biografie

Figli di Portici famosi: re Gioacchino Murat

di Stanislao Scognamiglio

Si sente spesso parlare di personaggi di Portici per nascita o d’elezione dei quali si sta perdendo la memoria … Ritengo perciò doveroso ravvivarne memoria fornendo un breve profilo biografico tratto dal mio inedito Diario; avvenimenti, cose, fenomeni, uomini, vicende.  Portici e Vesuvio dalle origini a oggi, con il conforto di Autori di ogni tempo.

Joachim Murat-Jordy = Gioacchino Murat è nato a La Bastide-Fortunière, sul pendio francese dei Monti Pi­renei, il 25 marzo 1771, da Pierre Murat Jordy e da Jeanne Loubières.

Ultimo di undici figli, anziché essere orientato a seguire l’attività paterna di albergatore, dai genitori, dal 1763, amministratori «… dei beni del comune e benefici ecclesiastici della priorìa di La Bastide-Fortunière» e, dal 1770, del priorato di Anglars, con immediatezza è stato avviato alla carriera ecclesiastica.

Mentre si preparava al noviziato sacerdotale, «… amante della bella vita, contraeva debiti e temendo le ire paterne si arruolò, il 23 febbraio 1787, nei “cacciatori delle Ardenne”».

Passato al 12esimo reggimento dei cacciatori a cavallo, in virtù della sua audacia e della sua istruzione, ben presto si è distinto. Ciò nonostante, nel 1789, è stato espulso per insubordinazione.

Tornato in seno alla sua famiglia, per qualche tempo, ha esercitato il mestiere paterno.

Arruolatosi nuovamente, ha militato nella guardia costituzionale al servizio del sovrano Luigi XVI di Borbone Versailles, 33 agosto 1754 – Parigi, 21 gennaio 1793).

Alla caduta della monarchia borbonica, è entrato nelle fila dell’esercito rivoluzionario, divenendo rapidamente ufficiale.

Nel 1795, a Parigi, ha sostenuto con coraggio le imprese di Napoleone Bonaparte (Ajaccio, in Corsica, 15 agosto 1769 – Longwood, nell’isola di Sant’Elena, 5 maggio 1821), contro l’insurrezione lealista.

Nel 1796, seguendolo nella campagna d’Italia, si è distinto a Dego, Ceva, Mondovì. Di­venuto generale di brigata, si è coperto di gloria nelle battaglie di Bassano, Man­tova e Rivoli. Le cariche del corpo di cavalleria al suo comando «… furono di importanza decisiva per la riuscita dello scontro

Nel 1797, durante un soggiorno al castello di Mombello, ha incontrato Maria Annunziata Carolina Bonaparte (Ajaccio, 25 marzo 1782 – Firenze, 18 maggio 1839), la sorella minore di Napoli, «… la quale s’invaghì di lui».

Nel maggio 1798, salpando da Genova a bordo dell’Artémise, ha seguito Napoleone  in Egitto.

Durante la  campagna d’Egitto, nominato generale, ha contribuito in modo determinate alla vittoria nella battaglia contro i turchi combattuta ad Abukir il 25 luglio 1799.

Rientrato in Francia, nell’anno VII della rivoluzione, ha partecipato attivamente al colpo di stato del 18 brumaio (9 novembre 1799).

Successivamente allo scioglimento del consiglio dei 500, da Napoleone, che ha acquisito il titolo di Primo console, è stato nominato comandante della guardia del Primo console.

Il 20 gennaio 1800, ha sposato Carolina Bonaparte, dalla quale ha avuto quattro figli, due maschi e due femmine: Napoleone Achille, Letizia, Napoleone Luciano Carlo, Luisa Giulia.

Nel 1800, è stato eletto deputato «…del suo dipartimento, il Lot, poi nominato comandante della prima divisione militare e governatore di Parigi, al comando di sessantamila uomini».

Nel 1804, ha ottenuto la nomina a maresciallo e grande ammiraglio.

Nel 1806, è stato intitolato granduca di Clèves e di Berg, titolo che, dopo essere diventato re di Napoli, ha lasciato al nipote Napoleone Luigi Bonaparte, detto anche Luigi II d’Olanda (Parigi, 11 ottobre 1804 – Forlì, 17 marzo 1831), figlio del cognato Luigi Bonaparte, noto anche come Luigi Napoleone (Ajaccio, 2 settembre 1778 – Livorno, 25 luglio 1845).

