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La Recensione, Croce e delizia

di Ciccio Capozzi

Carlo, vedovo, terragno pescivendolo dello sprofondo romano, ma sensibile e intelligente, a dispetto dell’allure esteriore, e Tony, raffinato antiquario, benestante e notorio bon vivant, tombeur, bisex, un po’ sull’anarchico e sull’egoista, non potrebbero essere più diversi: loro stessi e le loro famiglie. Eppure…non solo stanno insieme, ma hanno deciso di comunicare il loro matrimonio alle persone più care.

Embé: che vi debbo dire? A me questo Croce e delizia (ITA, ‘19) è piaciuto. Mentre buona parte della critica dei giornaloni (non tutta), ha storto il naso e/o l’ha definito con una qual moralistica pretenziosità, come se si trattasse della “solita” sbobba commediale, fatta con attori di richiamo ecc.

Invece il regista Simone Godano, a mio avviso ha utilizzato al meglio una bella sceneggiatura di Giulia Steigerwalt, con ritmo e brio narrativo. Anzi: il suo punto di forza è proprio la definizione in sede di scrittura di tutti i personaggi: ognuno dei quali obbedisce a diversificate motivazioni. Non solo: ognuno si muove su linee che, nel corso del film, maturano e portano a diverse soluzioni. Che, ovviamente, sono interne agli stilemi della commedia e del finale gratificante, e lo fanno con ironia e leggerezza.

E talvolta senza alcun cambiamento esteriore “obbligato”: come nel caso di uno dei personaggi centrali, quello di Penelope (Jasmine Trinca) che vorrebbe essere come il personaggio odissiaco: tesse le fila di una tela di inganni che dovrebbe impedire il matrimonio, essendo contraria. Non per motivi socio-culturali: ma perché francamente invidiosa del sentimento che avverte presente e forte nella coppia di suo padre e l’altro. Ma non una manovra le riesce.

Appare come la “cattiva” della situazione: ma in realtà è esistenzialmente confusa, perfino quando fa la pseudocorte al figlio del pescivendolo: sgamata dalla combattiva moglie, si vede solo che è un’adolescente che non sa quello che vuole. E rimane in questo limbo.

La sceneggiatura di Croce e delizia prevede, nel sottofinale, una probabile sua pacata successiva trasformazione: come se avesse accettato, convivendoci, tutte le contraddizioni in lei presenti, anche se non del tutto risolte. Ed avviene come dice il personaggio della madre adottiva, la saggia, luminosa e generosa, e bella con maturità, Anna Galiena: «È  brutto invecchiare: ma invecchiare senza crescere è orribile,»

È un elegante e riuscito personaggio-folletto: perché appare, ridefinisce tutto, nel senso che dà un nuovo start alla scansione dei personaggi (in particolare di Tony), e poi, opportunamente, scompare di scena.

Come assai simpatico è il figlioletto di Tony, che per amore del padre appare il più comprensivo. Da notare che è uno dei pochi film italiani riusciti che non è debitore ad un qualche precedente testo straniero, francese, spagnolo, argentino, ecc., come sta sempre più spesso avvenendo nel nostro cinema. D’altra parte la sceneggiatrice è un personaggio di per sé complesso. Laureata in filosofia, e in possesso di un Master in Produzione Cinematografica, nasce come attrice nei film di Gabriele Muccino, continuando con successo in televisione. Ha scritto  un romanzo. Insomma: è giovane, tosta, capace e ambiziosa; ed è colta..

Inoltre ha già lavorato col regista nel precedente brillante film. Qui è riuscita a creare, come nelle commedie classiche italiane (Goldoni; Da Ponte) e francesi (Marivaux), senza alterare il senso dell’armonia e della fluidità dell’insieme, un doppio protagonismo: quello dei due protagonisti “frontali”, i bravi, credibili, anche dal punto di vista erotico-sentimentale, e assai misurati Fabrizio Bentivoglio e Alessandro Gassman, e quello della Trinca.

È impresa difficile. Significa scandire con rigore il gioco dei tempi e delle apparizioni, dando ai dialoghi la giusta dose di freschezza e velocità, nel mentre si mettono a fuoco i personaggi. Che peraltro sono piuttosto numerosi: e le situazioni che li riguardano hanno un piacevole, garbato e non scontato afflato corale.

Da rilevare la fotografia di Daniele Ciprì: dopo lo sperimentalismo di Il primo re, il realismo di La paranza dei bambini, abbiamo la solarità ingannevolmente aperta di questo film.

Ciccio Capozzi, già docente del Liceo Scientifico

porticese Filippo Silvestri, è attualmente

Direttore Artistico del Cineforum

dell’Associazione Città del Monte|FICC al

Cinema Teatro Roma di Portici.

 

2 pensieri riguardo “La Recensione, Croce e delizia

  • Roberto Mascolo

    Il film ambisce ad essere uno spaccato sociale alla Rossellini
    e rischia di trasformarsi nel Risveglio del Giovin Signore di Parini.

    Una carrellata di casi umani così ridotti alla superficie del senso
    dal non poter permettere l’approfondimento del personaggio,
    scomparso nella forma a macchietta.

    Di reale emerge un pervasivo e soffocante senso di stigma sociale
    e di crudeltà da rendita di potere ostentata e dalla quale traspaiono
    pochi momenti lirici.

    Nella costruzione del rapporto d’amore, alleggerendolo dall’unica
    nota originale dell’omosessualità, si ha un ricopiarsi di un genere del secondo ottocento
    europeo.

    il maturo ormai corrotto che si innamora del più giovane e ‘verace
    il giovane che si innamora del senso di sicurezza che dal maturo perviene

    e mentre i si comprende perché il maturo
    apprezzi il giovane per i valori forti e semplici che rappresenta

    sfugge a tutti – comprese le figlie di uno dei protagonisti- del perché
    il giovane trovi fascino nel maturo.

    Manca una qualsiasi descrizione nella relazione, all’infuori di un generico “sentirsi
    “liberi, sentire “che le cose sono facili” per bocca dello stesso Gassman.

    Spogliata dalla pruderie di genere il tutto si tramuta in un anziano che esibisce ai consimili
    la giovane preda esotica
    e la scalata sociale del giovane che su altro non può far conto che capitallizzare l’eros e
    la sua esoticità

    Una splendida Anna Galiena mette a fuoco il vero centro di tutto il racconto.
    L’eredità e il capitale come unico argomento di disputa reale al netto dei vari merletti sul quotidiano.

    Sesso e denaro, in salsa arcobaleno.

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    • Francesco Capozzi

      Caro te,
      Innanzitutto grazie per l’attenzione alla mia recensione.
      Ti sembrerà stano, ma personalmente colgo, nonostante l’aria, diciamo così, arcigna del tuo dire , molti punti di accordo con quanto ho detto. Ad esempio nella tua giusta riflessione sulla sostanziale negatività del carattere di Bentivoglio, cogli aspetti che ci sono nel corpo stesso della narrazione. Solo che “convivono” nella ritrattistica di maniera del tizio che ha conosciuto il “vero amore” nella tarda maturità, per così dire. Ma sono per l’ appunto questa sfumature caratteriali (nuances) che rendono, a mio avviso, la qualità della sceneggiatura: perchtsono elementi che narrativamente è drammaturgicamente l’autrice dello script ha messo nella dovuta, benché non enfatizzata, evidenza . Poi condivido e sottoscrivo in pieno la tua acuta analisi del personaggio, che definito folletto, della Galiena. Grazie per la tua ospitalità, cara la mia Directora; e per l’opportunita’ di confrontarmi con lettori cost attenti. Ciccio Capozzi

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