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Il Real Sito di Portici – Il Forte del Granatello

La passeggiata domenicale guidata dal nostro autore questa volta ci porta al Granatello per “visitare” un fortino che quasi non c’è più…

di Lucio Sandon

«Il Granatello fu così nominato per le molte piante di meligranati che ivi vi erano, prima che lo coprisse quella spaziosa ed alta lava che in esso si vede. Coloro che hanno descritto gli incendi del Vesuvio non dicono in che anno il suddetto ardente monte versasse la poco anzi mentovata lava. Ella però vi discese prima del secolo XIII imperocchè nel tale secolo sopra la medesima v’era un bosco, e dove al presente è posto il monistero dè Frati Conventuali, accanto alla strada regia dalla parte del mare, vi era un casino della famiglia Carafa, che nel suddetto secolo fu aggiustato e ridotto in forma di convento

Nel 1520 durante il periodo vicereale spagnolo, nella zona delle Mortelle (detta così per le distese di cespugli di mirto) venne costruita alla punta di Capo del Fico una torre di avvistamento per difendere la costa di Portici dalle incursioni dei pirati. Nel 1720, in riva al mare, per proteggere il palazzo del principe Paolo Ruffo dei Duchi di Bagnara, venne eretta un’altra torre che prima di essere abbattuta nel 1942 per far posto ad una batteria contraerea era stata adattata a forno per la cottura della calce.

Un’altra batteria era piazzata sulla rada di Pietrarsa, e munita di 22 pezzi da costa da 36 e 2 da 12, con alle spalle dei magazzini blindati per le munizioni. Sul fondo di una scala di tufo vi era una sorgente di acqua minerale, nota per le sue qualità terapeutiche.

«Non lungi dalla Città di Napoli è posto sulla riva del mare, in un luogo del territorio di Portici detto il Granatello, un Fortino, che ha le principali sue batterie al mare stesso dirette, e che in un gomito fatto ad angolo ottuso si ha un’opera dentata, che domina tutto il lembo d’arena, che le sta vicino, accetto quel lido, che dopo il Ponte di Jace continua fino al Baraccone; poichè si avvalla.  Questo lido termina in una punta formata da un’antica vesuviana lava, e dopo un piccol seno sporge in fuora con un’altra punta consimile, sopra la quale è situato un altro Fortino di mare, detto la Batteria di Calastro.  La torre di questa Fortezza fu fatta sotto Carlo V nel secolo XV, in cui furon fatte dell’altre simili in varie parti del lido di questo Regno conforme raccontano i nostri Storici.  I muri, che la chiudono, il fosso, e lo spalto le furono aggiunti, quando l’anno 1702 Filippo V dimorò in Napoli, come si sa per costante tradizione.  Intorno all’anno 1743 mentre qui regnava il gloriosissimo Re Cattolico, si aggiunsero alla medesima Fortezza, colla, direzione dell’ingegnere militare D. Pietro Bardet, il rivellino, e la controgguardia. Dopo un tratto di non più di quattro cento passi, o circa viene la Torre del Greco, di cui un vecchio grand’edificio, chiamato volgarmente il Castello, signoreggia l’anzidetto Fortino di Calastro, come quello, ch’è posto sopra un’eminenza. Questa è la situazione dei luoghi; che formano le pertinenze del Granatello, i quali luoghi comunicano per un braccio d’arena, che il mare frangendovi lambisce, e che posson anche comunicare per la strada regia, nella quale si monta per un dolce pendio pieno di strette, alcune delle quali mettono capo in una di mezzo, che porta al largo del Granatello medesimo.» (Matteo Scalfati, generale borbonico, 1774)

Lo Scalfati dice anche che, prima della costruzione del forte alle Mortelle, in quel luogo si lavorava per estrarre la lava per la costruzione dei porti di Ischia, Procida, Miseno e Napoli. Dopo la costruzione del palazzo reale, si sentì la necessità di avere un porto sicuro per il naviglio reale, peschereccio e commerciale, quindi nel 1773 sotto la direzione dell’architetto Giovanni Buonpiede, ebbero inizio dei colossali lavori per togliere grandi massi di lava vulcanica e gettare le basi di un molo che si spingeva in mare aperto.

Si trasportarono allora numerosissimi ed enormi massi di pietra già squadrati dalla vicina cava, che furono buttati in mare e cementati con calce e pozzolana. Ne risultò una maestosa opera d’arte: un molo lungo 1.200 piedi, difeso dalla furia dei marosi da grosse muraglie di scogli e grossi blocchi di pietra lavica.

All’estremità del molo vi è un faro, e al lato sinistro dell’imbocco del porto, cui è attiguo lo scalo di alaggio detto ‘a scarpetta, resiste la casa rossa del Comandante, un fabbricato adibito a Capitaneria, mentre è scomparsa la Real Peschiera del Granatello.

Nel quadro di Lancelot De Crisse, dal forte del Granatello viene esclusa dalla visuale la Reggia, mentre il Casino del Renna copre quello del Cecere. A sinistra, la villa dell’ambasciatore di Russia presso la corte Borbonica, con una ridotta vista dei magnifici giardini della Villa Caravita (oggi Maltese). Sulla terrazza del forte si leggono alcune scritte dei soldati borbonici, con graffiti celebranti papa Pio VII.

Nel 1873 il fortino del Granatello fu distrutto a colpi di cannone e mediante lo scoppio di mine. Le sue macerie furono trasportate a Napoli via mare per essere utilizzate come base per la nuova strada litoranea che fiancheggiava Il Real Passeggio di Chiaia.

Cannoni del Fortino utilizzati come bitte

Il Centro Ricerche ENEA di Portici, progettato dall’architetto Vittorio Gregotti, è situato sul litorale porticese alle spalle dell’ex mattatoio comunale.

Oggi l’ex macello è sede Centro Ricerche Tartarughe Marine della Stazione Zoologica Anton Dohrn.

Dei ruderi del fortino che resistevano fino al secolo scorso, attualmente è a malapena visibile un residuo di torretta, nascosto in corrispondenza dell’ultima curva della strada che porta alla spiaggia delle Mortelle.

 

Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio.

Notevole è il suo penultimo romanzo, “La Macchina Anatomica”, Graus Editore, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario veterinario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal suo ultimo romanzo “Cuore di ragno”, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto Cuori sui generis” 2019.

Sempre nel 2019,  il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritatola Segnalazione Speciale della Giuria  nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci – Città di Roma. Inoltre, il racconto “Interrogazione di Storia”  è risultato vincitore per la Sezione Narrativa/Autori al Premio Letizia Isaia 2109. Nel 2020 il libro “Cuore di Ragno” è stato premiato come Miglior romanzo storico al prestigioso XI Concorso Letterario Grottammare

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