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Covid-19 e la campagna vaccinale

Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria all’ASLnapoli3sud, Consigliere nazionale Società italiana medicina dell’Adolescenza, evidenzia la minor gravità della variante Omicron dovuta all’efficacia della campagna vaccinale

Studi e statistiche confermano che i vaccini anti-Covid attualmente in uso si stanno rivelando utili a contrastare la pandemia. Senza la protezione dei vaccini probabilmente la quarta ondata, caratterizzata da un picco inaudito di contagi causa l’elevata diffusività della variante Omicron, avrebbe avuto esiti catastrofici, mentre invece i tassi di malattia grave e morte sono più bassi che nelle precedenti ondate. Le ricerche suggeriscono infatti che la minore gravità clinica di Omicron sia dovuta a una maggiore immunità della popolazione rispetto alle precedenti ondate piuttosto che alle caratteristiche di minor virulenza della variante.

Efficacia dei vaccini

Dobbiamo distinguere l’efficacia nei confronti di malattia grave, ricovero e morte da quella nei confronti di infezione. Secondo l’ultimo report (febbraio 2022) dell’Istituto superiore di sanità (Iss), l’efficacia del vaccino contro malattia grave è del 90% nei vaccinati con ciclo completo (2 dosi) da meno di 90 giorni, del 91% in chi ha avuto le 2 dosi da 91 e 120 giorni, e dell’85% in chi ha le ha avute da oltre 120 giorni, mentre con la dose booster si arriva al 95%. Riguardo a ricoveri e morte, nei non vaccinati, rispetto a chi ha avuto la dose booster, il tasso di ricoveri nei reparti ordinari risulta 10 volte più alto, quello nelle terapie intensive 25 volte più alto e la mortalità 27 volte più alta. Inoltre, da un precedente rapporto (gennaio) emerge che le persone decedute dopo il completamento del ciclo vaccinale hanno un’età media più alta e più patologie preesistenti rispetto a quelli non vaccinati.

Certamente, nonostante l’elevata copertura vaccinale, il numero dei morti in Italia continua ad essere alto, maggiore che in altri Paesi europei. Ciò è in proporzione all’elevato numero di casi della quarta ondata, oltre ad essere legato alla popolazione più anziana e con elevata incidenza di comorbidità, al numero importante di anziani non vaccinati, al numero di malati lungo-degenti affetti da variante Delta, clinicamente più aggressiva di Omicron.

Riguardo all’efficacia dei vaccini nel difendere da infezione e malattia lieve, con l’avvento di Omicron la protezione offerta dal ciclo base di 2 dosi cala rapidamente (entro 3 mesi): infatti, mentre la protezione contro la reinfezione dura a lungo nelle persone che hanno avuto Covid, le cosiddette infezioni “breakthrough” (quelle che fanno breccia nello scudo vaccinale) sono comuni entro 6 mesi dal vaccino, anche se sono contenute dalla dose di richiamo (booster).

Tuttavia, la diminuita capacità di fronteggiare il contagio non inficia la validità dei vaccini, in quanto il loro obiettivo principale è prevenire ricoveri e morte. Anzi, rende ancora più cruciale aumentare le coperture vaccinali, per ridurre l’epidemia a una forma simil-influenzale che non impatti sulla tenuta dei sistemi sanitari.

Terza dose

Gli studi documentano che gli anticorpi generati dopo le prime due dosi dei vaccini a RNA messaggero cala progressivamente dopo il primo trimestre, con conseguente riduzione nel tempo sia della protezione da malattia grave che, ancor più significativamente, da infezione.

La protezione è leggermente più resistente per Moderna, che ha un dosaggio più alto (per cui dà anche più effetti collaterali). Con la dose booster, gli anticorpi neutralizzanti risalgono e con essi la prevenzione del contagio e la protezione dalla malattia severa. Per questo motivo la dose di richiamo va fatta a tutti i soggetti dopo i 18 anni che abbiano effettuato il ciclo base vaccinale completo, dopo almeno 4 mesi.

Per il richiamo (booster) si utilizzano i vaccini a RNA messaggero di Moderna e Pfizer. Per Moderna è previsto un dosaggio ridotto: 50 microgrammi invece dei 100 delle prime due dosi, mentre il dosaggio di Pfizer resta invariato: 30 microgrammi.

Per chi ha eseguito il primo ciclo con Astrazeneca o Johnson & Johnson, si è trovato che il richiamo con un vaccino a RNAm (vaccinazione eterologa) aumenta la risposta immunitaria rispetto all’utilizzo dello stesso vaccino (vaccinazione omologa).

