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La Villa Arianna a Stabiae

Nel complesso archeologico di continua, per il nono anno consecutivo, il progetto di scavo e restauro condotto dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo sotto la direzione scientifica del Parco Archeologico di Pompei e con il coordinamento della Fondazione RAS (Restoring Ancient Stabiae).

Al centro di questo progetto l’ambiente 71 dell’antica villa: un criptoportico probabilmente in fase di rifunzionalizzazione prima dell’eruzione nel 79 d.C.

Villa Arianna è una delle più antiche ville di Stabiae, risalente al II secolo a.C. È situata sulle colline occidentali di località Varano, in una posizione che domina il Golfo di Napoli. L’esatta estensione della villa non è stata determinata, in quanto ampie parti delle stanze più vicine al mare sono crollate e finite giù dalla scogliera, ma da un primo rilevamento effettuato al tempo dei Borbone si pensa coprisse una superficie di oltre 2500 m². Compresa la grande palestra ad ovest, l’area totale del compesso di Villa Arianna doveva essere di 11.000 m². Il solo giardino era lungo ben 108 metri.

Dopo la rimozione dei migliori arredi e affreschi, la villa fu nuovamente seppellita. Gli scavi vennero ripresi nel 1950 e fu durante questo periodo che la villa fu chiamata Arianna, dall’affresco sulla parete lontana del grande triclinio raffigurante la scena mitologica di Arianna abbandonata da Teseo.

Le indagini condotte sul lungo corridoio, già in parte oggetto di un intervento di pulitura e restauro nell’estate 2017, hanno confermato che l’intero ambiente nel XVIII secolo, a conclusione delle campagne di scavo condotte dai Borbone, fosse stato utilizzato come area di discarica di una gran quantità di elementi provenienti da vari settori di Villa Arianna.

La Villa fu infatti interessata da una prima campagna di scavo tra il 1761 e il 1762, ma i Borbone reinterrarono tutto in seguito alle proteste dei contadini che lamentavano l’espropriazione delle terre. Gli scavi ripresero dal 1777-1778. Il ritrovamento di diversi materiali fece ipotizzare che al momento dell’eruzione pliniana del 79 la Villa fosse in ristrutturazione dopo il terremoto del 62 d.C.

L’elemento di maggiore interesse emerso nel corso della campagna di scavo dell’anno scorso è stato il rinvenimento di un tratto integro del crollo di parte del soffitto e dei resti dello strato di intonaco dell’incannucciata dell’ambiente 71.

Il progetto dell’estate 2018 ha previsto l’estensione – verso sud, su ulteriori 30 m² – degli interventi iniziati nella scorsa stagione, al fine di acquisire maggiori informazioni sulle dinamiche di scavo del XVIII secolo e sullo stato di questo settore della Villa negli istanti immediatamente precedenti la sua distruzione nel 79 d.C.

Il gruppo di lavoro, composto da 13 archeologi e restauratori di nazionalità russa e italiana, è stato impegnato sia in attività di scavo e restauro sia nello studio preliminare dei numerosi materiali rinvenuti nello strato di rinterro borbonico.

 

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