnia 

Non so quanti di voi che leggete possano conoscere il posto, ma se ci siete stati, sapete di cosa parlo: proprio dove le gelide acque del canale del medio Nera si tuffano nel Lago di Piediluco, esattamente sotto il ponte su cui i turisti si fermano a rimirare uno dei posti più belli al mondo, beh… proprio li sotto, il posto più inospitale del mondo, viveva Zimbo il cane di Stefano, per gli amici Zoe.

Zimbo, come tanti cani da caccia trascorreva gran parte del tempo da solo, fra tegami, ortiche, canne, pesci morti, lenze, quartane e gallinelle d’acqua. Con il sopraggiungere dell’inverno Zimbo entrava in crisi, in quella sorta di Patagonia, e prima di portarlo a caccia il padrone lo metteva a sbrinare in macchina.

Fu così che un giorno Zoe mi chiamò in ambulatorio per riferirmi un fatto strano: «Zimbo sta invecchiando, quando gli porto da mangiare non si butta sulla ciotola come ha sempre fatto, ma si siede vicino alla ciotola e non mangia, poi ci si sdraia vicino e non mangia, me ne vado… Ed il giorno dopo la ciotola è vuota! Ma che je sta a capità

Io consigliai a Zoe di far finta di andarsene e di appostarsi sopra al ponte, in modo da poter osservare di nascosto le mosse del cane.

Zimbo, trascorsi pochi minuti, si alzò, prese una generosa bocconata di pasta e la depose delicatamente fuori dalla ciotola: pochi istanti dopo una stupenda sorca (grosso topo di fogna universalmente conosciuto come pantegana) usciva dai rovi, e si metteva a mangiare la porzione che Zimbo gli aveva preparato. Solo allora il cane, visibilmente soddisfatto e scodinzolante consumava senza fretta il suo pasto.

Zimbo: setter breton, cane tutta caccia, si annoiava. E allora si inventò la topa da compagnia.

Hard rain 

«Dottoressa, l’ho chiamata per annullare il vaccino di stamattina per il mio cane… La ho chiamata comunque anche se so che lei lo immaginava, dato che le vaccinazioni del cane sono assolutamente controindicate, quando piove.» 

Hard rain due 

«Dottoressa, sta piovendo e il mio cane ha mangiato da poco… Posso portarlo fuori lo stesso o devo aspettare che digerisca?»

Hard rain tre

Il mio collega mostra ad un cliente come far indossare il collare elisabettiano ad un cane che è stato operato.

Il cliente guarda attentamente e, dopo alcuni attimi di riflessione, dice: «Posso fare una domanda?»

«Sì, certo”

«Ma se, per caso, si dovesse mettere a piovere, non

c’è il rischio che il cane, indossando questo collare, anneghi?»

 

Prelavaggio – Lavatrice

Arriva una famiglia intera, nonni compresi e mi portano un chihuahua con la testa enorme, e con le unghie totalmente consumate: sembra stare in piedi solo perché non tira vento, tutto stanco e tremolante. Chiedo cosa sia successo.

«Siamo rientrati dal mare e lo abbiamo trovato così!»

«Mmmmmh, strano…»

A forza di chiedere spiegazioni, una bimbetta piccoletta dice a bassa voce: »Mamma, mamma, però prima che andasse in lavatrice, non aveva niente!»

Programma delicati – Lavatrice due

Visita d’urgenza di oggi: gatto lavato in lavatrice.

E la proprietaria mi dice: «Dottoressa fortuna che ha fatto il lavaggio delicato!» A quaranta gradi.

Urgenza estrema

«Dottoressa, può venire per vedere se il mio cane è morto?”

«Cos’è successo?»

«Sta fermo con gli occhi rigirati e non respira!»

«Da quanto tempo non si muove?»

«Da oggi a ora di pranzo!»

«Beh se sta immobile da tutto questo tempo e non respira è morto.»

«Come faccio a vedere se respira?»

Io, con tanta pazienza gli spiego, come fosse un bimbo tardo.

«Vabbè, a parte sta cosa del respiro, come faccio a vedere che è morto?»

Urgenza relativa

«Dottoressa voglio sterilizzare la cagna…quando lo possiamo fare?»

