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Ospedale Bambino Gesù, terapia genica contro il cancro

di Carlo Alfaro

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma: la stampa mondiale ha dato giustamente grande risalto al primo caso in Italia del risultato positivo di un approccio innovativo e rivoluzionario alla cura delle neoplasie: i linfociti di un bambino di 4 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta, refrattario alle terapie convenzionali, sono stati manipolati geneticamente dall’equipe di scienziati del Bambino Gesù guidati da Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica- Terapia Cellulare e Genica, e reindirizzati contro il tumore, per renderli capaci di riconoscere e attaccare le cellule neoplastiche. A un mese dall’infusione delle cellule riprogrammate, il piccolo paziente è stato dimesso in buona salute, il primo febbraio: nel midollo non sono più presenti cellule leucemiche.

Si tratta di una sperimentazione promossa dal Ministero della Salute, Regione Lazio e AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca contro il Cancro). La tecnica di manipolazione delle cellule del sistema immunitario rientra nell’ambito della cosiddetta terapia genica o immunoterapia tumorale, una delle strategie più innovative e promettenti nella ricerca contro il cancro. Gli studiosi del Bambino Gesù hanno prelevato i linfociti T del paziente, e li hanno modificati geneticamente attraverso un recettore chimerico sintetizzato in laboratorio. Questo recettore, chiamato Car (Chimeric Antigenic Receptor), potenzia i linfociti e li rende in grado – una volta reinfusi nel paziente – di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo, fino ad eliminarle completamente. La terapia genica con cellule modificate Car-T è stata sperimentata per la prima volta con successo nel 2012, negli Stati Uniti, su una bambina affetta da leucemia linfoblastica acuta, dai ricercatori dell’Università di Pennsylvania presso il Children Hospital di Philadelphia. Da allora sono partite numerose sperimentazioni in tutto il mondo, i cui risultati hanno portato la Food and Drug Administration ad approvare lo sviluppo da parte dell’industria farmaceutica del primo farmaco a base di Car-T.

L’approccio adottato dai ricercatori del Bambino Gesù differisce parzialmente da quello nord-americano: diversa è la piattaforma virale utilizzata per la trasduzione delle cellule, per realizzare cioè il percorso di modificazione genetica, in quanto si utilizzano dei retrovirus che consentono di aumentare il numero di cellule geneticamente modificate che si ottengono alla fine della produzione, e diversa la sequenza genica realizzata (costrutto), che prevede anche l’inserimento della Caspasi 9 Inducibile (iC9), una sorta di gene “suicida”, attivabile in caso di eventi avversi con la somministrazione di un farmaco, nel qual caso i linfociti modificati vengono distrutti.

Inoltre, l’intervento terapeutico è avvenuto nell’ambito di uno studio accademico, non industriale, in cui tutto il processo, la manipolazione genetica e la produzione del farmaco biologico, quindi delle cellule geneticamente modificate, è stato istituito interamente all’interno dell’Officina Farmaceutica (Cell Factory) del Bambin Gesù a San Paolo, autorizzata per quest’attività specifica dall’Agenzia Italiana del Farmaco.

Il bambino di 4 anni sottoposto per la prima volta al trattamento sperimentale di terapia genica aveva una forma particolarmente grave di leucemia che gli aveva già comportato due ricadute (recidive) di malattia, la prima dopo trattamento chemioterapico, la seconda dopo un trapianto di midollo osseo da donatore esterno (allogenico). Per questo bambino non erano più disponibili altre terapie potenzialmente in grado di offrirgli la speranza di una guarigione definitiva.

L’Officina Farmaceutica del Bambino Gesù ha già completato la preparazione delle cellule per un adolescente affetto dalla stessa malattia, la leucemia linfoblastica acuta, mentre è in corso la preparazione di Car-T anche per una bambina affetta da neuroblastoma, il tumore solido più frequente dell’età pediatrica. Anche in questo caso, il protocollo di manipolazione cellulare e il suo impiego clinico sono stati approvati dall’Agenzia Italiana del Farmaco. L’infusione di linfociti geneticamente modificati per essere reindirizzati con precisione verso il bersaglio tumorale rappresenta un approccio innovativo alla cura delle neoplasie e carico di prospettive incoraggianti a vantaggio di quei pazienti che hanno fallito i trattamenti convenzionali finora disponibili. Il successo della terapia genica sul piccolo paziente del Bambino Gesù getta pertanto uno squarcio di speranza sulla terapia dei tumori pediatrici, che purtroppo restano la seconda causa di morte nell’infanzia e adolescenza, dopo gli incidenti, e la prima causa tra le malattie.

In Italia ogni anno mediamente, secondo i dati dell’AIEOP (Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica) vengono diagnosticati circa 1500 casi di tumori tra i bambini (0-14 anni) e e 800 casi tra gli adolescenti (15-19 anni)  per un totale di 2300 nuovi casi all’anno da 0 a 19 anni. Oggi i tumori infantili sono sempre più curabili: fino a tre casi su quattro, in Europa, guariscono. I successi attuali sono il risultato dell’applicazione di un approccio diagnostico e terapeutico internazionale in cui i protocolli comuni sono costantemente aggiornati e migliorati attraverso la raccolta e l’analisi con sistema informatico dei dati messi a disposizione dalla cooperazione tra tutti i centri oncologici pediatrici.

La ricerca in oncologia pediatrica sta cercando inoltre di mettere a punto farmaci sempre più mirati per il singolo paziente e il tumore che lo ha colpito, individuato nelle sue intime peculiarità genetiche, ponendo le basi per una terapia su misura. Oggi sappiamo che il cancro è una malattia altamente eterogenea e multifattoriale, ogni paziente è diverso dall’altro e anche all’interno di un singolo tumore sono presenti diverse popolazioni di cellule tumorali che possono presentare caratteristiche genetiche distinte. Le terapie cellulari con cellule geneticamente modificate rientrano nell’ambito della medicina personalizzata, mirata cioè a combattere la specifica malattia del singolo paziente con farmaci preparati su misura per le sue caratteristiche biologiche e molecolari. Terapie del genere potrebbero essere il futuro, oltre che contro i tumori, contro malattie genetiche, come la talassemia, l’atrofia muscolare spinale o la leucodistrofia, o le malattie autoimmuni.

Carlo Alfaro, sorrentino, 54 anni, è un medico pediatra Dirigente Medico di I livello presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi della ASL NA3Sud, Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientifica SLAM Corsi e Formazione, e Consigliere Nazionale della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA).

Inoltre è giornalista pubblicista, organizzatore e presentatore di numerosi eventi culturali, attore di teatro e cinema, poeta pubblicato in antologie, autore di testi, animatore culturale di diverse associazioni sul territorio, direttore artistico di manifestazioni culturali.

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