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Covid, le nuove regole dal primo maggio

Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria all’ASLnapoli3sud, Consigliere nazionale Società italiana medicina dell’Adolescenza, fa il punto sull’attuale situazione Covid e sulle nuove norme sanitarie in vigore da maggio 

Dal primo maggio in Italia molte regole relative al controllo della pandemia sono cambiate, tanto che questa data è stata definita da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, uno “spartiacque normativo”. Ma oltre alle regole, anche l’epidemia stessa sta cambiando.

Riguardo quest’ultimo punto, i dati settimanali del monitoraggio della Cabina di Regia, aggiornati al 6 maggio scorso, documentano il progressivo calo dell’incidenza settimanale di nuovi casi a livello nazionale (559 ogni 100.000 abitanti) e del tasso di occupazione sia nei reparti ordinari che nelle terapie intensive. L’indice di trasmissibilità, Rt, resta al di sotto della soglia epidemica, che è di 1.

Anche dal monitoraggio della Fondazione Gimbe con i dati della settimana 27 aprile-3 maggio appare chiaro che tutti gli indicatori epidemici sono sostanzialmente in una fase a tendenza discendente.

Parimenti, dalla rilevazione degli ospedali sentinella della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, Fiaso, emerge nella settimana 26 aprile-3 maggio una riduzione del numero delle ospedalizzazioni, che per quanto concerne le terapie intensive riguarda oramai solo soggetti anziani e fragili, per i quali dunque è necessario continuare ad avere cautele. Soprattutto considerando il flop delle quarte dosi ai fragili e la capacità di Omicron 2, la sottovariante dominante in Italia, di causare reinfezioni e resistere agli anticorpi monoclonali.

Sembra comunque finalmente vedersi finalmente uno spiraglio, dopo oltre due anni di un’epidemia che solo in Italia, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha causato direttamente (a causa della malattia) o indirettamente (a causa dell’impatto sui sistemi sanitari e sulla società) tra il 1 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021 più di 160mila morti, circa 23mila in più di quelli ufficiali, e in tutto il mondo 14,9 milioni, 2,7 volte in più di quelli notificati.

L’eccesso di mortalità (calcolato come la differenza tra il numero di decessi che si sono verificati e il numero che ci si aspetterebbe sulla base dei dati degli anni precedenti) in Italia è stato particolarmente elevato rispetto ad altri Paesi. Ancora oggi, l’Italia resta ai vertici delle Nazioni più colpite.

L’ultimo rapporto epidemiologico settimanale dell’Oms del 4 maggio documenta che dal 25 aprile al 1 maggio 2022, a livello globale, il numero di nuovi casi e decessi continua a decrescere, ma comunque sono stati segnalati oltre 3,8 milioni di casi e oltre 15.000 decessi.

Tra le Nazioni, il maggior numero di nuovi casi settimanali è stato segnalato nell’ordine in: Germania, Italia, Francia, Repubblica di Corea e Stati Uniti d’America, mentre il maggior numero di nuovi decessi settimanali è stato segnalato dagli Stati Uniti d’America e in Europa nell’ordine da Federazione Russa, Francia e Italia.

Piccoli miglioramenti della situazione sono segnalati in Europa dell’Est, Spagna, Paesi Baltici, Danimarca, Irlanda, mentre in Africa e nelle Americhe si sta assistendo a una forte ripresa dei contagi, sostenuta da tre nuove sotto-varianti di Omicron (che da dicembre 2021 ha soppiantato la Delta nell’arco di tre settimane e attualmente, nelle varie forme legate a nuove mutazioni, rappresenta il 99,7% delle infezioni Sars-Cov-2 nel mondo) a maggior diffusività: BA.4 e BA.5 diffuse prevalentemente in Africa (soprattutto in Sudafrica) e BA.2.12.1, riscontrata nelle Americhe.

Aver contratto Omicron BA.1 non renderebbe immuni dalle nuove sotto-varianti BA.4 e BA.5, soprattutto nelle persone non vaccinate.

