Cultura

Real Sito borbonico Pineta del Fusaro e Casina Vanvitelliana

Il nostro autore questa settimana ci racconta della Casina Vanvitelliana  del  Fusaro, uno dei più significativi gioielli dell’architettura tardo-settecentesca dei Campi Flegrei

di Lucio Sandon

L’attuale nome del lago deriva dal Medioevo, quando il bacino divenne un infusarium, cioè un luogo per macerarvi canapa e lino. Il nome divenne toponimo, passato a Sfosarium in età angioina.

Ricadente nel territorio meridionale dell’antica Cuma, polis fondata nel 730 avanti Cristo da coloni Greci provenienti dall’isola Eubea, il sito era conosciuto come Acherusia Palus, la mitica palude infernale generata dal fiume Acheronte. Tale nome è attestato per la prima volta già nel poema Alessandra di Licofone di Calcide, che lo definì “fluttuante e procelloso” forse a causa delle sue onde spumose nei giorni di maltempo.

Nelle età greca e sannitica il bacino doveva verosimilmente presentarsi come un ampio golfo sul mare, su cui si apriva a ovest. Durante il regno di Carlo di Borbone, il Lago Fusaro insieme ai fondi della Rocca di Cuma e al Lago di Licola, fu compreso nell’esteso sito reale di caccia e pesca detto Pineta del Fusaro.

Nel 1782, durante il regno di Ferdinando IV, nell’ambito delle opere edilizie che impreziosirono lo specchio d’acqua, due ambienti romani già molto in rovina furono inglobati nelle strutture murarie a blocchetti di tufo di tradizione locale, allo scopo di preservare e valorizzare le strutture antiche.

Il Colombario Imperiale del Fusaro, costruito tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo, fu edificato in onore della Gens Grania, e grazie all’architetto regio Carlo Bonucci, venne riportato alla luce nel 1840.

Con una pianta circolare e in opera laterizia, il complesso è dotato di un pavimento in mosaico con tessere di colore bianco. Alla principale camera funeraria è collegata una sala secondaria.

Nel corso di una campagna di scavo effettuata nel 1979, furono rinvenute epigrafi riportanti i nomi di defunti.

Il lago viene alimentato da acque dolci termali, che furono sempre utilizzate dalla popolazione locale per uso terapeutico. Testimonianze orali recenti attribuiscono ancora a tali acque, definite del tipo iperclorurato-sodiche, virtù connesse alla guarigione della sterilità femminile, mediante i bagni.

Abbandonata dopo l’epoca romana, l’area del Fusaro venne adibita a riserva di caccia nel 1752, quando la zona era scarsamente popolata. La Real Casina, la cosiddetta Ostrichina, il Gran Restaurant, i Padiglioni e il parco, facevano tutti parte di un’unica enorme azienda, capace di fornire pane e lavoro a centinaia di persone, e dove si allevavano già dall’epoca greca ostriche di qualità superiore.

A iniziare i lavori per la costruzione del casino di caccia e pesca fu Luigi Vanvitelli per volere di Carlo di Borbone, ma a portarli a termine nel 1782 fu suo figlio Carlo, su richiesta di Ferdinando IV.

La Casina è costruita su due livelli, su un isolotto poco distante dalla riva.

Il piano inferiore è organizzato intorno a un salone centrale e due ambulacri, posti l’uno a nord e l’altro a sud, mentre il piano superiore è più piccolo e dotato di quattro terrazze corrispondenti ai porticati del piano inferiore.

Al suo interno era impreziosito dalle sete di San Leucio. al suo interno era impreziosito dalle sete di San Leucio. Dell’antico mobilio purtroppo rimangono solo un lampadario, un tavolo rotondo e un camino, in ognuno dei quali è sempre presente la conchiglia, simbolo della famiglia Borbone.

Durante i moti del 1799 andarono persi i dipinti del pittore tedesco Jakob Philipp Hackert raffiguranti le quattro stagioni: i Borbone li avevano portati alla Casina dalla residenza di San Leucio, dove c’era anche un omaggio dello stesso pittore, il dipinto a olio su tela “Ferdinando IV a caccia di folaghe nel lago Fusaro” ora in mostra a Capodimonte.

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Dei dipinti del ciclo delle stagioni di Hackert, restano i quattro bozzetti che rappresentano per ognuna delle stagioni una località: la Primavera con il pascolo nella valle del Volturno, l’Estate con la mietitura a San Leucio verso Maddaloni, l’Autunno con la vendemmia a Sorrento, e l’Inverno con un campo di caccia a Persano.

Nel 1817 il re Borbone ordinò che sulle rive del Real lago del Fusaro, di fronte alla Real Casina, “si costruisse un nuovo fabbricato, detto l’Ostrichina, per comodo di coloro che si porteranno a godere di quel Real Sito non essendoci ora luogo dove poter pranzare”. Responsabile del progetto e dei lavori fu designato l’architetto di corte Antonio de Simone.

Un pontile in legno collega alla sponda del lago la costruzione, il cui perimetro è cinto da una banchina costruita con blocchi di pietra lavica del Vesuvio.

Nell’insieme il complesso costituisce uno dei più significativi gioielli dell’architettura tardo-settecentesca dei Campi Flegrei.

Molti sono stati gli ospiti illustri della Casina: tra questi Wolfgang Amadeus Mozart, Gioacchino Rossini, Nicola I di Russia e Luigi Einaudi, raffigurati in ritratti esposti all’interno delle stanze del piano terra.

 

 

Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio.

Notevole è il suo penultimo romanzo, “La Macchina Anatomica”, Graus Editore, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario veterinario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal suo ultimo romanzo “Cuore di ragno”, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto Cuori sui generis” 2019.

Sempre nel 2019,  il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritatola Segnalazione Speciale della Giuria  nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci – Città di Roma. Inoltre, il racconto “Interrogazione di Storia”  è risultato vincitore per la Sezione Narrativa/Autori al Premio Letizia Isaia 2109.

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