Cultura

Il Sito Reale di Portici: Palazzo Valle e Villa Caravita

La Real Villa: la consueta passeggiata domenicale da Palazzo Valle a Villa Caravita, accompagnati dal nostro passando attraverso la Reggia di Portici 

di Lucio Sandon

Palazzo Valle

Nell’Archivio di Stato di Napoli viene conservata una planimetria della zona in cui da lì a poco sarebbe dovuto sorgere il palazzo reale di Portici: il Borrador del Mappa del Sitio di Portici, disegnata a cura del duca di Noja.A

Sulla Regia Strada delle Calabrie, di fronte al convento di Sant’Antonio, viene riportato il Palazzo e Giardino di Nicola Balli. L’edificio dall’elegante facciata neoclassica si distingue per il bel portale di pregio. Venne acquistato da Carlo di Borbone nell’ambito del suo progetto per la reggia, ma solo nel 1787 Ferdinando IV lo destinò a caserma di cavalleria per ospitarvi il reggimento delle sue guardie del corpo.

Si trattava di una compagnia di Fanti di Marina  o Liparoti e di Cadetti del Reggimento Real Ferdinando, forniti dei leggendari Corsieri Napolitani.

Dopo il 1759, le “Reali Razze scelte” di Carditello e Persano avevano selezionato dei magnifici cavalli da guerra e da caccia, ambiti da tutta la nobiltà europea. L’intensità del flusso di tali pregevolissime cavalcature verso l’Europa centro-orientale è testimoniata da un’ampia documentazione, ad esempio nella Lettera di ragguaglio della venuta in Napoli di Sua Maestà Cesarea Giuseppe II risulta citato il dono di «Sei Cavalli Baj Oscuri per carrozza» e di «Sei Cavalli di diversi manti, per cavalcare» fatto da Ferdinando IV a suo cognato l’imperatore Giuseppe II d’Absburgo, in occasione del viaggio di quest’ultimo a Napoli nel 1769.

La facciata di Palazzo Valle consta di un estradosso simile alla metà di un esagono, decorato a bugnato liscio e con la chiave di volta a sbalzo. Un severo e nudo architrave sorregge una ricca cornice aggettante. Le semplici lesene che scorrono lungo i fianchi sono vivacizzate dai due notevoli capitelli decorati con delle teste di cavallo alveolate e con trofei d’armi, a simboleggiare la venerazione per la razza dei cavalli napolitani. Un delicato gioco di cornici e mensole sostiene il balcone del piano nobile in corrispondenza dell’entrata. Questa finestra è decorata con un timpano circolare, mentre le altre finestre recano solo timpani lineari. Le altre finestre sono prive di ornamenti. Particolarmente interessante è il portale d’ingresso, di chiaro gusto neoclassico. L’androne con volta a botte è suddiviso in tre spazi con pilastri su cui poggiano archi a tutto sesto.

Superato l’atrio vi è un grande cortile quadrangolare delimitato da vani originariamente con funzione di scuderie e rimesse, uno scalone a due rampe e una bella e singolare scala a chiocciola con gradini in pietra di piperno che si sostengono per sovrapposizione, senza perno centrale. I due accessi ai piani superiori restano gli unici elementi delle caratteristiche prevalentemente settecentesche, perdute a seguito delle continue alterazioni subite dall’edificio.

Dopo il 1860 palazzo Valle fu adibito ad alloggio per le famiglie dei veterani, con il nome di Quartiere Sant’Antonio, poi agli inizi del 1900 venne destinato prima come sede per le Guardie di Pubblica Sicurezza e infine come carcere giudiziario. Nel 1932 ospitò la scuola sottufficiali Agenti di Custodia e durante la guerra d’Etiopia fu trasformato in ospedale militare.

Attualmente è sede dei corsi di formazione e aggiornamento del personale della Polizia Penitenziaria.

Palazzo Caravita, ora Villa Maltese

Si tratta dell’ultimo edificio di Portici su via Università, e direttamente adiacente al Palazzo Reale.

Per essere stato il curatore degli interessi che la duchessa di Parma aveva nel Regno di Napoli, il giureconsulto Don Domenico Caravita duca di Toritto, ebbe grosse difficoltà con il governo austriaco, elemento questo che all’avvento di Carlo di Borbone avrebbe invece giocato in suo favore.

La commissione incaricata dal nuovo re di riferire sulle maggiori personalità del ceto forense ritenne infatti che il Caravita fosse il più importante avvocato napoletano, uomo dotto, di gran mente e amato da tutti gli ordini di persone.

La fedeltà dimostrata dalla famiglia alla corona spagnola, appariva alla commissione come ulteriore garanzia, per cui il Caravita venne nominato presidente della Camera di Giustizia del Regno.

Palazzo Caravita venne progettato e costruito dall’architetto napoletano Domenico Antonio Vaccaro nel 1730, quindi almeno dieci anni prima della costruzione di palazzo reale, e separato da esso solo da un piccolo muro. Contrariamente a quanto fatto nei confronti degli altri nobili proprietari cui impose la vendita dei loro beni, Carlo di Borbone lasciò la sua villa a Don Domenico, il quale però la donò ugualmente al re, pur riservandosene l’uso in vita.

Ferdinando IV a sua volta, dopo la morte dell’insigne avvocato avvenuta nel 1770 all’età di cento anni, preferì non sottrarre la proprietà all’erede del duca, Giuseppe Caravita e gliela lasciò.

L’edificio conserva ancora le principali strutture settecentesche dell’antica villa Caravita, chiaramente riconoscibili nelle piante del Carafa e del duca di Noja. Il grazioso palazzo strutturato su quattro piani e impostato secondo la struttura caratteristica delle Ville Vesuviane poste tra due splendide vedute, il Vesuvio e il Golfo, diventò un ameno ritrovo per nobili in villeggiatura, i quali vi si recavano per passeggiare, come d’altra parte faceva ogni giorno la stessa regina Maria Carolina d’Austria.

Nei bellissimi giardini della villa che si spingono fino al mare con terrazze degradanti collegate da scale e con statue ottocentesche di terracotta distribuite tra palme ed aranci, si tenevano ogni giorno dei concerti di musica. Pittoresca la graziosa vasca centrale di stile ottocentesco, che tuttavia risulta ben armonizzata ai resti della sistemazione settecentesca. La scala di accesso agli appartamenti presenta gradini di marmo monolitici, e di notevole valore artistico è anche la loggetta di ferro collocata nel lato orientale del complesso.

La villa è attualmente adibita ad abitazione privata.

 

Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio.

Notevole è il suo penultimo romanzo, “La Macchina Anatomica”, Graus Editore, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario veterinario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal suo ultimo romanzo “Cuore di ragno”, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto Cuori sui generis” 2019.

Sempre nel 2019,  il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritatola Segnalazione Speciale della Giuria  nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci – Città di Roma. Inoltre, il racconto “Interrogazione di Storia”  è risultato vincitore per la Sezione Narrativa/Autori al Premio Letizia Isaia 2109.

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