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L’acqua minerale di Napoli

Questa domenica il nostro autore ci accompagna alla riscoperta di un’acqua minerale donata dai Borbone ai napoletani: l’acqua suffregna del Chiatamone, quella venduta dagli acquafrescai nelle mummarelle, e che ormai non sgorga più..  

di Lucio Sandon

Erano quattro le sorgenti che sgorgavano a breve distanza l’una dalle altre: l’acqua sulfurea o suffregna e l’acqua acidula di Santa Lucia, l’acqua Ferrata e l’acqua del Fontaniello.

In questo luogo si scrive da molti antichi che vi erano alcune scaturigini di acque salubri che servivano per bagni, ed è probabile: essendo che dalla parte di S. Lucia presso del lido del mare ve ne sono alcune; e sotto della muraglia del Platamone sgorga un’acqua che ora viene nominata Ferrata ed anticamente Luculliana, prendendo tal denominazione forse dal luogo che Luculliano dicevasi. Vien chiamata ora Ferrata perchè per molte osservazioni fatte dai Filosofi si trova che passi per qualche miniera di ferro; e particolarmente si vede e dove sgorga ed in tutto il canale per lo quale corre al mare, ancorché sia allo stesso battuto dalle acque marine, un certo colore di rugine benché un poco più rosso; e facendosi la calata dal Presidio al Castel dell’Uovo scavandosi in alcune parti vi si trovarono molte zolle di ferro.

Platamon significava in greco “rocce marine scavate dal mare” e proprio lì ai piedi del monte Echia gli uomini nella preistoria trovavano rifugio e si dissetavano alle sorgenti, mentre nelle ere successive nelle caverne del Chiatamone si praticavano i culti di Serapide e Mithra.

Al Chiatamone si potevano fare sia bagni di mare che usufruire delle terme, sfruttando le proprietà benefiche delle acque carbonico ferruginose alcaline che sgorgavano dalle sorgenti all’interno delle grotte.

Chiunque poteva visitare la sorgente naturale grazie ad una scalinata che conduceva in una oscura grotta, che però spesso era occupata dai venditori che andavano a prelevarla per distribuirla in tutta la regione.

L’acqua ferrata, come le altre di provenienza evidentemente vulcanica, veniva conservata in anfore di coccio con due manici e un tappo di sughero dette mummare, dove si manteneva fresca per molte ore, e fu «sperimentata giovevolissima», tanto che il Tribunale ne vietò la commercializzazione senza una specifica licenza, comminando per la violazione la pena di cinquanta ducati, e sei mesi di carcere. Vi fu addirittura una popolana, sua appassionata consumatrice, che giunse al punto di convincersi d’esserne rimasta metallizzata, fino a passare alla leggenda col nome di Mariuccia ‘e fierro.

L’acqua suffregna fu negata ai napoletani dall’avvento del colera del 1973, quando per intercessione di un potente uomo politico la fonte venne surrettiziamente dichiarata infetta, e sul luogo dove anticamente si distribuiva venne costruito un grande albergo, ma dopo una lunga serie di analisi e un processo di depurazione per renderla potabile, il comune di Napoli ne ripristinò per qualche tempo il consumo. Esistono analisi chimico-fisiche e batteriologiche che attestano che tale acqua non solo è pura, potabile e dalle proprietà organolettiche molto positive, ma che è indicata per le patologie gastro-intestinali, epatiche e per l’anemia Mediterranea, essendo ricca di ferro.

In via Riccardo Filangieri di Candida Gonzaga, tra via Acton e Piazza Municipio, sotto le mura perimetrali del Palazzo Reale, nel 2000 vennero inaugurate alcune fontane dove sgorgava l’acqua fatta affluire da un pozzo realizzato nel 1850 dall’ingegner Cangiano su ordine di Ferdinando II nei giardini della reggia, e proveniente dalle sorgenti del Monte Echia, classificata come: acqua minerale naturalmente gassata, contenente bicarbonato di sodio, clururata, calcica, sodica, magnesica e ferruginosa, microbatteriologicamente pura.

Dopo pochi mesi di attività le fontane sono state bloccate, e attualmente vengono usate come immondezzai.

 

L’acqua minerale locale è stata da secoli la bevanda per eccellenza dei napoletani. Molti la sorseggiavano per diluire il vino troppo robusto, oppure o con l’aggiunta di una spremuta di limone e un pizzico di bicarbonato di sodio, consumata presso i banchi gli acquafrescai, detti anche banche dell’acqua, ‘e banche e ll’acqua.

La fonte che sgorgava a ridosso del porto veniva anche utilizzata per fare il carico d’acqua per i velieri che andavano nelle Americhe, perché si riteneva fosse l’unica al mondo non soggetta a putrefazione. Proprio per tale motivo, il molo adiacente alla reggia, nella darsena di Napoli si chiama ancora Beverello.

Quando Francesco II di Borbone, accompagnato dalla moglie Maria Sofia andò esule a Parigi, chiese a un ministro napoletano che gli era andato a rendere omaggio, di portargli un ricordo della sua amata Napoli. Il ministro chiese allora a Vincenzo Gemito di modellare per il re la statua di un acquaiolo fusa in argento: il classico scugnizzo con la mummera sotto al braccio e con la mummarella in mano.

 

 

Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio.

Notevole è il suo penultimo romanzo, “La Macchina Anatomica”, Graus Editore, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario veterinario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal suo ultimo romanzo “Cuore di ragno”, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto Cuori sui generis” 2019.

Sempre nel 2019,  il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritatola Segnalazione Speciale della Giuria  nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci – Città di Roma. Inoltre, il racconto “Interrogazione di Storia”  è risultato vincitore per la Sezione Narrativa/Autori al Premio Letizia Isaia 2109. Nel 2020 il libro “Cuore di Ragno” è stato premiato come Miglior romanzo storico al prestigioso XI Concorso Letterario Grottammare

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