Società

Io che amo il Sud… e Cenerentola

Cenerentola è di Napoli? Certamente no, ma l’ambientazione della storia di Zezolla-Cennerentola sì. E perchè non collocare la foto del personaggio disneiano sullo scalone di Palazzo Reale?

di Tonia Ferraro

Partendo dalle polemiche sulla famosa immagine di Cenerentola che scende dallo scalone di Palazzo Reale di Napoli, ci tengo a precisare che non è altro che una provocazione.

La paternità del mito di Zezolla-Cenerentola o Cennerentola è di Giambattista Basile. Si, è vero, a sua volta il Basile forse prese spunto da favolisti precedenti, ma certamente è stato il primo a tramandarne la storia in Occidente nel suo celeberrimo libro Lo cunto de li cunti. In seguito Charles Perrault, i Fratelli Grimm e tanti altri rimaneggiarono la storia, fino alla versione cinematografica di Walt Disney, rimasta nell’immaginario di tutti.

Perché Cennerentola sullo scalone reale – nella bellissima composizione di Bruno Porcaccio, studente di Scampia – è una provocazione?

Napoli e tutto il Sud potrebbero vivere in autonomia solo con il turismo. Riflettete: Verona attira migliaia di visitatori con il Balcone di Giulietta, e Londra propone il Museo di Sherlock Holmes, e nessuno ha mai battuto ciglio, nessuno ha fatto polemiche. Ho citato solo alcuni tra i tanti luoghi che esistono solo in Letteratura o nel Cinema e che le persone fanno diventare reali, vi si recano quasi in pellegrinaggio. Quindi, perché Napoli non può avere la Scala di Cenerentola? Perché non lasciare che l’immaginario collettivo faccia il resto?

Anche il grande Walt Disney ne sarebbe felice, ci scommetto! Del resto, già aveva immaginato che il personaggio di “Amelia la fattucchiera che ammalia” abitasse sul nostro Vesuvio. E ne sarebbero orgogliosi anche i due animatori Eric Larson e Marc Davis, che crearono la figura di Cenerentola nel 1950!

Leggiamo la Storia, quella vera, a dispetto di detrattori ignoranti, che sputano sui napoletani per ritagliarsi un posto in società. Soprattutto quelli meridionali. Si apprenderà che il punto di riferimento morale lo abbiamo, eccome. Dicono che dare la giusta informazione sul nostro passato è nostalgia, ma invece è una consapevolezza che deve dare la forza di alzare la testa. In modo particolare alle nuove generazioni, a quei ragazzi che sono lontani, in una terra che non è la loro, e vorrebbero tornare.

Ho letto recentemente (e, ahimé, corretto) un «Nun c’ha faccio cchiù! E facimmecè “storicamente” n’esame ‘e cuscienza!» 

Magari basterebbe solo che qualcuno esternasse qualche «…stronzata…» controcelebrativa in meno. E vorrei dire a quella “vera” napoletana che ha sputato anche un fine «… ci hai abbuffato la uallera!» che i napoletani onorano Napoli ogni giorno. Solo qualcuno fa eccezione. Intelligenti pauca.

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