«Signora, bisogna aspettare che passi il calore.»

«Ah, va bene… Allora la operiamo a novembre: di sicuro finisce il calore!»

Biagio Mulo Randagio

Mi ero trasferita da poco tempo quando, in un uggioso sabato invernale, ho imboccato la strada statale che, da casa, mi avrebbe portato in maneggio, a circa venti kilometri di distanza.

Nonostante fosse ancora primo pomeriggio, una leggera nebbiolina si alzava dai campi rendendo i contorni delle case leggermente indistinti. Il traffico era poco, e la velocità, per quanto non eccessiva, leggermente superiore al solito quando di colpo, una fila di luci rosse si sono illuminate inmezzo agli alberi che costeggiavano la strada, fin dietro la curva poco lontana.

Le macchine che mi precedevano scartavano di lato e si allontanavano, qualcuna suonava il clacson come per richiamare l’attenzione, di cosa non saprei dire. Ero ancora troppo lontana per capire la situazione.

Rallentando, impostai la curva, ma mi dovetti fermare quasi di botto! In mezzo alla strada, quasi a cavallo della linea di mezzeria camminava un asino bianco.

L’animale non pareva turbato della confusione che lo circondava e continuando la sua marcia, si avviava verso una delle rotonde più trafficate della zona.

Uno slargo provvidenziale mi permise di collocare provvisoriamente l’auto e scendere di corsa, prima che l’animale che intanto, come per un ripensamento, sembrava voler tornare sui suoi passi.

I pochi automobilisti che avevano seguito il mio esempio, forse notando i miei stivali da equitazione, erano ripartiti, senza fornire nessun aiuto.

La mia auto, somigliante ad un magazzino ambulante fornì una provvidenziale corda con cui senza particolari problemi incapezzai l’asino e lo portai con una certa fatica, vicino alla macchina ed all’unica piazzola nei paraggi. Il problema adesso era cosa fare.

Chiamai il 112.

«Buonasera mi dica.»

«Salve, ho un problema e non so come risolverlo.»

«Mi dia le sue generalità ed esponga il problema per favore.» Le forze dell’ordine sono sempre moooolto formali, si sa.

«Mi chiamo Lidia, ed ho trovato un asino che vagava sulla statale.”

Un attimo prolungato di silenzio e poi: «Scusi… Lei ha trovato… COSA?»

«Un asino.»

«Ma… Un asino vero?»

Eh, gioia santa, se avessi trovato un asino finto mica starei chiamando te no?

«Si, mi pare proprio vero, e piuttosto alto, tutto bianco con le orecchie molto lunghe e raglia. Mi pare proprio un asino», risposi io ridacchiando un pochino.

Altro silenzio prolungato, iniziavo a pensare fosse caduta la linea, quando la stessa voce, ma molto più agitata di prima dice: «E io chi devo chiamare per un asino?»

«Non ne ho assolutamente idea: io ho chiamato lei. Lei chiami pure chi le pare purché veniate a recuperare l’asino!»

Solito silenzio.

«Mi lasci un recapito telefonico, la richiamo al più presto.»

Nel mentre, l’asino stufo dell’attesa mi aveva più o meno trascinato dentro un prato, e si stava facendo uno spuntino. Dieci minuti dopo il cellulare suonò. «Pronto!» Risposta un po’ affannata, visto che proprio allora l’animaletto aveva notato più in là un cespuglio che considerava degno d’ispezione.

«Buonasera, sono il comandante della stazione dei Carabinieri di zona. Mi può dire cosa ha trovato?»

«Un ASINO»

Eppure non mi pareva un animale cosi sconosciuto ai più. Siamo anche in campagna! Avessi trovato uno stambecco magari avrei capito la reazione.

«Ah ecco. Avevo capito bene…e quindi adesso lo tiene lei?»

«No dico, scherziamo vero?»

«Mi scusi, omettendo il fatto che gli asini non si materializzano sulle statali e quindi avrà pure un proprietario, ma io un asino secondo lei dove lo metto?»

«Eh…non lo so. Ma è lo stesso problema che abbiamo noi! Sicura di non volerlo tenere?»

