Il medico risponde: mangiare pasta fa ingrassare?
di Carlo Alfaro
Il popolo italiano è il maggiore produttore nonché consumatore di pasta al mondo: in Italia ne mangiamo in media circa 25 chili all’anno. È un alimento che è per noi un simbolo di cultura, gusto, tradizione e piacere. E felicità: nella pasta abbonda il triptofano, l’amminoacido dal quale il nostro cervello ottiene la serotonina, l’ormone della felicità e del benessere. Ma contro tanta gioia del palato cozza il radicato senso di colpa legato al pensiero che il consumo di pasta faccia ingrassare.
Per fortuna, la scienza nega la circostanza. Uno studio canadese di review – cioè revisione della letteratura scientifica – a cura del Dipartimento di Scienze Nutrizionali dell’Università di Toronto e del St. Michael’s Hospital, pubblicato ad aprile 2018 sul British Medical Journal Open, che ha analizzato i risultati di 32 ricerche randomizzate e controllate su un totale di 2.448 soggetti sovrappeso o obesi, ha trovato che, anche se la pasta è prodotta con farine raffinate, ha un indice glicemico medio-basso. Per indice glicemico si intende la velocità con cui un alimento viene trasformato dall’organismo in zucchero semplice, o glucosio, cioè quale grado e velocità di aumento della glicemia provoca.
Ebbene, la pasta ha un indice glicemico anche più basso di riso, pane e patate, dunque all’interno di una dieta sana non favorisce l’aumento di peso, anzi in una dieta ipocalorica aiuterebbe a dimagrire, abbassando l’indice di massa corporea,pari al rapporto tra peso e altezza al quadrato, Kg/m2. L’Istituto Superiore di Sanità non a caso ha inserito la nozione che la pasta faccia ingrassare nell’elenco delle food-fake-news, i falsi miti sul cibo.
Meglio ancora sarebbe utilizzare pasta a farina integrale, per il contenuto di fibra alimentare che aiuta la funzionalità del sistema digestivo e abbassa ulteriormente l’indice glicemico. I dati americani confermano una ricerca precedentemente condotta dal Dipartimento di Epidemiologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, pubblicata sulla rivista scientifica Nutrition and Diabetes, che ha preso in esame oltre 23.000 persone inserite in due grandi studi: Moli-sani e INHES (Italian Nutrition & Health Survey), dai quali è emerso che il consumo di pasta moderato e frequente (in media 50 grammi al giorno) si traduce in un migliore indice di massa corporea, una minore circonferenza addominale e un miglior rapporto vita-fianchi. Questa ricerca era stata guardata con sospetto dalla comunità scientifica in quanto co-finanziata da Barilla Spa, ma lo studio canadese ora le dà manforte.
La pasta andrebbe mangiata secondo la tradizione nostrana, al dente (così i carboidrati di cui è composta non si sciolgono in zuccheri semplici), condita con olio a crudo (i grassi rallentano l’assorbimento dei carboidrati e quindi riducono l’indice glicemico della pasta), e con un contorno di verdure. Meglio gli spaghetti che, per la loro forma e quindi struttura dei carboidrati, hanno un indice glicemico ancora più basso.
L’amore per la pasta fa sì che il 53% degli Italiani dichiari ad un sondaggio Doxa per Aidepi (Associazione industrie del dolce e della pasta italiane) che, seppure a dieta, non rinuncia alla pasta. La proibizione della pasta è probabilmente la causa della difficoltà, per noi Italiani, di resistere a lungo alle diete low-carb, o iper-proteiche (come Zona, Dukan e Paleolitica), di maggior successo all’estero. Ma noi abbiamo la Dieta Mediterranea: cosa c’è di meglio?
Il dottor Carlo Alfaro, sorrentino, 54 anni, è un medico pediatra Dirigente Medico di I livello presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi della ASL NA3Sud, Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientifica SLAM Corsi e Formazione, e Consigliere Nazionale della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA).
Inoltre è giornalista pubblicista, organizzatore e presentatore di numerosi eventi culturali, attore di teatro e cinema, poeta pubblicato in antologie, autore di testi, animatore culturale di diverse associazioni sul territorio, direttore artistico di manifestazioni culturali.
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