Copertura vaccinale

L’Italia è ai primi posti in Europa e nel mondo per dosi somministrate ogni 100 abitanti. Oramai più del 90% dei cittadini over 12 ha almeno la prima dose, l’85% della popolazione che deve riceverlo ha avuto anche il booster.

Nel mese di gennaio in Italia sono state effettuate, in totale, oltre 17 milioni di somministrazioni, con una media di 548.000 al giorno. Dopo il picco di metà gennaio, in cui si superò la quota delle 700.000 somministrazioni al giorno, attualmente in Italia si viaggia su una media di circa 350.000 al giorno.

Purtroppo restano ancora 1,4 milioni di over 50 non vaccinati, nonostante l’obbligo e, dal 15 febbraio, la necessità di Green pass rafforzato sul luogo di lavoro: non basterà il solo tampone ma le persone dovranno dimostrare di aver ricevuto il vaccino o essere guarite dal Covid.

Il nuovo vaccino Novavax, che sarà disponibile in Italia a partire dal 24 febbraio, essendo un vaccino proteico, come gli antinfluenzali, potrebbe convincere a vaccinarsi le persone che esitano per perplessità nei confronti dalla tecnologia a RNA messaggero.

Vaccino ad adolescenti e bambini

Gli adolescenti dai 12 ai 18 anni in Italia praticano la stessa schedula vaccinale degli over 18: 1 prima dose di Pfizer o Moderna seguito dalla seconda dopo 21 giorni nel caso del Pfizer o 28 giorni nel caso di Moderna, con richiamo dopo 4 mesi.

Nella fascia 5-11 anni si somministrano due dosi Pfizer a distanza di 21 giorni. Si utilizza un terzo della dose e non è previsto al momento un richiamo. Attualmente il 36% della popolazione tra i 5 e gli 11 anni ha effettuato la prima dose e il 24,57% entrambe, cui va aggiunto il 16,34% di bambini guariti dal Covid da meno di 6 mesi.

Presto – si pensa a giugno – anche i bambini sotto i 5 anni di età (dai 6 mesi ai 4 anni) potranno essere vaccinati, dopo che le agenzie regolatorie avranno dato il via libera all’autorizzazione di emergenza. Anche per loro si userà il Pfizer e saranno previste due dosi con un dosaggio ulteriormente ridotto rispetto a quello che viene proposto per i bambini tra 5 e 11 anni.

Molti esperti si sono espressi a favore di una linea di cautela attraverso uno screening sierologico per selezionare i piccoli da immunizzare, dato che con la variante Omicron moltissimi bambini si sono già infettati. Saranno senz’altro da vaccinare i bambini fragili.

Gli studi dimostrano che la vaccinazione dei genitori contro il Coronavirus offre una protezione significativa anche ai bambini, cosa importante nei confronti dei bambini piccoli non ancora vaccinabili.

Gravidanza e allattamento

In gravidanza e allattamento la vaccinazione consente una sorta di “immunizzazione passiva” del neonato grazie al passaggio degli anticorpi attraverso la placenta e il seno. Uno studio ha dimostrato che i neonati di madri vaccinate contro il Covid-19 in gravidanza hanno livelli di anticorpi contro il virus 3 volte più alti alla nascita rispetto ai bambini nati da madri che hanno contratto l’infezione nelle ultime settimane di gestazione.

Attualmente il vaccino è raccomandato solo a partire dal secondo trimestre di gravidanza, ma le linee guida sia del Royal College inglese sia degli Stati Uniti lo consentono già nel primo trimestre. Un altro studio condotto al Burlo Garofalo di Trieste ha trovato che nelle nutrici vaccinate gli anticorpi persistono nel latte ancora almeno 4 mesi dalla seconda dose vaccinale.

Scenari

Ci sono da considerare diversi scenari possibili. Per le persone che hanno già avuto l’infezione, se non è ancora passato 1 anno, è sufficiente 1 dose di vaccino dopo minimo 3 mesi e non oltre 12 mesi, con richiamo dopo 4 mesi se over 12 anni (come se l’infezione fungesse da prima dose vaccinale).

Se invece sono passati 12 mesi dall’infezione, si attua il ciclo completo, con 2 dosi a distanza di 21 giorni nel caso del Pfizer o 28 giorni nel caso di Moderna e richiamo dopo 4 mesi negli over 12.