Purtroppo, le due sottovarianti sono comparse anche in Europa, dove si contano circa 200 casi; in Italia, a oggi, sono 4 i pazienti infettati dalla variante BA.4; BA.5, invece, non è stata ancora rilevata nel nostro Paese.

Secondo le stime dell’Agenzia di Salute Pubblica dell’Unione europea, oramai tra il 70% e l’80% della popolazione europea potrebbe essere stata contagiata dal Covid-19, molti in maniera inconsapevole. Considerando ciò e l’elevata copertura vaccinale, potremmo essere a una svolta positiva, se l’emergere di varianti che superano l’immunità conseguita non desse una nuova chance alla pandemia.

La realtà è che ormai è chiaro che l’obiettivo “contagi zero” sia irraggiungibile, dunque è necessario arrivare a una convivenza con il virus, che permetta la normalità delle attività lavorative e sociali e scongiuri la pressione sugli ospedali. È in questa direzione che si muovono le nuove regole in Italia.

 

Riguardo appunto alle nuove regole, in base al Decreto Riaperture, approvato alla Camera, è confermata la fine dello stato di emergenza (dal 31 marzo). Ciò comporta innanzitutto la cessazione della funzione di Commissario straordinario per l’emergenza epidemiologica Covid-19 e dell’assegnazione alle Regioni di colori in base alla diffusione del virus.

I malati di Covid sono tenuti a restare in isolamento fino a negativizzazione del tampone, ma non i loro contatti, che devono effettuare autosorveglianza, con obbligo di indossare mascherina FfpP2, al chiuso o in presenza di assembramenti per 10 giorni e di effettuare un tampone se compaiono i sintomi.

Per le mascherine, dal primo maggio non sono più obbligatorie in bar, ristoranti, negozi, supermercati, ma il decreto ha recepito l’emendamento del Governo che estende fino al prossimo15 giugno l’obbligo di indossare le Ffp2 per:

  • accesso in aero, navi, treni, autobus, mezzi del trasporto pubblico locale o regionale, mezzi di trasporto scolastico (l’accesso alle funivie, a partire dall’1 maggio, è invece consentito senza mascherina);
  • spettacoli aperti al pubblico che si svolgono al chiuso in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo; night e discoteche; eventi sportivi che si svolgono al chiuso;
  • all’interno delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali.

Negli stadi e nei concerti o eventi all’aperto le mascherine non sono più obbligatorie dal primo maggio.

Sono comunque esenti dall’uso di mascherine bambini sotto i 6 anni, persone con disabilità e persone che devono comunicare con un disabile.

Dal primo maggio, c’è la decadenza completa del Green pass; quello “rafforzato” (cioè con dose di richiamo o con un tampone delle 48 ore precedenti) serve fino al prossimo 31 dicembre solo per i visitatori di strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali. Fino al 31 dicembre vale l’obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie, socio-assistenziali e socio-sanitarie, mentre l’obbligo scade il 15 giugno per gli over 50, il personale scolastico e quello della difesa e sicurezza.

A scuola, per quanto resta dell’anno scolastico 2021-2022, il personale scolastico in caso di contatto con positivo deve applicare l’auto-sorveglianza, con mascherine Ffp2 per dieci giorni dall’ultimo contatto (alla prima comparsa dei sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo all’ultimo contatto, va effettuato un tampone il cui esito negativo è attestato con una autocertificazione).

Gli alunni in isolamento in seguito all’infezione possono seguire l’attività scolastica nella modalità della didattica digitale integrata (abrogata la necessità di un certificato medico di idoneità per farlo: basta che venga richiesto dalla famiglia). La riammissione in classe è subordinata alla sola dimostrazione di avere effettuato un tampone con esito negativo.