Nel 1807, ha preso parte alle battaglie di Marengo, di Jena, di Eylau, di Fliedland.

Nel maggio del 1808, in Spagna, ha represso con ferocia la rivolta del popolo di Madrid, insorto contro l’occupazione francese.

Dopo questa sua ultima impresa, il cognato Giuseppe Bonaparte (Corte, in Corsica, 7 gennaio 1768 – Firenze, 28 luglio 1844) è stato nominato re di Spagna.

A seguito di tale investitura, resosi vacante il trono di Napoli già sottratto ai Borbone, con  decreto emesso nel palazzo reale di Baiona dall’imperatore Napoleone Bonaparte, è stato dichiarato re di Napoli.

Con il titolo di Gioacchino Napoleone, il 6 settembre 1808, superbamente vestito, è entrato a Napoli.

Nella sua nuova capitale è stato «… ben accolto dalla popolazione, che ne apprezzava la bella presenza, il carattere sanguigno, il coraggio fisico, il gusto dello spettacolo e alcuni tentativi di porre riparo alla sua miseria, ma venne invece detestato dal clero».

Entrato «… nella chiesa dello Spirito Santo prese dal cardinal Firao la sacra benedizione, con reli­gioso aspetto, ma tenendosi in piedi sul trono».

Dal 4 al 17 ottobre 1808, con  una fulminea spedizione militare, ha scacciato gli Inglesi dall’isola di Capri, liberandondola «… dall’occupazione inglese di Hudson Lowe che ne aveva fatto una seconda Gibilterra».

Durante il suo breve regno, con propri decreti, ha:

  • fondato il Corpo degli ingegneri di Ponti e Strade – 18 novembre 1808 e, la cattedra di agraria – 10 dicembre 1809;
  • imposto la chiusura dell’antica Scuola medica salernitana – 29 novembre 1811;
  • avviato opere pubbliche: il ponte della Sanità, via Posillipo, il Campo di Marte a Napoli, nuovi scavi a Ercolano, l’illuminazione pubblica a Reggio Calabria, il Borgo Nuovo di Bari, il riattamento del porto di Brindisi, l’ospedale San Carlo di Potenza, guarnigioni nel Distretto di Lagonegro, l’ammodernamento della viabilità nelle montagne d’Abruzzo, la costruzione di tre forti in Calabria: Torre Cavallo, Altafiumara e Piale, quest’ultimo con torre telegrafica;
  • introdotto nel regno il Codice Napoleonico – 1º gennaio 1809;
  • legalizzato, «… per la prima volta nella penisola, il divorzio, il matrimonio civile, e l’adozione, cosa che non venne gradita dal clero, il quale perse la facoltà di gestire le politiche familiari»;
  • riorganizzato l’esercito su modello di quello francese, che offriva belle possibilità di carriera;
  • riaperto l’Accademia Pontoniana;
  • istituito la nuova Accademia reale;
  • imposto il blocco dei commerci con gli inglesi;
  • dato impulso alla repressione del brigantaggio, «… affidata dapprima al generale Andrea Massena e poi al generale Charles Antoine Manès»;
  • fondato il Supremo Consiglio di Napoli (detto delle Due Sicilie) del Rito scozzese antico e accettato, del quale è stato il primo Sovrano gran commendatore – 11 giugno 1809;

Nel settembre del 1810, «…  constatando impresa difficile la conquista della Sicilia, anche per il sostegno poco convinto di Napoleone», dismettendo l’accampamento di Piale, è tornato a Napoli.

Nel 1812, l’essere re, non gli ha impedito di partecipare alla campagna di Russia.

Al comando della cavalleria napoleonica e di un contingente di soldati del Regno di Napoli, ha preso parte attiva alle operazioni della Grande Armée.

Ancora una volta, il suo eccellente comportamento è stato de­cisivo per la vittoria nella battaglia della Moscova. La sua carica, infatti, ha deciso le sorti dello scontro del 7 settembre a favore dell’armata napoleonica

Grazie alla sua impetuosità, incaricato «… di guidare l’avanguardia dell’esercito napoleonico, con la sua colonna serrata di cavalleria invase Mosca e giunse al Cremlino».