Un discorso a parte sono le infezioni incorse dopo la vaccinazione. Nel caso di infezione dopo la prima dose di vaccino: se sono passati meno di 14 giorni, si deve fare la seconda dose entro 3-6 mesi e, negli over 12, il richiamo dopo 4 mesi. Se sono passati più di 14 giorni, si fa solo il richiamo dopo 4 mesi per gli over 12, mentre per i minori di 12 anni non serve ulteriore dose.

Nel caso di infezione dopo le prime due dosi di vaccino e prima del richiamo (per gli over 12), si farà comunque la terza dose dopo almeno 4 mesi dall’infezione.

Vaccino anti-Omicron

È partito lo studio clinico di Pfizer-BioNTech su un vaccino per la variante Omicron, che verrà condotto su adulti fra i 18 e i 55 anni. Il vaccino sarà usato come ciclo primario a 2 dosi oppure come richiamo dopo 2 o 3 dosi del vaccino attualmente in uso. Anche Moderna ha annunciato che sta avviando i test per un vaccino in grado di fronteggiare specificamente Omicron. Su un nuovo vaccino specifico per Omicron, sempre a RNAm, sta lavorando un’azienda indiana.

Vaccino contro tutte le varianti

L’Istituto Superiore della Sanità ha messo a punto un nuovo vaccino basato su una proteina comune a tutte le varianti (la proteina N) e non sulla Spike che è soggetta a mutazioni. I test preclinici condotti su topi hanno evidenziato che risulta efficace.

Quarta dose

Il 3 gennaio Israele ha iniziato a offrire il secondo booster (quarta dose) del vaccino anti-Covid agli over 60 anni, agli operatori sanitari e ai residenti delle case di cura.

Attualmente, Israele, Danimarca, Stati Uniti, Ungheria, Spagna e Germania sono orientati a raccomandarla per tutti, a partire dai 18 anni, dopo minimo 3 mesi dal primo booster. I dati disponibili mostrano dopo la quarta dose, rispetto alle 3 somministrazioni, una protezione da 3 a 5 volte superiore contro la malattia grave e 2 volte maggiore contro l’infezione. C’è però la perplessità che richiami troppo ravvicinati riducano l’efficienza della risposta del sistema immunitario.

L’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema) ha dichiarato di voler attendere ulteriori dati, poiché la somministrazione di multiple dosi booster a brevi intervalli di tempo non è un approccio sostenibile a lungo termine e inoltre al momento non ci sono prove sufficienti che possano supportare una raccomandazione della quarta dose per la popolazione generale.

La quarta dose resta raccomandata ai pazienti immunodepressi per i quali dovrebbe essere considerata come la prima dose booster mentre la terza dose è in realtà una dose aggiuntiva che completa per questi soggetti il ciclo primario.

Per la popolazione generale, si ritiene invece che, se risultasse necessario vaccinare nuovamente contro il Covid le persone già coperte da 3 dosi, si potrebbe farlo annualmente a inizio stagione fredda, come per l’influenza.

Effetti avversi

Il rapporto rischio/beneficio tra ammalarsi di Covid-19 e vaccinarsi risulta decisamente favorevole al vaccino. I vaccini anti-Covid risultano garantiti per sicurezza, efficacia e qualità: la grande maggioranza degli effetti collaterali sono lievi e di breve durata.

Negli USA, il vaccino Pfizer ha già ricevuto l’autorizzazione definitiva dall’Agenzia statunitense del Farmaco (FDA): non è più ad uso emergenziale, in quanto i follow up sui vaccinati ne confermano definitivamente la sicurezza.

Il rapporto annuale Aifa sulla sicurezza dei vaccini anti Covid relativo al periodo dicembre 2020-dicembre 2021 conclude che in Italia, su 108,5 milioni somministrazioni, ci sono state 109 segnalazioni di eventi avversi ogni 100mila dosi somministrate, di cui gli eventi gravi sono una minima percentuale.

L’Aifa ha rimarcato il fatto che, a dispetto di quanto spesso richiamato dagli oppositori alla vaccinazione, questi vaccini “non sono sperimentali”: nessuna delle fasi dello sviluppo pre-clinico e clinico (test di qualità, valutazione dell’efficacia e del profilo di sicurezza) dei vaccini è stata omessa e il numero dei pazienti coinvolti negli studi clinici è lo stesso di vaccini sviluppati con tempistiche standard.