Fino alla conclusione dell’anno scolastico 2021-2022, nelle istituzioni scolastiche è fatto obbligo di utilizzo delle mascherine chirurgiche, fatta eccezione per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso dei predetti dispositivi e per lo svolgimento delle attività sportive. Inoltre, è raccomandato il rispetto di una distanza di sicurezza interpersonale di almeno 1 metro, salvo che le condizioni strutturali-logistiche degli edifici non lo consentano.

Viene meno l’obbligo di mascherine a partire dall’1 maggio nelle Università.

Per quanto riguarda i luoghi di lavoro, negli uffici pubblici l’obbligo di mascherine è decaduto dal primo maggio, ma una circolare ministeriale chiarisce che la Ffp2 resta raccomandata (non obbligatoria) per il personale a contatto con il pubblico, nelle stanze comuni con almeno due lavoratori, nel corso di riunioni in presenza, se si è in coda, in presenza di sintomatologia respiratoria e in tutte le occasioni che comportano contatti con soggetti fragili.

La mascherina non è necessaria in caso di attività svolta all’aperto o in ambienti ampi con distanza interpersonale congrua.

Nel settore privato, invece, il protocollo sulle misure di contrasto e contenimento della diffusione del Covid negli ambienti di lavoro sottoscritto nel 2020 e aggiornato nel 2021 resta valido fino a metà giugno, con obbligo di mascherina in tutti i casi di condivisione degli ambienti di lavoro, al chiuso o all’aperto.

Lo smart working è prorogato fino al 31 agosto per i lavoratori del settore privato, fino al 30 giugno per i lavoratori fragili pubblici e privati e per i genitori di figli con fragilità.

Riguardo ai viaggi esteri, è decaduto dal primo maggio il Passenger Locator Form -il modulo utilizzato dalle Autorità Sanitarie per i viaggi – che non sarà dunque più necessario per chi parta o rientri dall’estero.

In Unione europea, il Parlamento europeo ha approvato la proroga di ulteriori 12 mesi della validità del certificato digitale Covid (Green pass), in scadenza il prossimo 30 giugno: dunque, fino al 30 giugno 2023. Ciò consentirà a chi lo possiede libera circolazione nei Paesi della Ue senza restrizioni.

Uno dei punti che fanno più discutere concerne l’obbligo di mascherine. Tra gli studiosi, c’è chi sostiene che, in presenza di una variante talmente trasmissibile come Omicron, e quindi non fronteggiabile con la mascherina, ma anche poco grave e con ampia copertura vaccinale della popolazione, si potrebbe già da ora eliminare completamente l’obbligo delle mascherine in qualsiasi luogo (tranne che per immunodepressi, fragili, grandi anziani, non vaccinati) e chi temporeggia ritenendo che mantenere la mascherina nei locali al chiuso, specialmente se affollati e/o poco aerati, rimanga una strategia da perseguire a lungo.

Psicologicamente, poi, molti vogliono continuare a indossarle, sentendosene protetti. C’è anche la possibilità che togliendole ci sia un’impennata di virosi dalle quali non ci si è immunizzati in questi due anni di restrizioni dell’esposizione.

Non trascuriamo infine quanto segnala la Società Italiana di Medicina Ambientale sull’impatto ambientale delle mascherine: sarebbero almeno 46 miliardi le mascherine utilizzate in Italia da inizio pandemia ad oggi, e ben 129 miliardi a livello globale quelle consumate ogni mese, ovvero 3 milioni al minuto. L’Oms ha stimato in 3,4 miliardi le mascherine che finiscono ogni giorno nella spazzatura (dato globale), assieme a 140 milioni di kit di test, che hanno il potenziale di generare 2.600 tonnellate di rifiuti non infettivi (principalmente plastica) e 731.000 litri di rifiuti chimici.

Un recente studio apparso su Environmental Advances ha rivelato come buona parte delle mascherine finisca in acqua (quasi 5.500 tonnellate metriche di plastica ogni anno) e come una singola mascherina potrebbe rilasciare fino a 173mila microfibre di plastica al giorno negli oceani, di cui le frazioni sub-micrometriche sono potenzialmente capaci di attraversare le barriere biologiche.

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