Cultura

Storia e storie del Cimitero delle Fontanelle

di Michele Di Iorio

Il Cimitero delle Fontanelle di Napoli al quartiere Sanità, al di fuori delle antiche mura e di Porta San Gennaro, è un  sito che raccoglie le spoglie di migliaia di morti. Luogo di culto, vi sono tante storie e leggende fiorite intorno a quello sterminato ossario.

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Il cimitero  è allocato in enormi cavità di tufo – un tempo ricche di acqua sorgive: di qui il nome – di forma trapezoidale scavate dall’uomo, dal 5000 a.C., data fissata da  geologi e archeologi. I primi scavi si attribuiscono alla misteriosa popolazione pregreca dei cimmeri, che si era stabilita in Campania dal 10.500 a.C. Cavità platamoniche, ovvero che sono state sotto il livello del mare, si trovano anche a Cuma, sotto l’odierna sede del giornale Il Mattino e in via Tribunali.

Le radici greche di Napoli hanno lasciato tracce forti ma soprattutto l’eredità del culto dei morti. Era perciò diffuso l’uso popolare di chiedere grazie ai defunti, avere cura di misere ossa, fino ad “adottare” crani ed edificarvi edicole come se fosse un “morto di famiglia”. Molti praticavano il culto per una sorta di piétas, altri invece elevavano quei defunti senza nome quasi a numi tutelari che possibilmente dessero loro numeri per vincere al Lotto. Erano usanze certamente popolari, ma seguite anche dai nobili, tanto che i duchi Carafa di Maddaloni nel 1797 si fecero inumare alle Fontanelle.

Dopo l’editto napoleonico di Saint Cloud del 1804, il Décret Impérial sur les Sépultures, nel 1810 si iniziarono i lavori per destinare le Fontanelle a cimitero pubblico. Sospesi per qualche periodo di tempo, ripresero nel 1828, per poi essere terminati nel 1836.

I becchini napoletani fecero un gran lavorare negli anni successivi: accatastarono ossa su ossa, pressando le più antiche sotto metri cubi di tufo per fare posto a quelle più recenti: proprio da questo deriva l’accezione napoletana con cui venivano appellati i necrofori, schiattamuòrte. Secondo una stima del canonico Andrea  de Iorio, gia ispettore di Pubblica Istruzione e poi direttore dell’Ospizio dei poveri di Materdei, nell’Ottocento erano stati inumati 80mila resti nel  livello attuale di calpestio, e ipotizzava che sotto gli strati sotterranei inesplorati ce ne fossero altri 8 milioni.

Nel 1870 a causa di violento nubifragio un’inondazione di acqua fetida della lava dei Vergini nel Cimitero delle Fontanelle portò nelle strade della Sanità tanti miseri resti, Venne costruito subito un muro di protezione, mentre pie donne provvedevano a raccogliere ossa e crani e metterli in ordine. Fu naturale, quindi, che quando nel 1872 si aprì al culto il cimitero le donne continuassero ad avere cura dei resti umani.

Le Fontanelle divennero finalmente un luogo sacro: fino ad allora era stato non solo un deposito di salme, ma anche luogo di ritrovo della camorra. In quel luogo l’organizzazione malavitosa teneva il “tribunale di sangue” della “gran mamma”  sotto i 12 capiquartieri di napoli , i capintesta diretti dal capintrinto cittadino della camorra.

La fama quasi leggendaria di uno di questi miseri resti, il cranio del capitano, ha dato origine a molte credenze. Si dice che nel 1876 una giovane popolana della Sanità andasse a pregare nel cimitero per avere la grazia di trovare un marito ricco e bravo. La ragazza puliva ‘a capa d’o capitano e pregava per la sua anima. La giovane ebbe la grazia: in due settimane e trovò lo sposo desiderato, seppur guappo affiliato alla camorra. Si fidanzarono e fecero i preparativi per il matrimonio che sarebbe stato celebrato proprio nella chiesa delle Fontanelle. Comunque il giovane guappo era scettico riguardo al culto delle ossa cui era devotissima la fidanzata: rideva delle premure della ragazza e una volta tentò anche di avere rapporti intimi con lei durante le preghiere all’anima della capa d’o capitano. L’uomo sentì una voce che lo rimproverava: non s’intimori ma anzi la sfidò a presentarsi di persona al suo matrimonio. Nonostante le proteste della fidanzata  infilò il suo bastoncino da passeggio  nella cavità oculare del cranio e si divertì a farlo roteare in aria.