Durante la ritirata, il 5 dicembre 1812, da Napoleone, partito per rientrare a Parigi, ha avuto affidato «…  il comando di ciò che rimaneva della Grande Armée».

A sua volta, giunto a Poznań, in Polonia, lasciato il comando, è rientrato in tutta fretta a Napoli.

Pur avviando i primi negoziati con gli austriaci, ai quali ha dichiarato di essere disposto a lasciare il campo napoleonico, restando comunque a fianco di Napoleone ha combattuto a Dresda e a Lipsia. Dopo queste ultime due bat­taglie, ha lasciato l’armata.

Nel gennaio 1814, abbandonando definitivamente Napoleone, ha sottoscritto un trattato di alleanza fra Austria e Regno di Napoli.

Di «… fronte alla scelta di perdere quel Regno che aveva faticosamente costruito e rimesso finanziariamente in piedi dopo il breve regno di Giuseppe Bonaparte, da poco avveduto diplomatico qual era scelse il tradimento».

L’1 marzo 1815, Napoleone Bonaparte fuggito dall’isola d’Elba, ritornato in Francia, ha dichiarato guerra all’Austria. Susseguentemente a quanto avvenuto, il successivo 5 marzo, alle corti di Vienna e di Londra, ha scritto «.. che qualunque fossero state le sorti di Napoleone dopo il rientro in Francia dall’Elba, egli sarebbe rimasto fedele all’alleanza con i due stati».

Mentre è in marcia verso il nord dell’Italia, con un proclama, emanato a  Rimini il 12 maggio, ha tentato di «… chiamare a raccolta gli Italiani in nome della loro indipendenza».

Sconfitto a Tolentino, costretto a fuggire, ha cercato riparo in Corsica.

Intanto, il 9 giugno 1815, il congresso di Vienna, che in un primo tempo non volle privarlo del Regno di Napoli, appoggiata in questo anche dall’Inghilterra e dalla Russia, quale conseguenza dell’aver fornito sostegno al cognato Napoleone Bonaparte durante i “Cento Giorni”, l’ha deposto e riassegnato la corona a Ferdinando IV di Borbone (Ferdinando Antonio Pasquale Giovanni Nepomuceno Serafino Gennaro Benedetto; Napoli, 12 gennaio 1751 – Napoli, 4 gennaio 1825).

Da qui, circondato da centinaia di suoi partigiani, allestito un piccolo gruppo di soldati, è partito alla  riconquista di Na­poli.

Il 25 settembre, sbarcato nel porticciolo di Pizzo, in Calabria, dopo una breve scaramuccia con i soldati borbonici, è stato fatto prigioniero e rinchiuso nel castello di Pizzo.

Tradotto, davanti a una commissione militare, «… non fu concessa al condannato che mezz’ora per adempiere ai doveri della religione. Era dunque sentenziato prima che processato; ed egli non rispose agli interrogatori se non — Sono Gioac­chino re delle due Sicilie; non può un re esser giudicato che da un altro re».

Il quarantottenne re di Napoli, Joachim Murat-Jordy = Gioacchino Murat muore fucilato nel castello di Pizzo di Calabro, il 13 ottobre 1815.

Solito a trascorrere vari giorni nel palazzo di Portici, ha avuto «… cura spe­ciale facendo rimodernare i locali della parte verso il mare. Le pareti dei locali stessi furono coperte da magnifiche stoffe di seta di S. Leucio». Inoltre,  «… li arricchì di preziosi ornamenti spendendo in essi somme maggiori che non avea tratto dalla lista civile in tutto il suo regno».

Le migliorie da lui apportate all’edificio spinsero «… colui che divenne Francesco I scriveva al padre Fer­dinando IV, che lo aveva mandato a vedere, dopo la restaura­zione del suo regno nel 1815, che cosa avesse fatto Gioacchino: “Ah papà mio (sic) si vous étiez resté absent deux ans de plus!”».

Dal canto suo «… Ferdinando I tornato di Sicilia si appropriò ogni cosa. Non pagò la materia e la mercede all’operaio, ma lodò l’opera. Anzi per ischerno, contro il parere dei suoi medesimi cortigiani, volle che dalle regie sale di Portici non fosse rimosso il ritratto del glorioso guerriero carico di ferite e di allori, che con frizzo volgare, usava chiamare il suo buon maestro di casa».