Un timore diffuso è che i vaccini possano scatenare reazioni allergiche. Invece chi è un soggetto allergico o ha manifestato reazioni allergiche non presenta un rischio superiore a quello degli individui non allergici e può essere quindi vaccinato senza alcun problema. Il rischio di reazioni anafilattiche in seguito alla vaccinazione contro il Covid-19 è in ogni caso molto basso, si stima circa 11 casi per milione di dosi per i vaccini a mRNA. Le allergie ai vaccini Covid a mRNA sono, oltre che rare, lievi e curabili. Le uniche patologie che controindicano la vaccinazione in modo assoluto sono: anafilassi agli eccipienti contenuti nel vaccino e insorgenza di effetti collaterali gravi (es. reazione allergica grave/anafilassi) dopo la prima dose.

Effetti sul ciclo mestruale

Sono migliaia le segnalazioni di lievi cambiamenti del ciclo mestruale dopo il vaccino (ritardi, aumento del flusso, sanguinamento vaginale imprevisto), ma si tratta di eventi transitori e che non incidono sulla fertilità. In realtà, le irregolarità mestruali sembrano essere influenzate proprio dalla risposta immunitaria al Sars-CoV2, essendo state riscontrate in circa un quarto delle donne infettate.

Effetto nocebo

Una percentuale consistente di reazioni avverse al vaccino anti-Covid secondo gli studi potrebbe essere dovuto all’effetto “nocebo”, per cui si intende l’espressione di effetti collaterali sollecitati dall’aspettativa della loro comparsa. Sintomi non specifici come mal di testa, dolori muscolari, affaticamento sono elencati tra le reazioni avverse più comuni dopo la vaccinazione contro Covid-19: questo tipo di informazioni possono indurre le persone ad attribuire erroneamente al vaccino sensazioni quotidiane comuni. Inoltre, ansia e preoccupazione possono portare le persone ad essere esageratamente attente ai segnali provenienti dal proprio corpo.

Effetti avversi negli adolescenti e giovani adulti

Negli adolescenti e giovani adulti che si sottopongono a vaccinazione contro Covid-19 esiste un basso rischio che insorga una miocardite o una pericardite. Di solito l’entità dell’infiammazione è lieve, sono casi a bassa gravità che tipicamente si auto-risolvono con guarigione in tempi rapidi. Il rischio è maggiore nei maschi dai 16 ai 30 anni, dopo la seconda dose ed entro 7 giorni dalla vaccinazione. Il rischio non riguarda i booster. L’incidenza stimata di miocardite dopo i vaccini a mRNA è di circa 1-2 casi per 100.000 persone (mentre le miocarditi non riconducibili a vaccini hanno un’incidenza di 10-20 casi per 100.000). D’altro canto, le infiammazioni cardiache causate dall’infezione da Covid-19 sono più frequenti e gravi rispetto a quelle causate dal vaccino.

Il rischio risulta lievemente maggiore nei maschi di 12-29 anni dopo la seconda dose del vaccino Moderna rispetto a Pfizer, forse in relazione alla maggior quantità di RNA presente nel Moderna. Per questo motivo alcuni Paesi come Svezia, Finlandia, Danimarca, Germania, Francia, Regno Unito hanno consigliato di usare il Pfizer nei giovani maschi.

Effetti avversi nei bambini

Il rapporto dei Centers for Disease Control and Prevention americani (Cdc) riferisce che su 8,7 milioni di dosi di vaccino somministrate ai bambini tra 5 e 11 anni negli Usa nel periodo tra il 3 novembre e il 19 dicembre 2021 le segnalazioni di eventi avversi sono state 4.249, di cui circa il 97,6% non gravi, come mal di testa, dolore al braccio, più raramente febbre e vomito. Anche nei casi in cui per errore è stata somministrata una dose intera invece che il dosaggio ridotto indicato in questa fascia di età non ci sono state conseguenze per la salute del bambino. Le rare segnalazioni di effetti importanti riguardano convulsioni, miocarditi.

Esame sierologico prima del vaccino

Un dubbio diffuso è che il vaccino possa far male se si hanno molti anticorpi. In realtà, il vaccino è indicato in chi ha già contratto in maniera sintomatica o asintomatica il Covid (aumenta l’immunità) e non serve misurare il livello di anticorpi circolanti prima di eseguirlo. L’ipotesi che i vaccini anti-Covid possano innescare una reazione chiamata ADE, cioè “Antibody Dependent Enhancement”, in cui gli anticorpi anziché bloccare un virus ne facilitano il suo ingresso nelle cellule, non ha trovato conferme. L’Iss precisa al riguardo che il risultato positivo di un test sierologico per il Sars-Cov-2 può fornire la prova di avvenuta infezione o vaccinazione, ma non esiste, ad oggi, un livello di anticorpi che assicuri una protezione nei confronti dell’infezione né che possa indicarne la durata o che possano indicare se una persona debba o meno essere vaccinata.

 

 

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