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Gli ultimi istanti di Pompei

POMPEI (NA) – Erano già anni che la terra tremava. Gli abitanti delle città intorno al Vesuvio credevano che così si manifestasse l’ira degli dei, e offrivano sacrifici per placarli. La mole che li sovrastava per loro era una montagna: si era persa la memoria che fosse un vulcano, perhè non eruttava dal VII secolo.

Chissà cosa pensarono fosse quel terribile boato che udirono: forse un tuono di Giove? E quella cenere sotttile che cadeva? Un prodigio. E la montagna all’una del pomeriggio eruttò fuoco e lapilli. Una colonna di fumo incandescente rotolò velocemente per i fianchi del vulcano, e la vita di quei paesi si cristallizzò.

I ritrovamenti dei nuovi scavi archeologici della Regio V di Pompei rivelano altri particolari spesso drammatici: dopo il ritrovamento della stalla  equina e i meravigliosi affreschi della Domus dei Delfini, è stato rinvenuto il corpo di un uomo che probabilmente tentava di sfuggire alla furia dell’eruzione. Il torace schiacciato da un grosso blocco di pietra, il corpo sbalzato all’indietro dal potente flusso piroclastico In questa posizione è emersa la prima vittima nel cantiere dei nuovi scavi.

Lo scheletro è stato ritrovato all’incrocio tra il Vicolo delle Nozze d’Argento e il Vicolo dei Balconi, di recente scoperta, che protende verso via di Nola. Dalle prime osservazioni, risulta che l’individuo sopravvissuto alle prime fasi dell’eruzione vulcanica, si sia avventurato in cerca di salvezza  lungo il vicolo ormai invaso dalla spessa coltre di lapilli. Il corpo è stato infatti rinvenuto all’altezza del primo piano dell’edificio adiacente, ovvero al di sopra dello strato di lapilli. Qui è  stato investito dalla fitta e densa nube piroclastica che lo ha sbalzato all’indietro.

Un imponente blocco in pietra (forse uno stipite), trascinato con violenza dalla nube, lo ha colpito nella porzione superiore, schiacciando  la parte alta del torace e il capo che, ancora non individuati, giacciono a quota più bassa rispetto agli arti inferiori, probabilmente sotto il blocco litico.

Le prime analisi eseguite dall’antropologa, durante lo scavo, identificano un adulto di oltre 30 anni. La presenza di lesioni a livello delle tibie segnalano un’infezione ossea, che potrebbe essere stata la causa di significative difficoltà nella deambulazione, tali da impedire all’ uomo di fuggire già ai primi drammatici segnali che precedettero l’eruzione.

Così Massimo Osanna, Direttore Generale del Parco Archeologico di Pompei:  Questo ritrovamento eccezionale rimanda al caso analogo di uno scheletro rinvenuto da Amedeo Maiuri nella casa del Fabbro e oggetto di recente studio. Si tratta dei resti di un individuo claudicante, anche lui probabilmente impedito nella fuga dalle difficoltà motorie e lasciato all’epoca in esposizione in situ.

Al di là dell’impatto emotivo di queste  scoperte, la possibilità di comparare questi rinvenimenti, confrontare le patologie e gli stili di vita, le dinamiche di fuga dall’eruzione, ma soprattutto di indagarli con strumenti e professionalità sempre più specifiche e presenti sul campo, contribuiscono ad un racconto sempre più preciso della storia e della civiltà dell’epoca, che è alla base della ricerca archeologica.

 

I nuovi scavi della Regio V, dove è avvenuta quest’ultima straordinaria scoperta, fanno parte del cantiere di messa in sicurezza dei fronti di scavo interni alla città antica, previsto dal Grande Progetto Pompei. Le indagini archeologiche in corso stanno interessando l’area del cosiddetto “Cuneo”, posta tra la casa delle Nozze d’Argento e la casa di Marco Lucrezio Frontone.

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