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Scuole: meglio in presenza o a distanza?

Il nostro medico Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, affronta un argomento che divide tutti: apertura o chiusura delle scuole? 

La discussione sull’opportunità di tenere aperte le scuole in presenza in epoca di pandemia divide l’opinione pubblica, le famiglie e persino gli esperti. Infatti, uno dei nodi più dibattuti nella gestione dell’emergenza Covid in Italia ha riguardato, sin dall’inizio della prima ondata, le modalità di prosecuzione dell’attività scolastica.

Purtroppo, a distanza di un anno dallo scoppio della pandemia, si è ancora oggi in cerca di soluzioni condivise e soddisfacenti, mentre la logica sembra sempre essere quella dell’emergenza e dell’incertezza. 

La sfida è trovare il giusto bilanciamento e non facile equilibrio di due diritti inalienabili e garantiti dalla costituzione, la salute, individuale e collettiva, e l’istruzione.

Gli studi a livello internazionale indicano che la trasmissione nelle scuole rispecchia ma non guida la trasmissione comunitaria. I bambini al di sotto dei 10 anni nella maggior parte dei casi ricevono l’infezione dagli adulti infetti con cui convivono, non sono gli artefici dell’inizio della catena dei contagi.

Infatti le scuole, almeno quelle dell’infanzia e primarie, non hanno mostrato nella letteratura scientifica disponibile un ruolo primario nella diffusione del nuovo Coronavirus nei diversi Paesi del mondo.

Anche secondo il rapporto dell’Istituto superiore di sanità, i focolai che si sviluppano in ambito scolastico costituiscono una piccola percentuale del totale, che vede in pole position, nell’ordine, il contesto familiare/domiciliare, il sanitario-assistenziale e il lavorativo.

Pandemia e DaD, d’altro canto, hanno creato agli studenti numerosi problemi:

  • stress, fatica, noia e disturbi psicologici;
  • riduzione degli apprendimenti e delle risposte a loro bisogni educativi e formativi; perdita della socialità reale;
  • abuso di mezzi tecnologici;
  • assunzione di stili di vita disordinati come la sedentarietà, l’alimentazione incongrua, l’alterazione dei ritmi del sonno;
  • aumento delle diseguaglianze e della dispersione scolastica.

Per questo motivo da più parti si richiede il ritorno alla frequenza in presenza. Anche l’UNICEF ha raccomandato ai governi del mondo di dare priorità alla riapertura delle scuole e intraprendere tutte le azioni per renderle più sicure possibile, in quanto i rischi della chiusura delle scuole ai fini del benessere psico-fisico degli studenti superano i benefici in termini di protezione dal Covid. La Dad è stata un utilissimo, prezioso salvagente, ma non è un’alternativa definitiva: la scuola in presenza è fondamentale.

La scuola in epoca pandemica richiede per svolgersi in sicurezza il rispetto di rigide precauzioni, quali il fatto che tutti indossino la mascherina, rispettino l’igiene delle mani, seguano le linee guida di distanziamento fisico in classe, nei corridoi, entrando e uscendo dall’edificio, sui mezzi di trasporto, che si tenga adeguata ventilazione dei locali e che vengano limitate attività quali gli sport indoor e le interazioni di gruppo.

Il protocollo scolastico prevede inoltre regole serrate di controllo e monitoraggio in caso di persone con sintomi o contatti a rischio, con immediato testing dei soggetti sospetti e, in caso di positività, isolamento della classe e contact tracing, fino ai risultati negativi dei tamponi prima del ritorno in presenza.

Queste regole appaiono pesanti e inique per i ragazzi, ma sono necessarie.

Ha fatto scalpore la sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso dei genitori di una bambina di 9 anni che al termine delle lezioni presentava una saturazione al 92%, consentendole di non usarla. Al di là di questi casi limite, la mascherina (dai 6 anni) andrebbe tenuta perché è una garanzia di protezione per il bambino stesso e per la collettività.

Dalla riapertura di molti istituti scolastici in Italia nel mese di gennaio, sono tanti i bambini e ragazzi positivi o in isolamento, ma non necessariamente i contagi sono avvenuti a scuola.

Al momento, una didattica mista tra presenza e a distanza sembra l’opzione migliore. Un passo avanti per la frequenza in aula in sicurezza sarà la prevista somministrazione del vaccino anti-Sars-CoV-2 all’intero corpo degli insegnanti e del personale tecnico-amministrativo delle scuole, tra i mesi di febbraio e aprile.

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