«Ma anche no!»

«Peccato, allora le invio una macchina al più presto.»

Ho pensato che sarei morta di freddo e di stenti aspettando quella pattuglia, vagavo di prato in prato, di cespuglio in cespuglio, cercando di non allontanarmi troppo dalla mia auto e dall’unica posizione in cui sarei stata visibile dalla strada. Circa mezz’ora dopo una luce blu mi fece sperare in un salvataggio.

L’appuntato scese dall’auto, mise le mani in tasca al sicuro, e da lontano quanto bastava per non dover urlare ma nemmeno troppo vicino, mi disse: «Secondo lei cosa dovrei farci con quello?», indicando l’erbivoro tutto intento nella distruzione totale di un cespuglio.

«Mah, mi dicono sia buono con la polenta.», risposi cercando di scherzare, per stemperare la tensione.

«Io sono terrone: la polenta non mi piace, e l’asino non saprei comunque cucinarlo.”

«Beh, in ogni caso adesso è un problema suo. Se permette, caro appuntato, io le passerei la corda e me ne andrei per la mia strada.»

Un lampo di panico gli passò velocemente negli occhi: «No, la prego! Aspetti un attimo, è meglio che lo tenga lei. Io non ne ho mai visto uno da vicino, e non vorrei cominciare proprio da questo. E poi se lo tengo, io non posso andare a cercare il proprietario!»

«Quindi mi spieghi bene: io dovrei rimanere qui con l’asino e lei se ne va?!?»

«Torno, torno. Promesso. Mi e venuta un idea… Nonsi muova eh!»

Eh, già, non mi muovo.Peccato, volevo andare a fare un giro in piazza a cavallo dell’asino.

Ma poi, guardandolo meglio, questo non è nemmeno un asino accidenti! Troppo alto, troppo grosso…questoè un mulo! Vabbè o asino o mulo: sempre cugini sono! Che figuraccia però! Io me ne sto zitta. Chi se ne accorge? Oh, guarda le lucine blu! Allora è tornato davvero.

«Sempre qui eh? Ho trovato una soluzione. Forse però ho bisogno di aiuto…»

«Del tipo? Non vorrei sembrarle scortese, ma ormai sono quasi tre ore che sto portando Fufi a passeggio: sarei un po’ stanca oltre che infreddolita!»

«Ho trovato una cascina della zona che sarebbe disponibile ad ospitarlo. Però non possono venire a prenderlo: bisogna portarcelo.»

Pensavo peggio. Già mi vedevo a tirar sera in sto prato.

«Ok, si può fare…Dov’è la cascina?»

«Beh ecco…insomma… Tre paesi da qui: circa sette, otto chilometri.»

«EEEEEEEEH? Ma secondo lei, io dovrei camminare fino laggiù trainando un mulo che ogni cespuglio si ferma per lo spuntino?»

«Scusi, ma non era un asino?»

Ma te possino… E poi dicono che i Carabinieri vanno bene solo per le barzellette! A questo non sfugge nulla!

«Mulo, asino…cugini sono. Restano gli otto chilometri da percorrere a piedi.»

«Lei va a cavallo, vero?»

Aveva notato anche i miei stivali.

«Si…perché?»

E fu cosi che il giro in piazza lo feci davvero. Anzi, in tre piazze di tre paesi diversi. Fra le risate generali. Cavalcando Biagio, il mulo randagio.

Tutte le altre fulminanti battute, raccolte negli ambulatori veterinari di mezza Europa, si possono trovare nel Libro del Bestiario Veterinario edito da Alphalibri. I proventi dei diritti d’autore di Lucio Sandon vengono integralmente devoluti alla Clinica Pediatrica Meyer di Firenze.

 

 

Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio. Appassionato di botanica, dipinge,  produce olio d’oliva e vino, per uso famigliare. Il suo ultimo romanzo è La Macchina Anatomica, un thriller ambientato a Portici. Ha già pubblicato il romanzo Il Trentottesimo Elefante; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: Animal Garden e Vesuvio Felix, e una raccolta di racconti comici: Il Libro del Bestiario.

 

Articolo correlato:

https://wp.me/p60RNT-4kS

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *