Società

Il Racconto, Memoria

di Giovanni Renella

«Strano il destino», rifletteva Pietro, mentre si abbottonava l’abito.

Nel corso degli anni il suo pensiero era andato tante volte a quelle tre giovani vite spezzate,che lui non aveva fatto in tempo a conoscere.

Di quegli eroi involontari aveva sentito parlare sin da quando era bambino e l’esempio di quelle esistenze, tragicamente interrotte, aveva ispirato le sue scelte.

Mentre percorreva in autoquel tratto di autostrada che lo avrebbe portato a destinazione, non poteva fare a meno di pensare a quando la decisione era maturata, negli anni del liceo, spensierati per tanti, ma non per lui, che si struggeva su una domanda: che fare?

Di sicuro, chi non poté nulla, per farlo recedere da quanto aveva deciso, furono i suoi genitori, cui non restò altro che accettare una scelta così radicale, consapevoli della determinazione del figlio.

L’uccisione di Rocco, Antonio e Vito rappresentava per Pietro un martirio e allo stesso tempo un monito,di cui non doveva perdersi la memoria: quegli uomini erano  morti per difendere un altro uomo che inseguiva il sogno di un Paese libero dalla mafia.

Stava rincorrendo i suoi pensieri, quando l’indicazione dell’uscita autostradale lo colse alla sprovvista.

Azionò la freccia  e imboccò lo svincolo.

Percorsi ancora pochi chilometri, si ritrovò all’interno del paese, nella piazza di fronte alla chiesa.

Scese dall’auto e si infilò nella canonica.

Giusto il tempo di indossare i paramenti e Pietro era già sull’altare, a celebrare la sua prima messa: nello stesso giorno, il 23 maggio, e proprio lì, in quella Capaci, dove, venticinque anni prima, “cosa nostra” aveva lanciato la sua sfida, contro tutti.

E il giovane prete l’aveva raccolta, mai pago di lottare contro la mafia, per non rendere vano quel martirio compiuto quando era ancora un bambino e di cui non voleva che si perdesse la memoria.

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