I due si sposarono  il 7 settembre del 1876. Nel pomeriggio si presentò alla porta un bel giovane bruno in divisa da ufficiale, simile a quella dei Carabinieri, con mantello nero e rosso, tricorno in testa e sciabola al fianco, che gentile e sorridente si sedette, rifiutando ogni cibo e bevanda. Disse che era venuto per parlare con gli sposi. Quando lo sposo chiese chi fosse, gli rammentò dell’invito fattogli nel Cimitero delle Fontanelle. Il giovane s’imbestialì e lo  cacciò via minacciandolo di prenderlo a pugni. Allora il capitano lo afferrò per un braccio e con l’altro si aprì la giacca della divisa e gli mostrò la visione del suo corpo avvolto da fiamme ardenti e quindi sparì. I due sposini terrorizzati ebbero un attacco cardiaco e morirono. Manco a dirlo, vennero inumati alle Fontanelle. Il famoso cranio del capitano ha effettivamente un’orbita oculare del cranio annerita, cosa che per i più conferma l’insulto del bastoncino da passeggio del camorrista.

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Oggetto di venerazione per molti, nel 1944 intorno alla capa d’o capitano una signora  per grazia ricevuta – i suoi due figli soldato erano sopravvissuti alla II guerra mondiale – fece costruire una bacheca di vetro.

Mia nonna materna Anna De Santis, che pure ebbe la grazia per intercessione della  capa d’o capitano di far ritornare dalla prigionia di guerra i due figli e il marito Antonio Ariano, insieme con mio nonno fece approfondite ricerche per trovare l’identità del misterioso capitano.

Nel 1953 mio nonno Antonio riuscì ad identificarlo: si trattava del cranio di Luigi Bozzaotra, nato il 20 agosto 1763 a Massalubrense, morto a soli 26 anni combattendo per la libertà. Si era laureato in Giurisprudenza a Napoli nel 1765 per poi fare il notaio, come suo padre. Abbracciata la fede giacobina e massonica nel 1795, fuggì al nord e divenne cancelliere della Repubblica Cisalpina nel 1798. Militò con le truppe del generale napoleonico Championnet e partecipò alla conquista francese di Napoli aderendo alla Repubblica Napoletana del 1799.

Nominato capitano comandante della II Compagnia della Guardia civica repubblicana, fece abbattere la statua di re Carlo e con la sua sciabola la decapitò, ci sputò sopra e la fece in pezzi. Quando arrivarono a Napoli i sandefisti del cardinale Ruffo venne catturato al Ponte della Maddalena e rinchiuso nel forte del Carmine. Fu impiccato il 22 ottobre del 1799 a piazza del Mercato. Come tutte le 122 salme dei giustiziati repubblicani venne inumato nell’ossario comune con la divisa repubblicana a pezzi nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli e quindi traslato ne 1836 in un sacco al Cimitero delle Fontanelle. Dispensando da subito la sua intercessione per numerose grazie, fu sempre ritenuto un’anima pia.

Si racconta che durante le 4 Giornate di Napoli i partigiani della Sanità furono salvati dai carri armati nazisti da un fantasma in divisa di militare o di capitano dei Carabinieri che mise in fuga i tedeschi. Apparve più volte come scheletro a via Foria e a piazza Cavour. Uno dei partigiani gridò: «È ‘o capitano d’e Funtanelle!» e il giorno dopo tutti andarono con le famiglie a rendere omaggio al cranio per grazia ricevuta.

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