Tra le mura della reggia porticese,oltre a godere con la famiglia l’amenità del luogo, si è occupato dell’ordinaria amministrazione del regno.

Qui, infatti:

  • nel mercoledì 30 ottobre 1808, ha accolto una delegazione di cittadini di Lucera, venuta a esporgli il pregiudizio arrecato alla città dall’applicazione del decreto legge emanato il 26 settembre scorso. Detto decreto, in aperto contrasto a quanto previsto dalla legge varata il 20 maggio, concernente l’organizzazione giudiziaria del regno, prevede lo spostamento a Foggia del regio tribunale criminale per la Capitanata.
  • nella domenica 11 giugno 1809, all’arrivo nella rada di Napoli della flotta navale «… composta di molti legni d’ogni maniera, cioè una fregata un brigantino sedici barche cannoniere e tre bombarde», con a bordo le truppe della spedizione anglo-sicula, mosse da Palermo e Milazzo contro di lui, ha fatto disporre linee di difesa, anche lungo la costa porticese.

  • nel 1812, al Granatello di Portici, per compiacere la consorte, ha fatto realizzare uno stabilimento balneare in muratura. La struttura sorge sulla piccola spiaggia sottostante la villa appartenuta al duca di Lorena Maurizio Emanuele, principe d’Elboeuf. Consta di un edificio a due piani, a forma di quarto di luna, che accoglie gli spogliatoi e le camere di piacere. Il progetto della costruzione, realizzata in stile neoclassico, è stato frutto dell’ingegno dell’ingegnere Vincenzo Paliotti. Questo «… bagno moderno del Granatello posto ad uso reale», dal popolo viene presto definito “Bagno della Regina”.
  • nel corso del 1813, chiamato a corte il pittore Antonio Galliano, si è fatto ritrarre in una delle stanze della reggia porticese. Il dipinto, eseguito con la tecnica della pittura a olio su tela, è intitolato Gioacchino Murat.
  • nell’anno 1814, gli amministratori del comune calabro di San Nicola da Crissa gli hanno chiesto l’autorizzazione reale per tenere la tradizionale fiera commerciale per l’esposizione dei tipici prodotti dell’agricoltura e dell’artigianato locale. Accondiscendo alla richiesta, con proprio decreto, ha concesso l’autorizzazione «… per celebrare nella 4a Domenica di Settembre di ogni anno da cominciare tre giorni prima».
  • in una sera di settembre dello stesso anno, nel corso del gala organizzato, da Vienna è arrivata la notizia della morte della regina di Napoli e di Sicilia, Maria Carolina d’Austria, moglie di Ferdinando IV di Borbone. Manifestando il suo dispiacere, ha espresso «… pare che noi indirettamente ci avessimo dato causa». Se, come ha suggerito Malraux, la grandezza di un uomo sta nella sua sfida al destino, Maria Carolina ebbe la sua parte di grandezza. Cercò almeno di raggiungere qualcosa al di fuori di se stessa, e perfino ebbe una certa malinconica magnificenza».

Per il suo ardimento sempre mostrato nell’arco della carriera, ha meritato titoli di 2° Gran Maestro del Grande Oriente di Napoli di Rito Francese Riformato – Regno di Napoli,  20 luglio 1808;  1° Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato, gennaio 1809, nonchè varie o onorificenze nazionali e straniere.

Nastrini delle onorificenze ricevute:

 Gran Maestro del Real Ordine delle Due Sicilie – Regno delle Due Sicilie

 Capo della II Cohorte dell’Ordine della Legion d’Onore decorato con il Gran Collare – Impero Francese

 Grand Aigle dell’Ordine della Legion d’Onore Collare – Impero Francese

 Cavalier dell’Ordine del Toson d’Oro – Regno di Spagna

 Commendatore dell’Ordine Reale  d’Olanda – Regno d’Olanda

 Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Corona di Vestfalia – Regno di Estfalia

 Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Corona Ferrea – Regno d’Italia, napoleonico

 Cavaliere dell’Ordine Supremo dell’Aquila Nera – Regno di Prussia

 Cavaliere dell’Ordine Imperiale di Sant’Andrea Apostolo “il Primo Chiamato” – Impero Russo

 Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Dinastico della Corona Fiorita – Regno di Sassonia

 Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine del Merito sotto il titolo di San Giuseppe – Granducato di Würzburg poi di Toscana

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